Come impedire a Gemini di usare i dati personali: guida alla privacy

Lug 22, 2025 - 23:31
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Come impedire a Gemini di usare i dati personali: guida alla privacy

Ogni volta che si chatta con Gemini di Google, le domande e le risposte dell’AI diventano parte di un enorme dataset che l’azienda utilizza per migliorare il suo modello. Quello che molti utenti non sanno è che Big G non si limita a registrare le conversazioni. Traccia anche la lingua che si usa, il dispositivo da cui si accede, la posizione geografica e persino i feedback che si danno sull’esperienza d’uso.

Se l’idea che raccolgano tutti questi dati non entusiasma, o se si lavora con informazioni riservate che si preferisce tenere riservate, esiste una via d’uscita. Google permette di disattivare questa funzionalità, anche se non lo pubblicizza particolarmente. La procedura non è complessa, ma ha delle implicazioni importanti che è meglio conoscere prima di procedere.

Cosa succede quando si dice no alla raccolta dati

Prima di immergersi nelle impostazioni di privacy, è importante capire cosa cambia quando si decide di mantenere private le proprie conversazioni con Gemini. Perché questa è una scelta che trasforma concretamente l’esperienza d’uso.

La conseguenza più immediata è la perdita della cronologia delle conversazioni. Senza il salvataggio automatico, non si potrà più tornare a quella chat di due settimane fa dove Gemini magari aveva aiutato a sviluppare un’idea brillante per un progetto. È come lavorare sempre su un foglio bianco: ogni conversazione inizia da zero.

Gemini diventa anche meno personalizzato. Non ricorderà più che si preferiscono spiegazioni tecniche dettagliate piuttosto che riassunti semplificati, o che si lavora in un settore specifico, un dettaglio che influenza il tipo di risposte. Ogni interazione sarà più generica, meno cucita sui propri bisogni specifici.

Anche se si disattiva la raccolta dati per l’addestramento, Google continua a conservare le conversazioni per 72 ore. È una misura necessaria per il funzionamento del servizio, ma significa che la privacy totale e immediata non esiste nemmeno dopo aver modificato le impostazioni. Questo, è bene saperlo sin da subito.

Perché Google vuole tutti questi dati? È semplice. Ogni volta che si chatta con Gemini, si insegna qualcosa di prezioso sull’umanità. Come parliamo, cosa chiediamo, di cosa abbiamo bisogno quando interagiamo con un’AI. Google scopre quali argomenti interessano di più, come reagiamo quando l’AI sbaglia, che tipo di aiuto cerchiamo davvero. Informazioni d’oro per costruire i prodotti del futuro.

Il punto è che molti non lo sanno. Crediamo di avere una conversazione privata con un chatbot, invece stiamo contribuendo a un gigantesco esperimento sociale. I termini di servizio lo dicono, ma chi li legge? Così ci ritroviamo a condividere pensieri intimi senza renderci conto che dall’altra parte c’è un algoritmo che prende appunti su tutto.

Come proteggere la propria privacy, la procedura passo passo

Proteggere i propri dati su Gemini richiede alcuni passaggi specifici attraverso l’interfaccia di Google. Il processo non è proprio immediato come dovrebbe essere per una funzione così importante, ma è comunque alla portata di tutti.

Il primo passo è assicurarsi di essere nel giusto account Google. Se si hanno più account, magari uno personale e uno di lavoro, bisogna verificare di modificare le impostazioni di quello corretto. Un errore qui significa proteggere l’account sbagliato mentre si lascia esposto quello che si usa realmente con Gemini.

Andare su gemini.google.com e accedere normalmente. Se si è già loggati, si deve controllare l’icona del profilo per confermare l’identità corretta. Una volta dentro Gemini, bisogna cerca l’icona dell’attività che somiglia a un orologio con una freccia. Questo simbolo rappresenta la cronologia delle interazioni con il servizio. È qui che Google centralizza tutti i controlli relativi alla raccolta e conservazione dei dati.

