Una minoranza in cammino. L’arcivescovo di Makassar, Franciskus Nipa è stato l’unico metropolita indonesiano a ricevere il pallio nella celebrazione presieduta da papa Leone XIV a San Pietro. “E’ stato un momento toccante, di forte legame con il Successore di Pietro. Papa Leone XIV è un papa che è stato missionario e dunque comprende in profondità la nostra vita”, dice il presule asiatico all’agenzia missionaria vaticana Fides. Aggiunge l’arcivescovo: “Camminiamo insieme con la popolazione musulmana sui sentieri del dialogo e della misericordia. Come cattolici viviamo in un’area dell’Indonesia in cui siamo una piccola minoranza nella società. Questo non ci scoraggia né spaventa. C’è una fede profonda che è ben visibile nella partecipazione della gente, che ci chiama continuamente al rapporto con l’alterità, con persone di fede diversa, con le quali generalmente non vi sono problemi di convivenza”. Monsignor Franciskus Nipa racconta la sua missione sull’isola di Sulawesi, per estensione la terza isola più grande dell’arcipelago indonesiano, il cui territorio è diviso in due diocesi cattoliche: Manado a nord, Makassar a Sud, che include tre province civili.
Indonesia. Foto di Crispin Jones su Unsplash
Minoranza creativa
Il motto episcopale di Franciskus Nipa recita “Misericodiam volo” ed esprime il profondo desiderio di “essere sempre e totalmente a servizio del popolo che Dio mi ha affidato”. In passato Franciskus Nipa è stato per 12 anni segretario generale dell’arcidiocesi, un compito fondamentale per una conoscenza diretta e particolare del territorio, delle problematiche, delle questioni e delle necessità dei fedeli cattolici della diocesi, circa 250mila, su una popolazione di oltre 13 milioni di abitanti, divisi in 56 parrocchie. L’arcivescovo Nipa descrive il contesto in cui i cattolici sono immersi: “A Sulawesi generalmente abbiamo buone relazioni con la popolazione in maggioranza musulmana. Una preziosa fonte d’ispirazione per la nostra vita quotidiana è stata la Nostra Aetate, il decreto del Concilio Vaticano II che riguarda i rapporti tra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane. Coltiviamo buone relazioni a livello della gente comune, con i leader islamici e con le autorità civili“, spiega. “A volte , in alcune zone specifiche di una provincia, avviene che per avere dalle autorità governative il permesso di costruire una nuova chiesa, dove c’è necessità, ci mettano in attesa e questa attesa possa durare anni, fino a 30 o 40 anni, il che significa, di fatto, negare il permesso“, precisa.
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