Il mondo fashion comincia realmente ad allargare i propri orizzonti alla disabilità, trasformando la diversità in un punto di forza

Maggio 22, 2025 - 15:00
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Il mondo fashion comincia realmente ad allargare i propri orizzonti alla disabilità, trasformando la diversità in un punto di forza

Abbattere qualunque barriera e celebrare l’unicità di ogni corpo. Rendere la moda accessibile a tutti. Il movimento della body positivity portato avanti da brand e maison del lusso in questi anni ha ampliato i concetti di bellezza in senso più vasto e acceso i riflettori sul tema dell’inclusione, focalizzandosi però solo su razza, taglia, genere ed età e tralasciando, a parte qualche rara eccezione, le persone con disabilità.

Pedro Pascal ha indossato di nuovo la maglietta “Protect the dolls”

Fino ad arrivare ad Alexander McQueen, il primo stilista a denunciare la mancanza di interesse della moda nei loro confronti: nel 1997 fece ritrarre da Nick Knight la sua modella preferita, Devon Aoki, come una geisha bionica con un occhio velato di blu e una profonda cicatrice sul volto da cui germogliavano fiori di ciliegio. Un’immagine iconica, dettata dalla voglia non di stupire ma di divulgare un canone di bellezza non convenzionale.

L’anno successivo il designer inglese, chiamato come guest editor del magazine Dazed & Confused, trasformò la sua narrazione vestimentaria in un vero e proprio spazio di inclusione, grazie a 11, un numero speciale in cui i protagonisti convivevano con disabilità diverse e sulla cui cover campeggiava l’atleta paralimpica Aimee Mullins. Ma bisognerà attendere ancora un po’ perché il fashion system allarghi i suoi orizzonti.

Golden girl. Protesi dorate per la modella americana Lauren Wasser.

Primi passi verso l’inclusività

Nel 2019 Aaron Philip, prima modella con disabilità, nera e transgender diviene il volto di Moschino; Sinéad Burke, scrittrice e attivista, che si batte per un design inclusivo, appare sulla copertina di Vogue Inghilterra. Gucci, l’anno successivo, per lanciare la linea di make-up sceglie Ellie Goldstein, artista poliedrica con sindrome di Down. Nel 2022 Louis Vuitton apre lo show della Cruise con Lauren Wasser, top model con protesi d’oro, e con Bebe Vio, atleta paralimpica e icona di stile, diventata musa di Dior e ambassador di L’Oréal Paris.

Più recentemente, il marchio Iulia Barton, fondato da Giulia Bartoccioni, imprenditrice romana, ha portato in passerella la prima linea di moda adattiva in Italia e alle sfilate per l’A/I 25-26 abbiamo visto Benedetta De Luca, stilista nonché content creator, gender & inclusion editor The Wom e disability advocate, celebrare tutte le sfaccettature del mondo femminile con The WOMderful Inclusive Fashion Show. Ovvero un manifesto di eleganza che ha posto l’accento sul concetto di bellezza autentica attraverso abiti creati per essere indossati da tutti, anche da persone con disabilità.

«La moda è un linguaggio universale», ha commentato per l’occasione Carlo Capasa, presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana, che nel 2019 ha redatto il Manifesto Diversity & Inclusion con linee guida per il settore. La sfilata di De Luca, aggiunge Capasa, «ha dato un segnale importante in questa direzione e speriamo che altre iniziative simili possano moltiplicarsi e integrarsi sempre più con l’intero sistema».

«La collezione è stata creata ascoltando in primis le storie, le esigenze e i desideri di ogni modella», ha dichiarato la stilista. «Il mondo della moda oggi si sta aprendo all’idea di far sfilare anche corpi con fisicità unconventional. Vorrei che ciò diventasse la norma e non l’eccezione».

