Caldaie domestiche e verifiche remote: la riforma che fa discutere su sicurezza e salute

Dicembre 16, 2025 - 14:26
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Caldaie domestiche e verifiche remote: la riforma che fa discutere su sicurezza e salute

La bozza di decreto predisposta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica rivede in modo profondo il sistema dei controlli sugli impianti termici, introducendo verifiche prevalentemente a distanza per le caldaie domestiche sotto i 70 kW. Una scelta che ha già sollevato forti critiche da parte di associazioni tecniche e sanitarie, preoccupate per le ricadute su sicurezza, qualità dell’aria e salute pubblica

Nel silenzio ovattato delle norme tecniche, spesso lontane dal dibattito pubblico, si giocano partite decisive per la qualità dell’aria, la sicurezza delle abitazioni e la coerenza delle politiche climatiche.

È il caso della bozza di decreto predisposta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mse), che mira a riscrivere le regole sui controlli degli impianti termici, abrogando il Dpr 74/2013.

Il testo introduce una svolta netta: a partire dal 2026, per la maggior parte delle caldaie domestiche a gas – quelle con potenza inferiore ai 70 kW – verrebbero eliminate le ispezioni in presenza, sostituite da verifiche documentali effettuate a distanza dagli enti competenti.

Una platea ampissima, che riguarda circa 20 milioni di impianti distribuiti sul territorio nazionale, molti dei quali con oltre quindici anni di vita

La ratio dichiarata è la semplificazione: ridurre gli oneri amministrativi, uniformare le frequenze di controllo a livello nazionale (un controllo minimo ogni quattro anni) e limitare l’accesso degli ispettori nelle abitazioni.

Le Regioni potrebbero mantenere verifiche più stringenti solo in contesti motivati, come le aree ad alto inquinamento.

Semplificazione amministrativa e nodi irrisolti

Letta in chiave sistemica, la proposta si inserisce nel più ampio tentativo di razionalizzare i controlli e digitalizzare la gestione degli impianti. Tuttavia, la scelta di affidare la sicurezza e l’efficienza energetica quasi esclusivamente a controlli documentali apre interrogativi rilevanti.

Il funzionamento dei controlli a distanza presuppone infatti un’infrastruttura informativa solida, interoperabile e aggiornata. Oggi, i catasti regionali degli impianti termici operano su piattaforme diverse, con livelli di digitalizzazione disomogenei e difficoltà di incrocio dei dati.

In questo quadro, la verifica su carta rischia di fotografare un impianto che, nella realtà, può essere obsoleto, mal manutenuto o non conforme.

A questo si aggiunge un tema di sicurezza. I dati del Comitato Italiano Gas indicano che tra il 2019 e il 2023 si sono verificati 1.119 incidenti legati al gas per uso civile, con 128 decessi e 1.784 feriti. Numeri che rendono evidente come il rischio non sia astratto, ma concreto

Le preoccupazioni di Isde: qualità dell’aria e salute pubblica

Tra le voci più critiche c’è Isde – Medici per l’Ambiente, che legge la bozza di decreto come un arretramento nella tutela della salute pubblica. Il riscaldamento civile rappresenta infatti una delle principali fonti di inquinamento atmosferico urbano, contribuendo in modo significativo alle emissioni di PM10 e PM2,5, soprattutto nei mesi invernali e in aree già critiche come la Pianura Padana

Secondo Isde, ridurre i controlli sugli impianti – molti dei quali vecchi e poco efficienti – significa accettare un aumento delle emissioni e dell’esposizione della popolazione a sostanze nocive, con effetti diretti su patologie respiratorie, cardiovascolari e neurologiche.

L’associazione richiama anche i dati del progetto Salute e inquinamento atmosferico nelle città italiane, che documentano superamenti diffusi dei nuovi limiti europei di qualità dell’aria fissati dalla Direttiva 2881/2024.

Per i medici ambientalisti, la strada da percorrere non è la riduzione dei controlli, ma il loro rafforzamento qualitativo, insieme a un’estensione delle verifiche anche agli impianti alimentati a biomasse, come legna e pellet, spesso trascurati ma rilevanti sul piano emissivo.

La posizione di Arse: sicurezza e uscita dal gas

Anche Arse – Associazione Riscaldamento Senza Emissioni – parla di semplificazione apparente. Secondo l’associazione, affidare la sicurezza di milioni di caldaie a controlli esclusivamente amministrativi significa rendere il sistema meno verificabile, non più efficiente.

Arse sottolinea come la digitalizzazione, in assenza di un’infrastruttura nazionale omogenea, rischi di diventare un alibi per ridurre la prevenzione. Il confronto proposto è netto: eliminare i controlli sulle caldaie equivale, per l’associazione, a ipotizzare la fine delle revisioni auto, ignorando lo stato reale dei mezzi circolanti.

Da qui una proposta alternativa, più strutturale: accelerare l’uscita dal gas negli edifici residenziali, puntando su tecnologie elettriche come le pompe di calore, già indicate dall’Unione europea come pilastro della decarbonizzazione del riscaldamento.

Sistemi che non comportano combustione, riducono i rischi domestici e, progressivamente, anche la necessità stessa di controlli periodici.

Tra transizione energetica e scelte di breve periodo

La bozza di decreto del Mase si colloca dunque in un punto delicato di equilibrio tra semplificazione amministrativa, sicurezza domestica e obiettivi ambientali. Il rischio, evidenziato dalle associazioni, è che una misura pensata per ridurre i costi e snellire le procedure finisca per indebolire uno dei pochi presidi di controllo su una fonte emissiva ancora centrale nel sistema energetico italiano.

In un contesto di crisi climatica e sanitaria, la gestione del riscaldamento civile resta una leva strategica. La discussione aperta da questo decreto va oltre il tema tecnico dei controlli e interroga la direzione complessiva delle politiche energetiche.

Ma rileva anche poca attenzione alla salute e alla sicurezza dei cittadini.

Crediti immagine: Depositphotos

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