Firenze, la cultura sotto pressione climatica: i cittadini ridisegnano la mappa del rischio

Lug 10, 2025 - 03:00
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Firenze, la cultura sotto pressione climatica: i cittadini ridisegnano la mappa del rischio

In un’epoca in cui il cambiamento climatico mette sotto assedio i centri storici e le loro eredità culturali, Firenze sperimenta un nuovo approccio che integra scienza, partecipazione e memoria collettiva. A guidare il cambiamento è una ricerca condotta dall’Università degli Studi di Firenze nell’ambito del progetto RETURN – Multi-Risk sciEnce for resilienT commUnities undeR a changiNg climate, finanziato dal Pnrr con fondi NextGenerationEU.

L’obiettivo: misurare non solo la vulnerabilità fisica degli edifici storici, ma anche il valore simbolico, culturale e identitario che questi rivestono per chi abita la città. Perché quando si parla di rischio, è la combinazione tra esposizione, pericolosità e percezione sociale a fare la differenza.

Lo studio, realizzato con la collaborazione dell’Ufficio Unesco e del Distretto Idrografico dell’Appennino Settentrionale, ha coinvolto direttamente i cittadini nella mappatura del “valore sociale percepito” di 48 edifici del centro di Firenze, patrimonio mondiale Unesco dal 1982. Tra i luoghi esaminati: gli Uffizi, il Duomo, il Museo Galileo, la Specola, Santa Croce, la Biblioteca Nazionale e molti altri.

Il metodo? Semplice quanto efficace: attraverso confronti a coppie, le persone hanno indicato quali luoghi ritenevano più importanti per l’identità cittadina. Il risultato è una mappa che incrocia la dimensione fisica del rischio con quella sociale, e che cambia il modo stesso in cui si definiscono le priorità di intervento.

«Combinando dati idrologici, come la simulazione dell’alluvione del 1966, con la dimensione sociale, lo studio ha permesso di ridefinire le priorità d’intervento: non più limitate alle aree prossime al fiume, ma estese anche a quelle che custodiscono un forte valore per la comunità, pur essendo meno esposte dal punto di vista fisico. Un cambiamento di prospettiva che rende la pianificazione più sensibile, equa e aderente al contesto reale», spiega Fabio Castelli, professore ordinario di idrologia e costruzioni idrauliche all'Università degli Studi di Firenze, che ha guidato la ricerca insieme alla collega Chiara Arrighi.

Dai dati emerge una gerarchia percepita che in parte conferma e in parte sorprende: gli edifici già noti e tutelati dall’Unesco – come la Cupola del Brunelleschi o la Galleria degli Uffizi – sono tra i più apprezzati dai cittadini. Ma ottengono valutazioni molto alte anche musei meno conosciuti, come il Museo Marini o il Museo della Specola. Più bassa, invece, la percezione del valore dei luoghi di culto, segno di un cambiamento nei riferimenti culturali della cittadinanza.

Un dato interessante, che spinge a riflettere su quanto il valore di un luogo non dipenda solo dal suo prestigio internazionale, ma anche da quanto viene vissuto, riconosciuto e interiorizzato dalla comunità locale.

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Un altro risultato emerso dal progetto riguarda il livello di consapevolezza dei cittadini rispetto al rischio climatico per il patrimonio culturale. Se da un lato l’attenzione è in aumento, resta ancora marginale rispetto ad altri ambiti come quello economico o personale.

«La conoscenza del rischio per i beni culturali è ancora troppo limitata, anche perché si tratta di aspetti complessi, che non si risolvono con una semplice mappa delle aree allagabili – osserva Castelli – Comprendere veramente il rischio significa analizzare caso per caso, valutando come e dove un edificio potrebbe subire danni: da dove può entrare l’acqua, a che altezza potrebbe arrivare, quali collezioni verrebbero minacciate. Ogni monumento è unico, e proprio questa specificità richiede studi approfonditi, interdisciplinari e orientati alla prevenzione. Diffondere questa consapevolezza è un passo fondamentale per costruire comunità più informate, coinvolte e resilienti».

Un patrimonio vulnerabile, quindi, che richiede nuove strategie di tutela. Non solo interventi strutturali, ma anche strumenti di governance che sappiano leggere la città attraverso le lenti della cultura, della partecipazione e della giustizia ambientale.

Il progetto RETURN inserisce Firenze in un contesto più ampio di esperienze europee orientate alla resilienza urbana. A Parigi, ad esempio, è stato realizzato un sistema sotterraneo che utilizza l’acqua fredda della Senna per raffrescare edifici sensibili, compresi quelli storici, contribuendo così a contrastare le ondate di calore e a proteggere il patrimonio.

Di fronte alla crescente esposizione del patrimonio culturale agli impatti climatici – come alluvioni, ondate di calore o eventi meteorologici estremi – le strategie di mitigazione devono necessariamente adattarsi al contesto urbano, storico e geografico delle città. In questo senso, Firenze rappresenta un caso emblematico di complessità.

A differenza di Venezia, dove la risposta al rischio idraulico si è concentrata in un’unica grande opera come il MOSE, la conformazione urbana e territoriale di Firenze impone un approccio più articolato e distribuito. Non esiste, né può esistere, una soluzione unica e centralizzata. Le criticità idrauliche e ambientali fiorentine richiedono una combinazione di misure diffuse, interventi puntuali, manutenzione costante e una governance integrata del rischio.

«Dopo l’alluvione del 1966, sono stati fatti progressi, ma la consapevolezza condivisa è che il rischio zero non esiste: è possibile solo tendere a un rischio 'accettabile', con azioni diffuse e integrate», ribadisce Castelli.

In questa visione, la resilienza non è solo una questione tecnica, ma anche sociale e culturale: serve un equilibrio tra interventi infrastrutturali e pratiche di adattamento condivise con la cittadinanza. Firenze, con il suo patrimonio distribuito e radicato nel tessuto urbano, ha bisogno di strategie capaci di riconoscere il valore dei luoghi oltre la loro semplice esposizione fisica al rischio.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia