Formula 1, la corsa al lusso (e alle sponsorizzazioni) è la vittoria più ambita

Lug 12, 2025 - 08:00
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Formula 1, la corsa al lusso (e alle sponsorizzazioni) è la vittoria più ambita
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Nelle 13 gare disputate quest’anno, sui circuiti di Formula 1 non è stato difficile pensare almeno una volta che “Victory travels in Louis Vuitton”, osservando i maxi cartelloni un tempo presidiati da Rolex e ora occupati da una ‘LV’ pronta alla partenza. Se questa trasposizione è stata immediata, lo si deve al maxi impegno di Lvmh nei confronti della competizione, di cui è – proprio da quest’anno – premium partner insieme a molti suoi brand.

Un incastro di sponsorizzazioni che, oltre a Vuitton, include Tag Heuer e Moët & Chandon e che, secondo quanto riportato dal Financial Times, ruoterebbe attorno a un accordo del valore di un miliardo di dollari in dieci anni. Molti zeri, sì, in un contesto dove i soldi sono da sempre il vero motore delle macchine, in uno spaccato che ha visto la categoria regina del motorsport, sotto l’egida di Liberty Media, entrare con l’intero abitacolo nell’extra lusso. A renderlo possibile, come sottolinea il quotidiano finanziario, sono proprio le numerose sponsorizzazioni. Tante che, per contarle tutte tra partnership con i piloti, monoposto, nomi delle scuderie, gran premi in pista e fuori, servirebbe forse l’intelligenza artificiale.

Tra i tifosi della Rossa c’è ancora chi protesta per l’ingresso della multinazionale statunitense Hewlett-Packard (HP), diventata title sponsor – a Maranello mancava dai tempi di Mission Winnow a fine 2021 – grazie a un accordo che, secondo rumors ed Eurosport, varrebbe circa 100 milioni di dollari (85 milioni di euro), un importo analogo a quello che lega Red Bull a Oracle. Numeri importanti, che nella pratica aiutano le scuderie a coprire più della metà delle spese legate al budget cap (quanto una squadra può spendere in una singola stagione), che con 24 gp in calendario è fissato attorno ai 140 milioni di dollari per la stagione in corso. Un divario significativo rispetto al passato, quando prima della regolamentazione finanziaria introdotta nel 2021 i top team arrivavano a spendere cifre astronomiche, pari a 300-400 milioni di dollari.

Tra le tante sponsorizzazioni fanno testo anche i nomi dei circuiti, i cui diritti di naming quest’anno, per la prima volta, sono stati venduti per ogni tappa del calendario. L’ultima gara disputata, vinta dal giovane pilota McLaren Lando Norris, ha preso il nome di Qatar Airways British Grand Prix, con la compagnia qatariota che è Global Partner e Official Airline della Formula 1 fino al 2027. A indicare che sì, anche gli spostamenti sono sponsorizzati e all’insegna del lusso più esclusivo.

In Australia, a inizio stagione, i diritti erano stati acquisiti direttamente dal gruppo guidato da Bernard Arnault, con il magnate francese che potrebbe essere la chiave per un’experience che, proprio come nel fashion luxury, lascia andare il segmento premium (nella moda il paragone è con il cliente aspirazionale) e i fan della vecchia guardia, per elevare ancora di più lo status della competizione verso l’extra lusso, con una ‘clientela’ pronta a spendere, come già avviene nelle tappe statunitensi, biglietti a tre zeri. Basti pensare che, per il Qatar Airways British Grand Prix a Silverstone, un pacchetto Vip ufficiale ha toccato le 4.400 sterline a persona (5mila euro).

Nicholas Biebuyck, direttore heritage di Tag Heuer, afferma – sempre secondo quanto riportato dal quotidiano inglese – che l’accordo del gruppo d’Oltralpe con la F1 aveva una motivazione chiara: “La Formula 1 vuole elevare la percezione del proprio marchio a marchio di lusso, e chi meglio del conglomerato di lusso più prezioso al mondo, Lvmh, per aiutarli a farlo?”. A ribadirlo è anche la presenza, dal 2016, di Tag Heuer, “orgogliosa di essere partner e cronometrista ufficiale del team di Formula 1 Oracle Red Bull Racing” e, da quest’anno, cronometrista ufficiale dell’intera competizione (ruolo ricoperto fino allo scorso anno da Rolex, che si presume abbia scelto di lasciare per motivi di coerenza di brand rispetto alla spettacolarizzazione massiccia del circuito).

Una collaborazione che affonda radici ben più profonde: il brand di casa Lvmh è stato infatti il primo marchio non automobilistico a collaborare con un team di F1, sponsorizzando la Ferrari nel 1971. Del resto, questo spiega i ‘siparietti’ che vedono spesso i piloti nelle video interviste intenti a toccarsi i capelli o a sistemare i guanti pur di mostrare l’orologio della scuderia, con sponsor che spaziano da Tag Heuer a Tudor, passando per H. Moser & Cie, Girard-Perregaux, IWC Schaffhausen e Richard Mille. Prima delle interviste e sul podio, tutto deve essere in bella vista.

La motivazione dietro le strategie dei marchi? Costruire un’associazione immediata e scolpita nell’immaginario comune, come accade per Rolex con Wimbledon, dove è presente dal 1978. Così, alcuni sport sembrano aver riconosciuto meglio di altri la longevità dei marchi di lusso come modello per il loro successo futuro. “Vediamo sport che vogliono diventare marchi a tutti gli effetti”, spiega Biebuyck. “Possono vedere che avere un brand conferisce loro un livello di solidità, protezione e isolamento che l’essere solo un franchise non offre”.

Ma se da un lato lusso e sport corrono insieme verso un posizionamento sempre più alto, dall’altro la sfida per il futuro sarà mantenere l’equilibrio tra esclusività e passione popolare. Con biglietti a tre zeri e pacchetti vip in crescita, il rischio è che la ‘lussoficazione’ dello sport trasformi la Formula 1 in un prodotto inaccessibile proprio per chi, da sempre, la segue con fedeltà. Un quesito che da qualche settimana si pongono anche i tanti fan della Moto Gp, passata ora nelle mani di Liberty Media.

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Redazione Redazione Eventi e News