Federorafi, export in frenata nel Q1 2025 (-9,1%). Crollo della Turchia (-40,6%)
Cambio di passo nel 2025 per le esportazioni delle aziende italiane del settore orafo-argentiero-gioielliero. Dopo aver archiviato un 2024 con un export in crescita consistente (+41,4%), i primi tre mesi di quest’anno hanno accusato un’inversione di tendenza e flettono del 9,1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, registrando un valore di poco superiore a 3,35 miliardi di euro. È quanto emerge dalle prime elaborazioni del Centro Studi di Confindustria Federorafi su dati Istat.
Sulla performance incide in maniera significativa la Turchia che, dopo l’exploit del 2024, nel Q1 2025 perde terreno registrando una flessione del 40,6 per cento. Scendono anche gli Usa (-9,4%), mentre altri top market avanzano, come nel caso del +10,7% gli Eau, del +14,7% della Svizzera, del +8,9% della Francia e del +7,1% di Hong Kong.
Arezzo si conferma al primo posto tra le province italiane per valore esportato, nonostante abbia assistito a un decremento dell’export del 22,8% rispetto ai primi tre mesi del 2024. Con esportazioni superiori a 1,4 miliardi di euro, rappresenta il 41,3% del totale esportato dal settoriale. Seconda la provincia di Vicenza, che mostra un aumento del 5%, con un’incidenza del 18,9% sull’export totale nazionale (a 650,2 milioni di euro). Dopo essere stata quarta per gran parte del 2024, Alessandria riguadagna la terza posizione nel primo trimestre, nonostante il -14,4%, rappresentando una quota di vendite all’estero del 12,1 per cento. Passa in quarta posizione la provincia di Milano (-32,1%) mentre, rispetto al primo trimestre del 2024, è Torino a sperimentare un mini-boom delle esportazioni, in aumento del +421,2%, che la porta ad assicurare il 6% circa del totale nazionale.
“Il dato negativo del primo trimestre era atteso, così come ci aspettiamo un ulteriore peggioramento per i prossimi mesi per le inevitabili conseguenze dei dazi aggiuntivi Usa. Non ci allarma più di tanto la frenata della Turchia, perché il boom degli ultimi 18 mesi rappresentava un’anomalia per un target di imprese che sono meno del 3% del totale nazionale”, commenta in una nota Claudia Piaserico, presidentessa di Confindustria Federorafi.
Commentando le potenzialità di Paesi europei “vicini di casa”, la dirigente continua: “Non potranno, tuttavia, mai sopperire al crollo previsto negli Usa. È infatti certo che il +30% di dazi dal primo agosto rischia di essere un punto di non ritorno, per le nostre esportazioni oltre Atlantico. Le nostre stime – specifica – ci portano a calcolare che un +30% di dazio raddoppi (+60%) l’impatto sul prezzo di un gioiello unbranded venduto al consumatore americano, limitando la capacità di spesa di quella fascia media degli acquirenti stelle e strisce, che ha garantito le eccellenti performance di vendita dei nostri articoli in Usa (oltre il miliardo e mezzo di euro nel 2023)”.
Con una lente sul prossimo semestre, le previsioni dell’associazione degli industriali non sono delle più rosee, tenendo anche conto dell’aumento delle quotazioni delle materie prime preziose e dell’attesa svalutazione del dollaro sull’euro. Come specifica Piaserico, a oggi, oltretutto, non esistono i presupposti per delocalizzare le attività produttive negli States, come hanno dimostrato esperienze passate, “perché il gioiello italiano è un mix di creatività, heritage, manualità, tecnologia e innovazione, che si sviluppa e si alimenta grazie al modello tutto italiano del ‘distretto Marshalliano’, non replicabile fuori dai confini del Bel Paese”.
In ultima battuta, la presidentessa propone di rilanciare gli investimenti commerciali e di comunicazione nell’area attraverso accordi di fidelizzazione con la Gdo Usa (la grande distribuzione organizzata, ndr), che, per esempio, durante il Covid-19 ha dimostrato grande considerazione del prodotto e degli imprenditori italiani. Per assorbire il contraccolpo delle nuove tariffe occorre poi ricercare nuove opportunità in aree alternative, anche se non possono sostituirsi agli Usa. Oltre ai mercati europei, nel medio-lungo periodo potrebbe essere la volta di quelli africani.
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