Riforma della Corte dei Conti: perché cambia il rapporto tra politica e responsabilità pubblica
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La riforma della Corte dei Conti, approvata in via definitiva dal Senato il 27 dicembre 2025, rappresenta uno dei cambiamenti più incisivi degli ultimi anni nel sistema di controllo sull’uso delle risorse pubbliche. Il provvedimento interviene sul cuore della responsabilità amministrativa, modificando il regime del danno erariale e ridefinendo il ruolo della magistratura contabile nei confronti della politica e degli apparati amministrativi.
Fin dalla sua approvazione, la riforma ha diviso profondamente istituzioni, partiti e opinione pubblica, alimentando un dibattito che va ben oltre gli aspetti tecnici e tocca l’equilibrio dei poteri dello Stato.
Cosa cambia con la riforma della Corte dei Conti
Il punto più controverso della riforma riguarda la limitazione del risarcimento per danno erariale. In caso di errore grave accertato, amministratori e dirigenti pubblici non potranno essere chiamati a rispondere per l’intero ammontare del danno causato, ma solo entro un tetto massimo fissato al 30% del danno o, in alternativa, a due annualità di stipendio lordo. La parte restante del danno, di fatto, rimarrà a carico della collettività.
Accanto a questo limite, la riforma introduce un nuovo meccanismo di silenzio-assenso: qualora la Corte dei conti non si pronunci entro trenta giorni su una richiesta di controllo o parere preventivo, l’atto amministrativo si considera automaticamente legittimo. In tali casi, chi lo ha adottato non potrà essere chiamato a rispondere successivamente per responsabilità contabile.
Secondo il legislatore, l’obiettivo è superare la cosiddetta “paura della firma”, un fenomeno che negli ultimi anni avrebbe paralizzato molte decisioni pubbliche, rallentando investimenti e opere strategiche.
Chi ha voluto la riforma e perché
La riforma della Corte dei Conti è stata fortemente sostenuta dalla maggioranza di centrodestra e dal governo guidato da Giorgia Meloni, che ha più volte denunciato un eccesso di controllo da parte della magistratura contabile sulle scelte politiche. La linea dell’esecutivo è chiara: la Corte deve accompagnare e orientare l’azione amministrativa, non bloccarla o condizionarla a posteriori.
Non è un caso che l’approvazione della riforma sia arrivata in un momento di forte tensione istituzionale, subito dopo alcune decisioni della Corte dei conti su grandi progetti infrastrutturali, come la bocciatura del Ponte sullo Stretto, considerate dal governo come indebite interferenze nel merito delle scelte politiche.
Per la maggioranza, il nuovo impianto normativo restituisce centralità alla politica eletta e garantisce maggiore certezza del diritto a chi amministra.
Gli effetti sugli equilibri tra politica e magistratura
Dal punto di vista istituzionale, la riforma segna un cambiamento negli equilibri e nei rapporti di forza tra politica e magistratura contabile. Limitando la responsabilità personale degli amministratori e ampliando il controllo preventivo, il legislatore riduce il potere sanzionatorio ex post della Corte dei conti.
L’Associazione nazionale dei magistrati contabili ha definito la riforma una “pagina buia” per la tutela delle finanze pubbliche, sostenendo che l’indebolimento dei controlli successivi rischia di favorire sprechi, cattiva gestione e minore attenzione all’interesse pubblico. Secondo le voci critiche, il rischio non è solo contabile, ma anche costituzionale, perché viene ridimensionato il ruolo di un organo di garanzia previsto dalla Carta.
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