Il diritto alla riparazione: una leva concreta per la sostenibilità e l’equità sociale

Dicembre 18, 2025 - 15:11
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Il diritto alla riparazione: una leva concreta per la sostenibilità e l’equità sociale

La Direttiva europea sulle “norme comuni per la promozione della riparazione dei beni” rappresenta un passaggio fondamentale nella strategia dell’Unione europea per rendere i consumi più sostenibili. L’obiettivo è chiaro: estendere la vita utile dei prodotti, ridurre lo spreco di risorse, incentivare la riparazione e il riuso e accompagnare la transizione verso un’economia realmente circolare.

La Direttiva si applica ai beni per i quali l’Unione europea ha già introdotto requisiti di riparabilità negli atti normativi vigenti. Parliamo, in particolare, di elettrodomestici e dispositivi di largo consumo come lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi, display elettronici, telefoni cellulari, server e altri prodotti ad alto impatto ambientale. Si tratta di beni che, se non riparati, alimentano in modo significativo il flusso dei rifiuti elettronici, che nell’Unione europea superano i 10 chilogrammi pro capite all’anno. La Direttiva rafforza in modo sostanziale la tutela dei consumatori.

Viene infatti introdotto l’obbligo, per i fabbricanti, di riparare, su richiesta del consumatore, un bene difettoso anche al di fuori del periodo di garanzia legale, purché il prodotto rientri tra quelli per cui sono previste condizioni di riparabilità. I produttori sono inoltre tenuti a mettere a disposizione pezzi di ricambio e strumenti a prezzi “ragionevoli” e per un periodo minimo stabilito, evitando pratiche contrattuali, hardware o software che ostacolino la riparazione se non giustificate da motivazioni oggettive. Un altro elemento centrale è l’introduzione della European Repair Information Form, uno strumento standardizzato che garantisce trasparenza sui costi, sui tempi e sulle condizioni della riparazione. A questo si affianca la creazione di una piattaforma europea per la riparazione, pensata per facilitare l’incontro tra consumatori e riparatori, rendendo la riparazione una scelta semplice, informata e accessibile.

Nei giorni scorsi, alla Camera dei Deputati, abbiamo lavorato al recepimento e al rafforzamento di questa Direttiva attraverso una proposta di legge nazionale. In questo contesto ho presentato una serie di emendamenti, con un obiettivo preciso: trasformare i principi del diritto alla riparazione in strumenti concreti ed efficaci. Ho proposto, innanzitutto, di prevedere esplicitamente la possibilità di utilizzare parti di ricambio compatibili, anche di seconda mano o realizzate mediante tecniche di stampa 3D. Una scelta che consente di ridurre i costi per i consumatori e l’impatto ambientale, garantendo al contempo sicurezza e piena conformità alle normative europee e nazionali. Ho inoltre lavorato per rafforzare l’efficacia della piattaforma di riparazione, introducendo obblighi di informazione e diffusione affinché sia realmente conosciuta e utilizzata da cittadini e operatori economici. Un altro punto qualificante riguarda l’informazione e la formazione pubblica: ho chiesto che vengano previste iniziative dedicate a consumatori e operatori, per facilitare l’accesso alla piattaforma e promuovere una vera cultura della riparazione.

Senza conoscenza e competenze diffuse, il diritto alla riparazione rischia infatti di restare sulla carta. Fondamentale, poi, il tema dei costi. Gli emendamenti prevedevano che le parti di ricambio e gli strumenti fossero messi a disposizione a prezzi equi e accessibili, affinché la riparazione sia una scelta realmente conveniente rispetto alla sostituzione. In questa logica si inserisce anche la possibilità di sostituire un bene, nell’ambito di un intervento di riparazione, con un prodotto ricondizionato, nel pieno rispetto dei diritti del consumatore e dei principi dell’economia circolare.

 Ho inoltre rafforzato il collegamento tra diritto alla riparazione e tutela ambientale, proponendo il divieto di produzione e immissione sul mercato di sostanze che riducono lo strato di ozono, in linea con il Protocollo di Montréal, e la progressiva eliminazione dei gas fluorurati attraverso l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili. Infine, grande attenzione è stata dedicata alla dimensione sociale della transizione ecologica. Gli emendamenti prevedevano l’istituzione di regimi di sostegno per famiglie, imprese e consumatori vulnerabili a reddito basso e medio-basso, per incentivare l’acquisto di prodotti finali delle tecnologie a zero emissioni nette.

A questo si affiancavano misure per favorire la diffusione di tali tecnologie e il potenziamento del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, attraverso assunzioni e strumenti adeguati, per garantire un’attuazione efficace delle nuove competenze. Nel loro insieme, questi emendamenti miravano a rendere concreti gli obiettivi della Direttiva: accessibilità alla riparazione, trasparenza, formazione, sostegno economico ed economia circolare. Essi allineavano l’Italia a una visione della transizione verde che non dimentica la giustizia sociale, sostenendo famiglie e consumatori più fragili e valorizzando il lavoro della riparazione.

La Direttiva sulla riparazione rappresenta un passo decisivo verso un modello di consumo più sostenibile e verso il rafforzamento dei diritti dei consumatori. I miei emendamenti andavano esattamente in questa direzione, rendendo il diritto alla riparazione più vicino alla vita reale delle persone. Per questo resta per me un mistero la loro bocciatura. La vera sfida, oggi, è l’attuazione concreta della legge: ampliare l’ambito di applicazione, raggiungere riparatori e consumatori, garantire prezzi realmente accessibili e superare gli ostacoli legali o tecnologici che ancora limitano l’uso di ricambi compatibili. In Italia sarà essenziale una collaborazione stretta tra Governo e operatori economici, affinché il diritto a riparare non resti un principio astratto ma diventi una pratica quotidiana.

Anche dal punto di vista economico, la riparazione è una grande opportunità: il valore del mercato europeo del settore supera i 2,9 miliardi di euro. Un dato che dimostra come investire nella riparazione significhi tutelare l’ambiente, sostenere famiglie e imprese e creare valore per il territorio. Trasformare il diritto alla riparazione in realtà è una scelta di buon senso, ambientale, sociale ed economico.

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