Colangite biliare primitiva: sostenibilità e innovazione, verso un modello di presa in carico efficiente e più vicino al paziente

Da un Scientific and Advocacy Network, promosso dalla rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief, con il contributo non condizionante di Ipsen, arriva all’unisono la richiesta di un modello di presa in carico in grado di rispondere alle nuove esigenze dei pazienti.
Ascolta la notizia in pillole qui:
Diagnosi precoce, integrazione dei percorsi di diagnosi e cura tra ospedale e territorio in una logica multidisciplinare, pieno accesso alle innovazioni terapeutiche, sono i punti chiave del dialogue meeting dal titolo “Sostenibilità e Innovazione nella Colangite Biliare Primitiva: verso un modello di presa in carico efficiente e più vicino al paziente”, organizzato ieri alla Fondazione Sturzo di Roma dall’Italian Health Policy Briefing (IHPB). +
Uno Scientific and Advocacy Network composto da società scientifiche (AISF, SIMG), associazioni dei pazienti, mondo accademico e dell’advocacy, rappresentanti dei sistemi sanitari regionali ha presentato il primo Manifesto Sociale sulla PBC (dall’acronimo inglese Primary Biliary Cholangitis) per dare evidenza delle principali difficoltà cui è urgente dare risposta, al fine di arrivare a un modello di presa in carico efficace e rapido per le persone che vivono con la colangite biliare primitiva.
La colangite biliare primitiva è una malattia epatica autoimmune, rara e progressiva, che danneggia i piccoli dotti biliari e che, se non trattata adeguatamente, può causare danni al fegato che possono portare a fibrosi e cirrosi epatica o, nella fase terminale della malattia, alla necessità di trapianto di fegato e morte.
La patologia si manifesta prevalentemente tra i 45 e i 65 anni e nove pazienti su dieci sono donne.
In Italia, la prevalenza della PBC è stimata in 27,9 casi per 100 mila abitanti, con un’incidenza annuale di 5,31 casi ogni 100.000 abitanti.
La diagnosi di PBC viene effettuata attraverso test biochimici, sierologici e talvolta istologici, spesso in assenza di sintomi specifici.
La prognosi della malattia sta migliorando grazie a diagnosi più precoci e ad un inizio del trattamento più tempestivo, sebbene tale riscontro non sia presente egualmente su tutto il territorio nazionale.
Le complicanze legate alla diagnosi tardiva, in pazienti nei quali la patologia è già evoluta verso la cirrosi, sono associate a una prognosi sfavorevole e ad una ridotta aspettativa di vita.
I sintomi più comuni comprendono fatigue e prurito, che possono interessare fino all’80% dei pazienti: sono sintomi all’apparenza aspecifici ma, se sottovalutati, possono diventare gravemente debilitanti, con un impatto negativo sulla qualità di vita delle persone affette da questa patologia.
Attualmente, le terapie disponibili per il trattamento della PBC mirano a rallentare la progressione della malattia.
Oggi l’UDCA è l’unico farmaco rimborsato per il trattamento in prima linea e per quel 20% di pazienti che non risponde in modo adeguato è disponibile elafibranor come terapia di seconda linea.
“I pazienti possono arrivare a questa diagnosi attraverso diverse strade. Una di queste è l’identificazione, spesso nella medicina primaria, ma anche attraverso valutazioni specialistiche di alterazione degli esami di laboratorio, come la colesterina o altri parametri colestasi o di danno ematico”, ha spiegato il Professor Edoardo Giovanni Giannini – Professore ordinario di Gastroenterologia presso l’Università di Genova, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Clinica Gastroenterologica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova, Componente della Commissione Malattie Rare di AISF
“Un’altra strada è la presenza di sintomi, solitamente prurito o la fatigue, che è una particolare sensazione di stanchezza che può essere anche particolarmente invalidante per questi pazienti”.
