Gestiva il bar Libeccio dal carcere attraverso prestanome: in appello pena ridotta per Angelo Russo e tre assoluzioni


Genova. Tre assoluzioni e tre pene ridotte appello nella vicenda che riguarda la gestione del bar Libeccio di Pegli e che a fine ottobre del 2023 aveva portato all’esecuzione di sei misure di custodia cautelare. Pene ridotte da 4 anni a 3 anni e 4 mesi per Angelo Russo, a un anno e sei mesi per Liberato Soriente (due anni in primo grado) e a dieci mesi di reclusione per Antonietta Russo (un anno in primo grado). Assolti dalla corte d’appello di Genova Francesco Cinquegranella e Antonio Novelletti,
Il processo si è svolto con rito abbreviato. Secondo gli investigatori della guardia di finanza, squadra mobile e Sisco, il bar Libeccio nonostante risultasse di proprietà di Soriente veniva gestito dal carcere da Angelo Russo.
Russo era stato arrestato a Genova nel 2019 nel corso di un’operazione antidroga condotta dalla Procura di Napoli perché ritenuto parte di una rete di narcotrafficanti con base nel capoluogo campano. Il detenuto avrebbe usato soldi di dubbia provenienza per gestire il locale provvedendo anche alla ristrutturazione dopo un misterioso incendio doloso divampato nel 2016.
Per condurre il locale Russo si sarebbe avvalso, oltre che di Soriente (difeso dall’avvocato Mario Iavicoli, anche di altre persone di propria fiducia, tra le quali il figlio Mario (anche lui assolto dai giudici) appositamente trasferitosi a Genova da Napoli, rimasto recentemente ferito in un agguato perpetrato con colpi di arma da fuoco nel Rione Traiano.
Sono inoltre intervenuti nella gestione del “Libeccio”, sempre per conto di Angelo Russo, anche altre persone, a questi ritenute vicine, tra cui Francesco Cinquegranella, figlio di un esponente di spicco della camorra, latitante dal 2002, Antonio Novelletti e una sorella dello stesso Angelo Russo, Antonietta. Cinquegranella e Novelletti, assistiti dall’avvocata Alessia Sanna, in appello sono stati assolti.
L’accusa aveva in un primo momento contestato l’aggravante di aver voluto agevolare la camorra, aggravante che poi è decaduta. In primo grado tutti e sei gli imputati erano stati condannati
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