Il fashion rental crescerà del 6-8% nel 2025 ma il mercato in Italia resta acerbo

Maggio 7, 2025 - 19:00
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Il fashion rental crescerà del 6-8% nel 2025 ma il mercato in Italia resta acerbo
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In concomitanza con la crescita del mercato second hand, anche il fashion renting mantiene la sua rilevanza nella moda. Secondo Statista il fatturato del mercato del noleggio di prodotti moda a livello mondiale in poco più di cinque anni è passato da circa 4,5 miliardi di dollari del 2019 (circa 4 miliardi di euro al cambio attuale) a oltre 6,5 miliardi nel 2024 (pari a 5,7 miliardi di euro). Gli esperti stimano che il 2025 sarà un altro anno con il segno più per il settore, che potrebbe superare i 7 miliardi di dollari con un cagr per i prossimi 5 anni del 6-8 per cento. Il mercato è particolarmente florido negli Usa dove stanno riscontrando sempre più successo soprattutto app e siti web peer-to-peer, ovvero dove a noleggiare gli abiti non sono i brand ma gli stessi consumer che mettono a disposizione per altri utenti alcuni capi del loro guardaroba, con una selezione di capi che spaziano dai premium brand al fast fashion. Non a caso, la società di analisi Tracxn riporta che gli Usa detengono il primato per il numero di app di noleggio abiti peer-to-peer, circa 28, seguita da Regno Unito e Australia che ne contano rispettivamente 12 e sette.

Revenue of the rental apparel market worldwide from 2019 to 2026 (in billion U.S. dollars). www.statista.com/statistics/1195613/rental-apparel-market-revenue-worldwide/

Nel mese di marzo ha attirato l’attenzione Pickle, app per il fashion renting lanciata nel 2021, che ha recentemente raggiunto un capitale di 20 milioni di dollari, a seguito di un finanziamento di Serie A da 12 milioni di dollari guidato da FirstMark, Craft Ventures e con la partecipazione di Burst Capital e FJ Labs, investitori già noti per aver sostenuto importanti marketplace e marchi di consumo come Airbnb, Uber, Pinterest, Alibaba e Yelp. Pickle si inserisce in un mercato fertile che ha già assistito al successo della sharing economy con app come Tulerie, ReSuit e Nuuly e che sta portando alla nascita di tante altre nuove realtà, tra cui Mindel prossima al debutto. Il vantaggio di utilizzare queste app, come spiegano diversi creator statunitensi su TikTok, non è solo quello di avere un armadio potenzialmente illimitato senza dover ricorrere a nuovi acquisti, ma è anche un modo per guadagnare senza rinunciare ai propri capi di abbigliamento o accessori. A differenza delle app client to service, ovvero piattaforme di noleggio che fanno da intermediarie tra i brand e i clienti finali, quelle p2p abbattono i costi di logistica e lavaggio, totalmente a carico del cliente, guadagnando il 15%-20% di commissioni sul prezzo proposto dall’utente per il noleggio. D’altra parte però, queste app di noleggio moda tra gli utenti stessi implicano possibili problematiche legate alle garanzie e alle tutele nel noleggio e nella restituzione che invece le piattaforme tradizionali non hanno.

In Italia, invece, ad avere la meglio sono state le app client to service. “Una piattaforma come Revest fa da tramite tra la domanda e l’offerta, prendendo in comodato d’uso i capi e curandone la totale gestione, offrendo alla clientela una garanzia di qualità e controllo che ci differenzia rispetto alle realtà peer-to-peer”, racconta a Pambianconews Costanza Beretta, founder di Revest, una delle principali piattaforme di noleggio abiti di lusso italiane fondata nel 2018 e che ad oggi vanta una selezione di oltre 2.600 capi esclusivi provenienti da un archivio di privati.

Come racconta Beretta, i capi di lusso restano quelli più richiesti soprattutto per le cerimonie e per occasioni speciali. “Per rispondere a queste esigenze, Revest propone principalmente prime linee e abiti da sera che spesso non conviene comprare in negozio perché l’utilizzo è limitato. L’80% delle richieste infatti verte sugli abiti lunghi: abiti da cerimonia, abiti eleganti per le serate formali e abiti per le grandi occasioni. I brand più gettonati sono Valentino, Saint Laurent, Alberta Ferretti, Maria Lucia Hohan, Dolce&Gabbana e Bottega Veneta. Quando si tratta di capi d’abbigliamento così importanti, anche le consumatrici con uno spending power elevato cercano soluzioni alternative più smart e pratiche”, aggiunge Beretta. Assieme a Revest, nel panorama italiano si distinguono DrexCode che combina noleggio e vendita di abiti da cerimonia e The Paac basata su un’idea di leasing e poi possibile riscatto, nata da un’idea di Alessandro Franzese, Raffaele Solaro e Antonio Carmine Napolitano. Quest’ultima, dopo aver fatto il suo debutto nel 2021 con un capitale di circa 180 mila euro avanzato da un pool di investitori che vede, tra altri, l’attuale CFO di Pinko Daniele Pini, come svelato a Pambianconews dallo stesso CEO, ha ora allo studio l’ampliamento del servizio anche nella moda uomo e kids.

Tuttavia, nonostante i dati ottimisti, gli esempi virtuosi in Italia e nel mondo e una domanda crescente (trainata dai giovani di età compresa tra i 20 e i 35 anni), il panorama appare frammentato e le piattaforme faticano a creare profitto. Dal 2023 ad ora negli Usa hanno cessato la loro attività diverse piattaforme di noleggio abiti, tra cui The Lauren Look di Ralph Lauren, AE Style Drop di American Eagle, Style Passport di Banana Republic e Ponybox. In Italia, dove comunque ancora il fashion rental fatica ad attecchire sul mercato, solo nel 2024 hanno chiuso Sisterly, app di noleggio borse di lusso peer-to-peer, e Dressyoucan fondata da Caterina Maestro nel 2015. Le motivazioni individuate dagli esperti sono principalmente legate al comportamento d’acquisto dei consumatori e al mancato sviluppo di servizi e piattaforme ottimizzate sia per le aziende che per i consumatori finali.

“Soprattutto, il consumatore italiano è ancora poco predisposto a cambiare effettivamente le sue abitudini di acquisto. D’altra parte il noleggio abiti implica una gestione della distribuzione e logistica per cui non sempre le aziende sono strutturate. The Paac, come start-up di fashion tech, supporta anche i brand e retailer che vogliono entrare nel mondo del rental. Ad oggi la svolta per il mercato del fashion leasing può arrivare dai singoli brand che, godendo di una certa riconoscibilità, sono in grado di orientare il cambiamento in modo significativo, senza lasciare che si tratti di fenomeni spot. Magari proponendo collezioni riservate al noleggio. Rispetto all’Italia, gli Stati Uniti vantano casi di maggior successo grazie ai finanziamenti più sostanziali e progressivi che consentono lo sviluppo del marketing e quindi un impatto più immediato”, illustra a Pambianconews Alessandro Franzese, founder della piattaforma di fashion leasing ThePaac. A ciò si aggiunge anche un certo scetticismo sull’effettiva sostenibilità del modello di noleggio da parte di alcuni consumatori, aspetto sul quale i vari player stanno concretamente cercando di dare una risposta.

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Redazione Redazione Eventi e News