“I dati ci dicono che ad oggi la colangite biliare primitiva sia sotto diagnosticata. Affinché si possa essere efficace nel gestione delle malattie, queste vanno identificate molto precocemente, soprattutto nel caso di pazienti che non rispondono alla terapia di prima linea che può veramente modificare la sorte di questi pazienti conferendo loro un’aspettativa di vita paritaria rispetto alla popolazione ed è per questo che è fondamentale che il medico di medicina generale deve avere contezza del fatto che l’alterazione di alcuni parametri epatici, anche apparentemente banali, possa essere una spia che ci dice che c’è qualcosa che non va nel loro fegato e si possa dare il via ad una serie di altri test”.
“È un periodo di grandi novità per le persone affette da PBC – dice il Professor Pietro Invernizzi – Direttore Scientifico Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, European Reference Network (ERN) RARE-LIVER Center, Professore ordinario di Gastroenterologia Università di Milano Bicocca e Coordinatore della Commissione Malattie Rare AISF – Mi occupo di questa malattia da oltre 30 anni e ricordo che per molti anni non ci sono state novità nell’ambito della cura. Poi tante industrie farmaceutiche hanno finalmente deciso di investire nella PBC ed abbiamo iniziato ad avere nuovi farmaci, e sempre più efficaci. Anche la conoscenza della malattia è migliorata e oggi la diagnosi è più tempestiva ed accurata. Importante a questo riguardo è stata l’attività di un’ampia comunità di epatologi esperti della PBC che recentemente ha anche ricevuto un importante supporto dal programma PNRR finalizzato a strutturare delle reti regionali collegate tra loro in una rete nazionale, con la finalità di migliorare la competenza nella diagnosi e nella gestione anche a livello di centri epatologici e di medicina generale di primo livello. Ovviamente il lavoro di squadra ci sta permettendo di portare avanti progetti di ricerca di valore sulla malattia”.
Uno dei temi sui quali si è registrata unanime convergenza è l’importanza di una più organica integrazione ospedale-territorio che possa favorire la presa in carico del paziente, anche mediante un approccio multidisciplinare.
Importanti indicazioni sono anche pervenute dal mondo advocacy, specie in relazione alla necessità che le risposte sanitarie possano essere sempre più incisive e produttive grazie al ricorso a strumenti e metodologie di lavoro innovativi – telemedicina e teleconsulto – in grado di facilitare la relazione a distanza tra paziente, medico di medicina generale e centro di riferimento.
Una sottolineatura cui si è aggiunta la raccomandazione del Dott. Ivan Gardini, Presidente EPAC , che a proposito del riconoscimento della PBC come malattia rara anche in Italia, ha sottolineato che è “una soluzione che consentirebbe l’accesso a una serie di benefici e semplificazioni tra le quali il più rapido inserimento dei farmaci nei prontuari regionali, la disponibilità di risorse per la ricerca, i finanziamenti alle associazioni e alle reti di centri specialistici che devono essere formalizzati e ben mappati sul territorio”.
Invece, il Presidente di AMAF APS Davide Salvioni, ha aggiunto “…Come AMAF APS, da sempre al fianco dei pazienti, desideriamo evidenziare con forza un aspetto: la diffusione capillare delle conoscenze sulla PBC. È un fattore chiave per permettere una maggiore equità di cura su tutto il territorio nazionale. Non possiamo accettare che la qualità dell’assistenza dipenda dalla regione o dalla struttura in cui ci si trova. Un’informazione capillare e aggiornata, rivolta sia ai professionisti sanitari che ai pazienti stessi, è fondamentale per una diagnosi precoce, un accesso tempestivo alle terapie e una gestione ottimale della malattia, ovunque ci si trovi in Italia. Questa iniziativa segna un passo cruciale verso una sanità più inclusiva e responsiva. Ci auguriamo che il Manifesto sia un’occasione per un dialogo costruttivo e per azioni concrete che mettano sempre più al centro la persona con PBC.”
Un confronto dal quale sono di fatto scaturite alcune parole d’ordine che dovrebbero essere alla base di una più incisiva risposta sanitaria alla PBC:
- Informazione e formazione per la consapevolezza di medici e pazienti
- Tempestività diagnostica, prerequisito per evitare e contenere le complicanze
- Integrazione ospedale-territorio
- Presa in carico multidisciplinare del paziente
- Innovazione, sul piano terapeutico e delle dotazioni tecnologiche
- Riconoscimento pratico della PBC come malattia rara
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