Alberto Trentini detenuto in Venezuela, seconda telefonata a casa da 8 mesi: “Sono vivo”

Per la seconda volta dal 15 novembre scorso, da quando è detenuto nel carcere El Rodeo di Caracas, capitale del Venezuela, Alberto Trentini ha potuto telefonare ai suoi familiari italiani.
Il cooperante 45enne di Venezia si trovava nel paese sudamericano da ottobre per lavorare con la Ong Humanity & Inclusion, che aiuta le persone con disabilità. Era stato arrestato il 15 novembre mentre stava andando per lavoro da Caracas a Guasdualito, nel nordovest del paese, e solo dopo diverse settimane è stata comunicata l’accusa nei suoi confronti: cospirazione per presunti contatti con gruppi di oppositori politici del regime di Nicolas Maduro.
Dopo mesi di preoccupante silenzio lo scorso maggio aveva telefonata una prima volta a casa, potendo finalmente parlare con la madre Armanda Colusso. Quindi altre settimane di silenzio fino a domenica, quando da El Rodeo è arrivata una seconda telefonata a casa, di pochi ma significativi minuti: “Ciao mamma, sono Alberto, sono vivo. Papà, sta bene?”, le sue parole, come riferisce Repubblica.
Una telefonata confermata con una nota anche dalla famiglia Trentini. “Pur nella costante angoscia siamo sollevati per aver potuto sentire, per pochi minuti, la voce di Alberto ed esprimiamo gratitudine nei confronti delle istituzioni che in Italia e in Venezuela si stanno adoperando per la liberazione di Alberto, da oltre otto mesi detenuto a Caracas. Speriamo di poterlo riabbracciare presto a casa”, ha detto la mamma di Alberto, Armanda, insieme con l’avvocato Alessandra Ballerini
Quel che appare chiaro è che Trentini sia oggi una merce di scambio politico tra Roma e Caracas. Spetta dunque al governo di Giorgia Meloni, ed in particolare alla Farnesina di Antonio Tajani, compiere gli sforzi necessari per riportare a casa Alberto.
Qualcosa in effetti sembra si si stia muovendo sul fronte diplomatico. Proprio domenica il ministero degli Esteri ha nominato il direttore generale per gli Italiani nel mondo, Luigi Vignali, come inviato speciale per i detenuti italiani in Venezuela. Il ministro degli Esteri Tajani ha detto che attualmente ci sono una quindicina di cittadini italiani detenuti in Venezuela e che Vignali avrà il compito di “dialogare per vedere come potere ottenere la liberazione di prigionieri politici che non hanno commesso a nostro parere reati”.
Una soluzione che deve arrivare quanto prima perché, come raccontato da un ex compagno di detenzione di Alberto, a El Rodeo la situazione è drammatica. “Io ho dormito per mesi su un lenzuolo appoggiato al cemento. I topi ti passano vicino alla faccia. Ti ci abitui. L’acqua arrivava due volte al giorno, per venti minuti”, erano state le parole di un ex detenuto di El Rodeo, oggi rifugiato in Svizzera.
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