A volte Gemini stesso mostrerà un promemoria che le chat vengono usate per l’addestramento. Se si nota questo avviso, si può cliccare direttamente su “gestisci attività” per arrivare rapidamente al punto giusto.

Nella pagina dell’attività si vedrà un riassunto di tutte le interazioni passate con Gemini. Ma quello che si cerca è in alto: l’opzione per impedire a Gemini di ricordare le conversazioni future. Cliccare su “disattiva attività app Gemini” una prima volta per aprire il menu a tendina, poi di nuovo per confermare la scelta. Questo doppio passaggio è intenzionale: Google vuole essere sicura che l’utente capisca le conseguenze della sua decisione.

Una volta completata questa azione, le nuove conversazioni non verranno più salvate o utilizzate per migliorare il modello. È un cambiamento che ha effetto immediato per tutte le interazioni successive.

Se si vuole fare piazza pulita anche delle conversazioni precedenti, esiste un’opzione aggiuntiva: “disattiva ed elimina attività”. Questa scelta cancella tutto lo storico delle interazioni con Gemini fino a quel momento.

Ma c’è un limite importante da tenere presente. Google specifica che le conversazioni già revisionate dai sistemi interni per l’addestramento del modello non vengono eliminate da questo processo. Questi dati rimangono nei server di Google per un massimo di tre anni, separati dal proprio account ma comunque esistenti.

Quindi si possono cancellare i dati collegati al proprio profilo, ma non è possibile rimuovere completamente ogni traccia delle tue interazioni passate dai sistemi di Google.

E se si vuole tornare indietro?

La scelta di disattivare la raccolta dati non è permanente. Google permette di riattivare facilmente il salvataggio delle conversazioni se si cambia idea o se ci si rende conto che i vantaggi della personalizzazione superano le preoccupazioni sulla privacy.

Il processo di riattivazione è ancora più semplice della disattivazione. Basta cliccare su “attiva” nella stessa sezione delle impostazioni. Da quel momento, Gemini tornerà a salvare le conversazioni e a utilizzarle per migliorare le risposte future.

Il giusto compromesso tra privacy e funzionalità

La scelta di disattivare la raccolta dati è un dilemma comprensibile. Quanto siamo disposti a sacrificare in termini di privacy per ottenere servizi più personalizzati ed efficienti?

Un’AI che non può imparare dalle interazioni precedenti, chiaramente è meno utile e meno precisa, ma la privacy dei dati è preziosa. In settori come la sanità, il diritto o la consulenza strategica, anche le conversazioni apparentemente innocue con un chatbot possono contenere informazioni sensibili che sarebbe meglio non condividere con una multinazionale tech come Big G.

Va detto però, che il problema della raccolta dati non è specifico di Google o Gemini. Tutti i principali servizi di intelligenza artificiale, da ChatGPT a Claude a Perplexity, raccolgono e utilizzano i dati degli utenti per migliorare i loro modelli. La differenza sta nella trasparenza e nel controllo che offrono agli utenti. Alcuni servizi rendono più evidente la raccolta dati, altri meno.

Google ha il merito di permettere la disattivazione della raccolta dati, ma il processo potrebbe essere più visibile e accessibile. Molti utenti non sanno nemmeno che esiste questa opzione.

L’AI ormai è ovunque, e il problema dei nostri dati non è più roba da nerd. È diventato un tema serio che riguarda tutti. In Europa il GDPR ha già costretto le aziende a essere più trasparenti su quello che fanno con le nostre informazioni. Ma le regole arrivano sempre dopo che le Big Tech hanno già preso l’abitudine di fare quello che vogliono.

Per ora, la responsabilità ricade principalmente sugli utenti. Informarsi, capire cosa succede ai propri dati e prendere decisioni consapevoli su quali compromessi si è disposti ad accettare. Nel caso di Gemini, ora si hanno tutti gli strumenti per fare una scelta informata.

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