Il fascino fasciante degli abiti guaina: il ritorno più audace della moda Y2K
Tornano dove tutto era cominciato: sulle curve. Gli abiti guaina, o bandage dress, per chi ha vissuto i red carpet degli Anni 90 – sono di nuovo tra noi. Ma non come li ricordavamo. Oggi sfilano con disinvoltura sui social, indossati da ventenni che mescolano nostalgia estetica e consapevolezza corporea. La silhouette è ancora scolpita, le fasce elastiche ancora avvolgenti, ma l’atteggiamento è cambiato. Se una volta l’abito guaina evocava perfezione, ora racconta libertà. È la Gen Z, con la sua fluidità, a riscrivere le regole del sexy.
La moda ci ha insegnato che tutto torna, ma in questo caso il ritorno ha una consapevolezza tutta nuova. Gli abiti guaina erano il pezzo forte di Hervé Léger, il designer francese che ha fatto dell’aderenza una forma d’arte. Nei suoi vestiti fascianti hanno brillato Cindy Crawford, Naomi Campbell, Claudia Schiffer. Poi, per anni, sono spariti dai radar, considerati troppo rigidi, troppo anni Duemila. Fino a oggi.
A riaccendere i riflettori, anche Hailey Bieber, che ha da poco sfoggiato un sinuoso bandage dress firmato Saint Laurent, nero, essenziale e iper femminile. Un look che unisce minimalismo parigino e sensualità Anni 90, consacrando l’abito guaina come nuova divisa delle it-girls contemporanee.

Hailey Bieber in Saint Laurent by Anthony Vaccarello
Una storia cucita su misura
Inventato da Hervé Léger nei primi Anni 90, l’abito guaina nasce con una missione precisa: scolpire il corpo come un bustier moderno, senza stecche né costrizioni. Il segreto? Una struttura fatta di fasce elastiche cucite insieme, capaci di avvolgere le forme con precisione chirurgica. Non è un caso che molte modelle lo paragonassero a una seconda pelle.
In quegli anni, l’abito guaina era sinonimo di glamour assoluto. Lo indossavano Cindy Crawford, Naomi Campbell, Eva Herzigova. Era il dress-code dei party più esclusivi, un simbolo di potere e seduzione. Negli anni Duemila è stato adottato anche da icone pop come Beyoncé e Kim Kardashian, che ne hanno fatto un alleato delle proprie forme, confermandolo come capo sculpting per eccellenza.

Cindy Crawford in Hervè Léger con Richard Gere agli Oscar nel 1993
Il fascino secondo la Gen Z
Oggi, l’abito guaina torna ma con un nuovo significato. A riportarlo in auge è una generazione cresciuta nel body positive, abituata a sfidare gli stereotipi. La Gen Z lo indossa senza paura, spesso con sneakers o giacche oversize, e lo trasforma da abito da sera a capo da giorno. Il look non vuole più essere perfetto, ma autentico. Il bandage dress diventa un manifesto personale, uno statement che dice: mi vesto per me, non per piacere. Un esempio su tutti: quello creato da Lizzo per il suo brand Yitty, caratterizzato da fit aderente, cut‑out generosi e scollatura all’americana che conferiscono l’aspetto di un bandage dress contemporaneo.
Dal red carpet a TikTok
Sulle passerelle P/E 2025, il bandage dress ricompare nei colori pastello, con cut-out strategici, scolli asimmetrici, dettagli drappeggiati. Ma la sua vera casa, oggi, sono i social. È lì che viene remixato, celebrato, reinterpretato. Su TikTok e Instagram spopolano versioni street, da abbinare a giacche bomber o stivali biker. Hailey Bieber, Dua Lipa e Zendaya lo indossano spesso in chiave Anni 90, mentre Kim Kardashian continua a promuoverlo attraverso il suo brand Skims. Kaia Gerber omaggia la mamma, indossando lo stesso abito di Hervé Léger.

Kaia Gerber in Hervé Léger
Via libera ai nuovi materiali
Nel 2025, gli abiti guaina si fanno anche sostenibili. Le fasce sono in materiali riciclati, le taglie più inclusive, le linee più fluide. Il bandage dress non è più esclusivo né elitario: è democratico, versatile, perfino politico. I brand emergenti lo propongono in colori vitaminici, con zip invisibili, tessuti tecnici e vestibilità adattive. Il concetto resta: esaltare il corpo. Ma senza costringerlo. Il nuovo sexy è consapevole, e l’abito guaina diventa quasi una tuta da supereroina: elastica, concreta, personale.
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