Longevità: si studiano le cellule staminali dei centenari per invecchiare meglio

Cosa rende alcune persone capaci di vivere oltre i cento anni, attraversando anche malattie gravi come il Covid-19, con una sorprendente resilienza? È la domanda alla base di un innovativo studio condotto all’Università di San Paolo, in Brasile, che analizza le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) di individui ultracentenari per comprendere i meccanismi della longevità.
Lo studio: un nuovo approccio nato dalla pandemia
Il progetto, guidato dal ricercatore Mateus Vidigal de Castro insieme alla genetista Mayana Zatz, ha preso una direzione inaspettata a causa della pandemia. «La difficoltà nel reperire campioni di sangue ci ha costretti a rivedere i piani iniziali. Ci siamo allora concentrati sui centenari guariti dal Covid-19 come modelli di resilienza biologica», ha spiegato de Castro in un’intervista rilasciata alla rivista Genomic Press.
Come riprogrammare le cellule adulte
Da qui l’intuizione: confrontare le cellule iPSC, (cellule adulte riprogrammate per tornare a uno stato “giovane” e pluripotente) di questi individui eccezionali con quelle di giovani pazienti che, pur essendo in età biologicamente favorevole, hanno subito gravi conseguenze dopo l’infezione da SARS-CoV-2. Il confronto ha permesso di osservare come reagiscono in laboratorio le cellule di chi ha superato i 110 anni, cercando le chiavi cellulari e genetiche della loro straordinaria resistenza.
Cosa incide davvero sulla longevità?
Oltre allo studio dei centenari, la ricerca brasiliana esplora anche i meccanismi dell’invecchiamento accelerato, analizzando rare sindromi cellulari che causano un invecchiamento precoce. L’obiettivo è doppio: comprendere tanto il deterioramento rapido quanto la longevità eccezionale per individuare i percorsi biologici comuni che regolano il tempo che scorre nel nostro organismo.
Obiettivo: identificare fattori cellulari per nuove terapie
Secondo i ricercatori, proprio l’osservazione delle differenze tra questi due estremi potrebbe condurre all’identificazione di fattori cellulari chiave, utili per progettare nuove terapie contro le malattie legate all’età, come Alzheimer, Parkinson e molte patologie cardiovascolari.
Un futuro di medicina personalizzata per l’invecchiamento attivo
Lo studio ha anche un importante risvolto sociale e antropologico. In un Paese come il Brasile, dove le disuguaglianze socioeconomiche e la diversità genetica sono molto marcate, la variabilità biologica dei partecipanti offre un’opportunità unica. «La ricchezza genetica della nostra popolazione – sottolinea de Castro – può svelare informazioni preziose. Il nostro obiettivo è identificare i percorsi cellulari più attivi nelle cellule dei centenari, per sviluppare strategie preventive mirate e promuovere un invecchiamento più sano e longevo per tutti». La ricerca è ancora in corso, ma le sue prospettive sono promettenti: potremmo essere sempre più vicini a una medicina capace non solo di curare le malattie dell’età avanzata, ma di prevenirle, allungando gli anni di vita in buona salute. E, forse, rendendo la longevità una possibilità per molti, non un privilegio per pochi.
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