È ora di considerare l’ipotesi che Trump dica quel che pensa

Non fossero bastati gli attacchi all’Europa contenuti nel documento sulla Strategia di sicurezza nazionale pubblicato venerdì, ieri Donald Trump è tornato a prendersela con l’Unione europea e con Volodymyr Zelensky in una lunga intervista a Politico, dimostrando ancora una volta che le interpretazioni più ottimistiche sulle sue intenzioni erano infondate, almeno quanto lo erano le analisi su una rottura duratura e sanguinosa tra lui ed Elon Musk (in esclusiva per i lettori di questa newsletter, ecco un facile trucco per azzeccare tutte le previsioni su Trump: l’ipotesi peggiore è sempre quella giusta). In perfetta coerenza con gli argomenti del documento strategico, a sua volta del tutto coincidente con sostanza e stile del famigerato discorso del vicepresidente J.D. Vance alla conferenza di Monaco in febbraio, Trump ha mostrato di guardare all’Europa e all’Ucraina con assai maggiore ostilità di quanta ne susciti in lui la Russia di Vladimir Putin. Ha detto che l’Ucraina sta perdendo la guerra e dunque dovrebbe accettare il suo piano, che Zelensky non si è nemmeno degnato di leggere, accusandolo persino di usare la guerra per non fare le elezioni. Come si vede, anche qui, in perfetta coerenza con le assurdità gridate a suo tempo contro il presidente ucraino nell’incontro allo studio ovale.
Quanto all’Europa, il delirio trumpiano (delirio in senso tecnico, e invito a vedere il video dell’intervista per apprezzarne pienamente il carattere sconclusionato, erratico, ripetitivo e umorale) è ancora più grottesco del solito, con parole sprezzanti verso leader «deboli», che «vogliono essere politicamente corretti» ma sono incapaci di frenare l’immigrazione che ha reso irriconoscibili città come Parigi e Londra (alla parola Londra parte la consueta sequela di insulti contro il sindaco di origini pakistane Sadiq Kahn). Segue in compenso l’elogio del presidente ungherese Viktor Orbán e dell’argentino Javier Milei, che apparentemente c’entra poco con l’Europa, ma serve a Trump per dimostrare l’efficacia dei suoi endorsement, a conferma della sua intenzione di sostenere (anzitutto in Europa) le forze politiche a lui affini. Cioè i movimenti dell’estrema destra antieuropeista, con i quali la battaglia in nome della libertà di espressione, contro ogni tentativo di mettere un freno ai discorsi di odio e alla disinformazione, specialmente online, realizza una perfetta convergenza di interessi tra nazi-populisti e proprietari delle grandi piattaforme.
Non per niente, non appena l’Ue si è permessa di multare X, il social di Musk, peraltro per questioni che nulla hanno a che fare con la libertà di espressione, sono intervenuti nientemeno che il vicepresidente degli Stati Uniti Vance («L’Ue dovrebbe sostenere la libertà di parola invece di attaccare le aziende americane per delle sciocchezze») e il segretario di Stato Marco Rubio («I giorni della censura online degli americani sono finiti»), dimostrando così immediatamente cosa intendano realmente quando parlano di libertà di espressione. L’obiettivo è semplicemente la totale sottomissione, politica ed economica, dell’Europa, meglio ancora se divisa in tanti piccoli stati impotenti. Il tradimento dell’Ucraina si inserisce coerentemente in questa visione, e i retroscena sull’incontro di ieri tra Meloni e Zelensky confermano purtroppo la graduale, cauta, ma costante convergenza del nostro governo sulla linea americana, com’è purtroppo naturale che sia, date le premesse.
Leggi anche l’articolo di Mario Lavia su questo argomento
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