Diabete tipo 2: la strategia dei 2 giorni che aiuta a dimagrire e abbassare la glicemia

Una dieta sostenibile, efficace e sorprendentemente semplice: ridurre drasticamente l’apporto calorico solo per due giorni a settimana può portare benefici significativi nella gestione del diabete di tipo 2. Lo dimostra uno studio recente presentato al congresso ENDO 2025 della Endocrine Society, secondo cui questo approccio, noto come “intermittent energy restriction” (IER), può migliorare il controllo glicemico, favorire la perdita di peso e abbassare i livelli di trigliceridi.
La sfida nel trattamento del diabete non è soltanto clinica, ma anche quotidiana: trovare un regime alimentare efficace e facile da seguire nel lungo termine. Ed è proprio su questo punto che l’approccio dei “2 giorni” sembra offrire una buona soluzione.
Cosa dice lo studio: 3 metodi a confronto per gestire il diabete

La ricerca, condotta dal First Affiliated Hospital dell’Università di Zhengzhou in Cina, ha coinvolto 90 persone con diabete di tipo 2 e obesità. I partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi, ognuno dei quali ha seguito una diversa strategia di restrizione calorica per 16 settimane:
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IER (Intermittent Energy Restriction): due giorni non consecutivi a bassissimo apporto calorico (500–600 kcal), con alimentazione libera ma controllata nei restanti cinque giorni.
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TRE (Time-Restricted Eating): pasti consumati entro una finestra di 10 ore al giorno (tra le 6–8 del mattino e le 16–18 del pomeriggio), con digiuno nelle ore restanti.
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CER (Continuous Energy Restriction): restrizione calorica costante, distribuita su tutti i giorni della settimana.
Tutti i partecipanti hanno mantenuto lo stesso introito calorico settimanale complessivo, ma distribuito in modo diverso. Al termine dello studio, 63 partecipanti (45 uomini e 18 donne) avevano completato il percorso.
I risultati: tutti perdono peso, ma il metodo IER ottiene il miglior profilo metabolico
Le conclusioni dello studio sono state chiare: tutti i partecipanti hanno perso peso e migliorato i parametri glicemici, ma il gruppo IER ha ottenuto risultati leggermente superiori rispetto agli altri.
I dati principali:
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Perdita di peso media: circa 7,5 kg per tutti i gruppi.
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Riduzione media di HbA1c (emoglobina glicata): superiore all’1% in ciascun gruppo.
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Miglioramento dell’insulino-sensibilità e abbassamento dei trigliceridi: più evidente nel gruppo IER.
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Tasso di adesione alla dieta: 85% nel gruppo IER, superiore rispetto agli altri due.
Secondo il dott. Haohao Zhang, autore principale dello studio, il fattore chiave è la riduzione delle calorie complessive, ma l’approccio con due soli giorni di restrizione sembra più sostenibile per la maggior parte delle persone.
Perché i due giorni a dieta funzionano (e convincono anche gli esperti)
L’intermittent energy restriction offre flessibilità, che spesso è l’elemento mancante nelle diete tradizionali. Cinque giorni a settimana si può mangiare in modo normale (pur sempre controllato), mentre nei due restanti si segue un regime severamente ipocalorico.
Secondo Zhang, proprio questa struttura migliora l’aderenza, rendendo il metodo più realistico per chi deve affrontare un lungo percorso di gestione del peso e del diabete.
Anche il dott. David Cutler, medico di medicina generale al Providence Saint John’s Health Center in California, ha commentato i risultati, definendoli statisticamente significativi, ma ha sottolineato l’importanza della personalizzazione del percorso alimentare: “Qualsiasi dieta che una persona riesce a mantenere nel tempo è potenzialmente efficace”.
Le altre due strategie: efficaci, ma meno sostenibili?
Anche il digiuno a tempo limitato (TRE) e la restrizione calorica continua (CER) si sono rivelate valide. Tuttavia, secondo gli autori dello studio, queste due modalità richiedono una disciplina costante: rispettare ogni giorno una finestra temporale rigida o contare le calorie quotidianamente può risultare stressante e difficile da seguire per molte persone.
Il metodo dei 2 giorni, invece, consente una maggiore libertà durante la settimana, pur mantenendo i benefici metabolici. In altre parole: più risultati con meno rinunce quotidiane.
Un nuovo approccio alla prevenzione del diabete di tipo 2?
Oltre il trattamento, la dieta IER potrebbe rappresentare anche un’opzione preventiva, specialmente nei soggetti a rischio o con sindrome metabolica. I dati mostrano che ridurre il grasso corporeo e migliorare la sensibilità insulinica può ritardare o addirittura evitare la comparsa del diabete.
Nel contesto globale, dove si stima che entro il 2050 il diabete interesserà quasi il 10% della popolazione mondiale, strategie accessibili e sostenibili come questa diventano cruciali.
Cosa significa nella pratica: come funziona la dieta 5:2
Anche se lo studio ha usato il termine “intermittent energy restriction”, questo approccio è spesso associato alla popolare dieta 5:2, già nota nel mondo del dimagrimento.
Ecco come si struttura nella pratica quotidiana:
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2 giorni a settimana (non consecutivi): si consumano circa 500–600 kcal, privilegiando verdure, proteine magre, brodi e pochi carboidrati.
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Negli altri 5 giorni: si segue una dieta equilibrata ma senza restrizioni severe. L’obiettivo è non eccedere nel consumo calorico settimanale totale.
Non ci sono limiti precisi sugli orari dei pasti (come avviene nel digiuno intermittente tradizionale), il che rende questa dieta più flessibile e adatta a diversi stili di vita.
A chi è adatta la dieta dei 2 giorni?
Questo tipo di approccio può essere considerato da:
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Persone con diabete di tipo 2 o a rischio metabolico.
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Chi è in sovrappeso o obeso e cerca una dieta sostenibile nel lungo termine.
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Chi ha già provato altre diete senza successo, a causa della loro rigidità.
Tuttavia, è fondamentale sottolineare che qualunque dieta deve essere concordata con un medico o nutrizionista, specialmente in presenza di patologie come il diabete. Anche i periodi di digiuno parziale possono avere controindicazioni se non gestiti correttamente.
E gli effetti a lungo termine?
Gli autori dello studio sottolineano che servono ulteriori ricerche su popolazioni più ampie e diversificate per confermare i risultati ottenuti. In particolare, sarà importante capire se i benefici metabolici si mantengono nel lungo periodo e quali fattori influenzano la capacità di seguire il piano alimentare nel tempo.
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