Diritti umani, UE vuole revisionare rapporti con Israele: ma l'Italia vota contro

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La Commissione europea ha deciso di avviare una valutazione formale sul rispetto da parte di Israele degli impegni sanciti dall’articolo 2 dell’Accordo di associazione UE-Israele, che impone il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici: ma l’Italia è uno dei paesi che ha votato contro.
Il nodo centrale riguarda il coinvolgimento dell’Unione nei rapporti economici e politici con Israele, in un contesto segnato dalle gravi violazioni dei diritti nella Striscia di Gaza.
La richiesta, ora accolta dalla Commissione, apre la strada a un riesame dell’Accordo di associazione alla luce delle prove raccolte sulle violazioni dei diritti umani.
Ma una serie di stati si sono schierati contro la decisione dell’UE, tra cui, purtroppo, il nostro. E in un’Europa sempre più chiamata a fare i conti con la coerenza delle proprie politiche estere, la decisione di valutare le relazioni con Israele segna un punto di svolta, ma lascia aperti molti interrogativi, soprattutto sulla posizione assunta da alcuni governi – come quello italiano – che si sono opposti all’iniziativa.
Diritti umani, UE vuole revisionare rapporti con Israele: ma l’Italia vota contro
La richiesta, avanzata da 17 Stati membri, è stata approvata il 20 maggio dal Consiglio dell’Unione. L’Italia ha votato contro, suscitando critiche da parte delle organizzazioni per i diritti umani.
La scelta dell’Italia di opporsi alla richiesta di revisione dell’Accordo di associazione tra Unione Europea e Israele rappresenta non solo un’occasione persa sul piano diplomatico, ma anche una presa di posizione eticamente e politicamente discutibile. Insieme a paesi come Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Germania, Grecia, Ungheria, e Lituania, l’Italia si è schierata contro un’iniziativa promossa dai 17 Stati membri che mirava a valutare se Israele abbia violato i principi fondamentali su cui si fonda l’Unione, ovvero il rispetto dei diritti umani e dei valori democratici.
Una posizione, quella italiana, miope e anacronistica
Questa opposizione risulta anacronistica e contraddittoria: da un lato l’Italia si dichiara sostenitrice del diritto internazionale e della pace in Medio Oriente, dall’altro rifiuta di avallare una semplice verifica di conformità a norme condivise, in un contesto di gravissime accuse di crimini internazionali. Non si trattava di una condanna automatica né di una rottura diplomatica, ma di un atto minimo di responsabilità istituzionale, che avrebbe potuto contribuire a rafforzare la credibilità dell’UE sul piano globale.
Il no espresso da Roma – insieme ai governi di Praga, Vienna e Budapest – ha dunque un peso politico rilevante: legittima, di fatto, lo status quo e invia un messaggio di debolezza verso chi si rende responsabile di gravi violazioni umanitarie. Così facendo, l’Italia e gli altri paesi contrari si sottraggono all’obbligo – sancito dal diritto internazionale – di non fornire aiuto o assistenza ad azioni illegali, rendendosi di fatto complici di una situazione che, secondo numerose organizzazioni indipendenti, rappresenta un vero e proprio genocidio.
In definitiva, quella italiana appare come una posizione miope, che privilegia calcoli geopolitici di corto respiro a scapito della coerenza etica e della difesa dei diritti umani. Una scelta che rischia di isolare il nostro Paese dal fronte europeo più attento al rispetto del diritto internazionale e di danneggiarne la reputazione sul piano diplomatico.
Il commento di Amnesty International
Amnesty International aveva già sollecitato i governi europei a riconsiderare i termini dell’Accordo, alla luce dei loro doveri internazionali, che vietano il sostegno – diretto o indiretto – ad attività che contribuiscano all’occupazione dei territori palestinesi, definita illegale dalla Corte internazionale di giustizia nel parere consultivo del luglio 2024.
«La decisione rappresenta un passo nella giusta direzione, ma arriva con un ritardo devastante», ha dichiarato Eve Geddie, direttrice dell’ufficio europeo di Amnesty International. «Negli ultimi 19 mesi, la crisi umanitaria a Gaza ha raggiunto proporzioni drammatiche. Israele sta portando avanti un’operazione che, secondo il nostro giudizio, costituisce un genocidio, senza che vi sia alcuna conseguenza per i responsabili».
Geddie ha denunciato l’inerzia dell’UE, sottolineando come l’assenza di misure concrete – e in alcuni casi il sostegno diretto di singoli Stati membri – abbia rafforzato l’azione militare israeliana. «L’atteggiamento di accondiscendenza dell’Unione viola i suoi stessi principi fondanti e resterà una macchia nella memoria storica europea», ha aggiunto.
Secondo l’organizzazione per i diritti umani, è essenziale adottare provvedimenti immediati: bloccare investimenti e rapporti commerciali che possano alimentare le violazioni del diritto internazionale, sospendere gli scambi con gli insediamenti israeliani e fermare l’invio di armamenti.
«Ogni giorno che passa senza azione equivale a nuove perdite di vite umane. L’UE deve assumersi la responsabilità di prevenire atrocità di massa e non diventare corresponsabile attraverso l’inerzia», ha ribadito Geddie. Qualora non si trovasse un consenso a livello comunitario, Amnesty invita i singoli Paesi ad agire autonomamente sospendendo le cooperazioni che rischiano di compromettere il rispetto del diritto internazionale.
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