Un’affermazione condivisa da Francesca Cella, fondatrice di Wheelglam, marchio di abbigliamento indipendente nato nel 2024 per outfit made to measure, confortevoli ed eleganti. A soli 15 anni, Cella ha perso l’uso delle gambe, ma la sua passione per la moda non si è affievolita, anzi le ha donato il coraggio di dare vita a questa nuova realtà che celebra lo stile senza barriere. «Non riuscendo a trovare vestiti che mi piacessero e che potessi indossare facilmente, ho deciso di realizzarli da sola», dice la giovane creativa. «La moda per me è una forma di espressione libera e personale, ma per essere veramente inclusiva dovrebbe generare spazi, opportunità e soluzioni dove tutti possano sentirsi rappresentati e valorizzati. Purtroppo, c’è ancora molto da fare».

L’adapting clothing

In America, l’abbigliamento adattivo esiste dagli Anni 50, da quando il brand Functional Fashions si è specializzato in questo segmento del mercato, ma solo recentemente i colossi dello sportswear hanno dato il via a linee ad hoc anche per l’Europa.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, una persona su sei convive oggi con una disabilità significativa, permanente o temporanea; solo in Italia sono più di 3 milioni e secondo Coherent Market Insights, società di ricerca e consulenza, il mercato globale dell’abbigliamento adattivo arriverà a valere nel 2031 quasi 30 miliardi di dollari.

Flower. Dalla sfilata per la P/E 2025 di Collina Strada (foto Lunchmetrics Spotlight)

Nato per superare le disabilità che impattano sul quotidiano di milioni di persone, ma anche in previsione del costante invecchiamento della popolazione, l’adaptive clothing ha il mero obiettivo di migliorare la qualità di vita di chi lo indossa grazie a dettagli tipo l’assenza di cuciture, bottoni automatici, zip magnetiche, velcro o pratici accorgimenti come la scelta di tessuti morbidi, elastici in vita ed etichette facilmente removibili.

La moda raccoglie la sfida: da Tommy Hilfiger ai brand di massa

Tra gli stilisti pronti a raccogliere la sfida di mettere sul mercato collezioni innovative dove l’estetica conviva con il comfort e la funzionalità, c’è Tommy Hilfiger, che nel 2016 ha presentato, in partnership con Runway of Dreams, organizzazione non profit fondata dalla designer Mindy Scheier, madre di un bambino con la distrofia muscolare, una capsule collection dedicata ai più piccoli a cui, l’anno successivo, si è affiancata la linea Tommy Hilfiger Adaptive, per venire incontro alle esigenze degli adulti.

Anche Zalando, attraverso le sue private label (come Anna Field, Friboo, Even&Odd, Pier One, Yourturn e ZIGN), ha presentato una serie di capi e accessori dalle soluzioni tecniche innovative, facilmente indossabili da individui con disabilità, che si aggiunge alla selezione già presente sulla piattaforma di e-commerce di brand dal design adaptive come Nike, Adidas e Skechers. Abiti pratici, dalla vestibilità confortevole, dotati di maniche ampie, chiusure magnetiche sui fianchi, colli allargati, zip centrali con grandi cursori e aperture strategiche per dispositivi medici.

Anche Primark, dopo il successo ottenuto con la collezione lingerie, ha affidato alla creativa Victoria Jenkins, fondatrice di Unhidden (marchio inglese di abbigliamento inclusivo, che fa parte del British Fashion Council), una linea di moda adattiva dai prezzi accessibili, dove i classici del guardaroba contemporaneo vengono reinterpretati per chi fa uso di sedie a rotelle, tutori e protesi.

Una rivoluzione culturale ed estetica

Piccoli passi verso un tipo di rappresentazione del corpo più inclusiva. Le collezioni adattive rappresentano una rivoluzione culturale ed estetica che va oltre il semplice concetto di abbigliamento funzionale, rompono ogni tabù, spazzano via ogni pregiudizio e diventano simboli di innovazione e di sensibilità sociale perché promuovono l’integrazione, l’unicità e la libertà di espressione personale.

L’industria della moda ha ancora molto da fare se vuole abbattere gli stereotipi che celebrano ideali di bellezza irrealistici e irraggiungibili e dare spazio a tutti, ma ha dimostrato in questi anni che si può essere inclusivi senza rinunciare alla creatività, perché è l’abito che si deve adattare al corpo. E mai viceversa.

© R I P R O D U Z I O N E R I S E R VATA

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