Condono edilizio e Google Earth: quando l’immagine satellitare diventa prova
lentepubblica.it
L’enorme diffusione di satelliti, droni e piattaforme digitali ha fatto sì che anche l’amministrazione pubblica, per verificare la presenza di illeciti edilizi, ricorra a strumenti come Google Earth. Ma qual è il ruolo che un’immagine satellitare può assumere in un procedimento complesso come quello del condono edilizio?
La sentenza TAR Lazio, 2 dicembre 2025, n. 21664, si colloca esattamente in questo scenario. Il giudice si è trovato a dover valutare se una foto scattata dall’alto, datata semplicemente “aprile 2003”, potesse davvero incidere sull’esito di una sanatoria edilizia presentata oltre vent’anni fa. La questione ha una serie di risvolti pratici molto importanti in materia di onere probatorio.
Il caso
La vicenda oggetto della pronuncia riguarda un immobile rurale nel Comune di Roma, trasformato in residenziale e al centro di un procedimento di condono iniziato nel 2004 e rimasto sospeso per molti anni, fino al recente diniego di Roma Capitale. La ricorrente decideva allora di rivolgersi al TAR, contestando la legittimità del provvedimento e rimettendo alla valutazione del giudice una serie di dichiarazioni, aerofotogrammetrie e atti tecnici.
L’erede dell’originario richiedente aveva presentato, nel dicembre 2004, un’istanza di condono edilizio ai sensi della l. 326/2003 e della legge regionale Lazio 12/2004. L’abuso contestato riguardava un edificio situato nella campagna romana, dove erano stati eseguiti interventi di ristrutturazione che avevano comportato anche il cambio di destinazione d’uso da agricola a residenziale. Secondo la dichiarazione allegata alla domanda, i lavori risultavano ultimati nel giugno 2002, quindi entro la data limite del 31 marzo 2003 prevista per beneficiare del terzo condono edilizio. La documentazione era accompagnata dai pagamenti dell’oblazione e degli oneri concessori e da una descrizione sommaria delle opere.
Il procedimento, tuttavia, rimaneva fermo per diversi anni, fino a quando Roma Capitale riattivava la pratica e, nel 2022, contestava alla richiedente alcuni elementi considerati ostativi alla sanatoria. Oltre alla presunta incompletezza della documentazione catastale, ciò che attirava l’attenzione dell’amministrazione era una fotografia satellitare tratta da Google Earth e recante la data “aprile 2003”, nella quale l’immobile sembrava ancora soggetto a lavori.
A questo elemento si aggiungeva che l’accatastamento dell’edificio sarebbe avvenuto solo nel maggio 2022, lasciando intendere che l’immobile fosse ancora in costruzione ben oltre il limite temporale previsto dalla legge.
Il ricorso
La ricorrente non accettava questa ricostruzione e sosteneva che:
- una foto dall’alto non potesse provare la presenza o meno di opere interne;
- la data indicata da Google Earth fosse troppo generica per sostenere un diniego;
- la preesistenza dell’edificio fosse documentata da cartografie più risalenti;
- l’immagine contestata potesse riferirsi al semplice rifacimento del tetto, avvenuto dopo il 2003.
A questo aggiungeva un’eccezione di competenza, sostenendo che il diniego di condono non potesse essere firmato da un dirigente, ma dovesse provenire dal Sindaco.
La causa approda così dinanzi al TAR Lazio, il cui ragionamento si è concentrato su tre questioni fondamentali: la ripartizione dell’onere della prova nel procedimento di condono, l’affidabilità e la rilevanza delle immagini satellitari e la competenza dell’organo emanante il diniego.
Condono edilizio e Google Earth: quando l’immagine satellitare diventa prova
La prima questione affrontata dal giudice riguarda l’individuazione del soggetto su cui ricade l’onere di provare che le opere erano state ultimate entro il 31 marzo 2003. Il TAR chiarisce che la prova grava interamente sul privato richiedente, che deve produrre una documentazione certa e univoca, non essendo sufficienti né una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, né elementi generici o indiretti.
Nel caso di specie, secondo il TAR, la ricorrente non aveva fornito alcun elemento probatorio conforme a tali standard. Gli estratti del PRG e del piano esecutivo urbanistico dimostravano soltanto la preesistenza fisica dell’edificio, ma non documentavano nulla sulle opere oggetto di condono, che erano prevalentemente interne e legate al cambio di destinazione d’uso.
Il valore delle immagini
Il TAR affronta poi il tema del valore delle immagini di Google Earth. Il giudice non attribuisce loro una valenza probatoria assoluta, ma sottolinea che, secondo la Cassazione, tali immagini costituiscono una prova precostituita della rappresentazione dei luoghi, salvo disconoscimento esplicito. Nel caso in esame, la ricorrente non ha mai disconosciuto l’immagine, limitandosi a contestarne la portata probatoria.
Il TAR, tuttavia, chiarisce che il Comune non aveva basato il diniego esclusivamente sulla fotografia satellitare. Un ruolo significativo lo ha svolto anche la circostanza – non contestata dalla ricorrente – che l’immobile fosse stato accatastato solo nel 2022, oltre quindici anni dopo la dichiarata ultimazione dei lavori. A questo si aggiungeva una dichiarazione del 2009, sottoscritta dall’originario proprietario, nella quale si affermava che l’immobile fosse ancora inagibile e in corso di accatastamento. Tutti elementi che, valutati congiuntamente, secondo il giudice confermano la correttezza dell’azione amministrativa.
Quanto all’eccezione sulla competenza, il TAR ha affermato che il diniego di condono è un atto gestionale, non politico. La sua adozione rientra a pieno titolo nelle competenze del dirigente, come previsto dagli artt. 107 del TUEL e 4 del D.lgs. 165/2001.
The post Condono edilizio e Google Earth: quando l’immagine satellitare diventa prova appeared first on lentepubblica.it.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




