Lo scontro tra Netanyahu e l’esercito israeliano sulle responsabilità politiche del 7 ottobre

Dicembre 10, 2025 - 10:30
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Lo scontro tra Netanyahu e l’esercito israeliano sulle responsabilità politiche del 7 ottobre

Tensione in Israele tra il governo e il vertice delle forze armate israeliane (Idf) sul tema delle responsabilità per la mancata previsione e prevenzione del pogrom del 7 ottobre. Il clima teso segue le polemiche dell’estate scorsa, quando tutto il vertice militare si era opposto alla campagna militare Carri di Gedeone 2 per ottenere l’eliminazione completa di Hamas da Gaza, voluta dal premier israeliano Bibi Netanyahu e dai ministri di estrema destra, che i generali giudicavano irraggiungibile e impraticabile.

Nei giorni scorsi, Eyal Zamir, comandante in capo delle Idf, nonostante sia stato nominato da Netanyahu, di cui è stato uno stretto collaboratore, è stato nettissimo nel contrastare la versione sul pogrom che il governo vuole imporre. Versione che vuole scaricare sugli alti gradi militari tutte le responsabilità del disastro, assolvendo completamente i ministri, a partire dal premier. Il tutto attraverso una specifica commissione d’inchiesta di iniziativa governativa, non neutrale e non tecnica, con commissari nominati dall’esecutivo e una rappresentanza minoritaria di commissari vicini all’opposizione.

Un tentativo palese del governo, a iniziare da Netanyahu, di scaricare da sé ogni responsabilità. Responsabilità che, invece, i vertici militari di allora si sono assunti con le dimissioni date non solo dal ministro della Difesa di allora, Yoav Gallant, ma anche dal comandante in capo Herzi Halevi, dall’ex capo dei servizi segreti militari Aharon Haliva, dal capo della Direzione Operazioni Oded Basyuk, dal comandante dell’Unità dei servizi segreti 820, Yossi Sariel, e dal capo del Comando meridionale Yaron Finkelmann.

Tutto il vertice delle Forze armate è oggi stretto attorno al comandante Eyal Zamir su un punto politico, che lui ha enunciato in polemica con il governo: «Il fallimento del 7 ottobre è stato sistemico e di lunga data (…). L’Idf si è assunta le responsabilità e ha avviato un’indagine autonoma, ma l’evento non è di esclusiva competenza dell’esercito e sarebbe sbagliato puntare l’attenzione esclusivamente su Idf».

Zamir è andato ben oltre la difesa delle responsabilità dei militari: ha infatti denunciato le gravi responsabilità personali dello stesso Netanyhau prima del 7 ottobre, sostenendo che lui per primo abbia contribuito a rafforzare Hamas puntando a contenere i miliziani con i denari del Qatar. Così facendo, però, li ha resi più forti. È una critica durissima non solo al governo, ma al premier in prima persona, perché Zamir ha ricordato che le azioni di contrasto a Hamas, a partire dal 2008 e poi dall’Operazione Margine Protettivo del 2014, sono state «condotte secondo gli obiettivi definiti dal livello politico e su raccomandazione del livello militare, e miravano a indebolire il nemico e ripristinare la deterrenza, non a sconfiggerlo».

Dietro gli errori israeliani tragici emersi il 7 ottobre c’è stata, secondo l’Idf, una strategia errata più che decennale, decisa e definita dal governo Netanyahu. Una strategia condotta personalmente dal premier, che Eyal Zamir, sulla base dei risultati della Commissione Turgeman, incaricata per conto di Idf della ricostruzione della catastrofe, ha così stigmatizzato: «L’idea era di tenere Hamas sotto controllo e indebolito, di corromperlo con il denaro. Questo concetto di elusione ha permesso a Hamas di attuare un massiccio rafforzamento militare».

Il generale Zamir, a nome di Idf, si è affiancato all’opposizione parlamentare e ha chiesto «l’istituzione di una commissione d’inchiesta esterna e obiettiva sui fallimenti del 7 ottobre, cioè indipendente dal governo, come fu fatto nel 1973». Commissione che il governo rifiuta. Allora Golda Meir, per indagare sul disastro dei primi giorni dell’attacco egiziano e siriano, con la caduta in poche ore della Linea Bar Lev sulle rive del Canale di Suez, nominò una commissione presieduta da Shimon Agranat, ex magistrato della Corte suprema, affiancato da un altro magistrato dell’Alta Corte, dal controllore generale e da due generali ed ex capi di Stato maggiore.

Ad aggravare le tensioni tra esecutivo e vertice militare si è aggiunto un duro braccio di ferro tra il generale Eyal Zamir e il ministro della Difesa Israel Katz, che ha bloccato la promozione a generale di brigata del colonnello German Giltman, decisa da Zamir. È di nuovo uno scontro politico perché Giltman, che gode di enorme popolarità in Israele per i settecento giorni in cui ha combattuto nella Striscia di Gaza contro i miliziani di Hamas, è stato anche uno dei promotori delle grandi manifestazioni contro la riforma della giustizia del governo Netanyahu nei mesi precedenti il pogrom. Katz lo accusa: «Giltman è uno dei leader di Brothers in Arms che ha invocato il rifiuto di prestare servizio: chi incoraggia il rifiuto non presterà servizio in Idf e non verrà promosso a nessuna posizione». Giltman, peraltro, nega di avere mai fatto appelli alla diserzione.

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Redazione Redazione Eventi e News