Le lasagne di San Salvario

Dicembre 24, 2025 - 08:48
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Le lasagne di San Salvario

«Ti fermi a mangiare?». A Giovanna Solimando è difficile dire di no. La chiami il venerdì alle 18 e in mezz’ora ti organizza un tour per il giorno successivo, coinvolge persone e apre porte. Io sono bravissima a declinare inviti, soprattutto ai pranzi di Natale. Ma a lei, senza pensare, ho detto sì. Così mi sono ritrovata seduta in una stanza piena di persone, tre tavolate una accanto all’altra e una porzione di lasagne nel piatto. Qualcuno l’aveva coperta per evitare che si raffreddasse. Catapultata dentro il Natale di San Salvario a Torino, nella prima Casa del quartiere nata in città.

Case del Quartiere, esercizi di cittadinanza

Le Case del Quartiere di Torino sono presidi di partecipazione e perseveranza. Edifici rigenerati che si portano dentro tutte le vite che li hanno attraversati. Bagni pubblici in pezzi di quartiere in cui le docce in casa erano in pochi ad averle. Cascine recuperate oppure officine, che hanno smesso di produrre ciò per cui erano nate e oggi erogano servizi di prossimità. Nate dalla sinergia tra Città di Torino e Compagnia di San Paolo, sono spazi civici multifunzionali, gestiti da organizzazioni del Terzo settore in partenariato con il Comune. Sono il posto in cui andare se vuoi raccontare una Torino “laica”, che possa dare voce a tutti, senza bandiere né appartenenze.

Giovanna Solimando, presidente della Casa del Quartiere San Salvario.

Quella di San Salvario è la più longeva. Nata nel 2003, è aperta sette giorni su sette dalle 9 a mezzanotte e gestita dall’Agenzia per lo sviluppo locale di San Salvario, un ente composto da 27 associazioni. Di fronte all’aiuola intitolata a Natalia Ginzburg, che a pochi metri da qui visse per un periodo con il marito, c’è una chiesa. Fuori c’è il bucato di un giovane di origine africana che sta ancora dormendo, il monopattino accanto e un viso che tutti qui conoscono per nome. Dentro ci sono i vestiti puliti e riordinati per chi mercoledì mattina si metterà in fila e indicherà la propria taglia ai volontari.

Quattro gradini e si apre un mondo

Oltre i quattro gradini della Casa del Quartiere, è tutto un brulicare di persone che si salutano. Merito del pranzo realizzato con i prodotti donati da Nova Coop. Alcuni si conoscono da tempo, altri si vedono qui per la prima volta. Tutti frequentano questo edificio all’angolo tra via Morgari e via Belfiore: ci sono i bambini delle attività sportive e i signori che ogni mercoledì partecipano al gruppo “Nonni insieme”, donne che allo sportello di ascolto hanno confidato dolori grandi, uomini che hanno sanato difficili pratiche burocratiche. Anziani che a casa sentono freddo, quello vero, invece qui si scaldano (e non è soltanto questione di temperatura).

Il pranzo di Natale alla Casa del Quartiere San Salvario. (Fotografia di Roberto Arnoffi)

Di fronte a me, una donna chiacchiera con due volontari di un’associazione che consegna pacchi alimentari. Non smettono un minuto di raccontare l’impegno, urgente, e la necessità di un ricambio generazionale: «Siamo tutti over70», dicono. Interviene Solimando, la stessa che mi ha invitata al pranzo. È la presidente della Casa del Quartiere, chiama commensali da altri tavoli e in cinque minuti c’è un piano d’azione per far partire una call tra i giovani. «Voi avete bisogno di braccia, loro hanno bisogno di fiducia», dice.

Felicità sospese

In un angolo del grande salone, sono accatastati alcuni pacchi regalo. Sono stati donati dall’associazione Manzoni People, composta dai genitori dei bambini che frequentano la scuola omonima. Le operatrici sociali Sara Caruso, Sonia Tavarone e Francesca Vaglio li consegneranno uno a uno all’uscita, con discrezione e rapidi abbracci.

In mezzo a questo vociare di persone, ci sono felicità sospese, di cui nessuno sa. Giovanni vive da solo, in un garage: non ha la possibilità di cucinare, ma qui alla Casa c’è chi lo aiuta con la spesa e qualche piatto pronto. Marin vive con il suo bambino più piccolo in una struttura di accoglienza. È arrivata in Italia su un barcone, porta i segni di ferite profonde, ma le operatrici la descrivono come «una donna rifiorita». Ci sono mediatrici e volontari come Maria, che senza dire nulla si è prenotata e ora è qui, in un giorno di festa.

Canzoni, sogni e lasagne

Il pranzo è quasi finito, manca soltanto il dolce. Un gruppo di ospiti si alza in piedi, indossano tutti una spilla e un foulard arancione. Si avvicinano al piccolo palco allestito al fondo della sala, uno di loro imbraccia una chitarra, qualcuno inizia a distribuire quaderni pieni di canzoni. Tommaso Cerasuolo, il cantante dei Perturbazione (un gruppo che qui a Torino è un’istituzione), si avvicina al microfono: «Siamo il Coro senza dimora, cantiamo al Barrito ogni mercoledì dalle 14,30 alle 16,30. Chiunque è il benvenuto a un’unica condizione: partecipare al cerchio della condivisione».

Le operatrici sociali della Casa del Quartiere San Salvario Sara Caruso, Sonia Tavarone e Francesca Vaglio.

Per un ensemble dedicato ad adulti che vivono condizioni di fragilità e non solo (Veronica Rossi ne ha raccontato la storia qui) è importante sognare: «Per questo giochiamo ogni volta a immaginare di essere qualcuno o qualcosa», spiega Orlando Manfredi, coordinatore del coro insieme a Cerasuolo. «Se fossi cane, sarei un bassotto. Se fossi cielo, sarei nuvole». E se fossi la guerra?, dice la prima canzone. «Sarei renitente». 

Fuori si sta facendo buio, dentro scatta un applauso. I coristi invitano a prendere i quaderni e a cercare la canzone numero 8. Ci ritroviamo tutti a cantare Scende la pioggia di Gianni Morandi: «Ognuno pensa solo a se stesso…», dice la strofa. Non qui. È ora di andare, l’uomo seduto alla mia destra mi chiede: «Erano calde le lasagne?».

In apertura, il Coro senza dimora. (Fotografia di Roberto Arnoffi)

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