Mentre il lusso si rifugia nei rialzi, l’incertezza fa decollare tax free e second hand
La sferzata patriottica del Liberation Day di Donald Trump, quando lo scorso 2 aprile il neo-eletto Presidente statunitense ha annunciato la volontà di raggiungere “l’indipendenza economica americana” con un ambizioso piano di dazi verso tutti o quasi i Paesi del mondo, ha immediatamente generato un clima di prolungata incertezza. Negli ultimi due mesi, lo stallo sulle tariffe, in un continuo braccio di ferro tra Usa e Cina da un lato, e tra Usa e Unione europea dall’altro, aggravato dalla sentenza della Us Court of International Trade ha portato a un’elevata volatilità dei mercati azionari, in particolare nel settore del lusso. L’indice S&P Global Luxury, che include 80 tra le principali aziende del comparto, rappresenta il barometro di questa tendenza: dopo la flessione di aprile, in risposta alle dichiarazioni di Trump, l’indice ha visto un recupero nel mese di maggio, in vista di possibili allentamenti delle tensioni commerciali. La politica tariffaria del neo Presidente e, soprattutto, la mancanza di certezza sulla sua effettiva applicazione, potrebbero portare serie ripercussioni anche in ‘casa’. A fine maggio, Austan Goolsbee, presidente della Federal Reserve Bank di Chicago, ha avvertito che le politiche dell’amministrazione potrebbero innescare stagnazione, inflazione e aumento della disoccupazione negli Stati Uniti. Un rischio che, per effetto domino, colpirebbe anche l’economia globale.
NUOVE OPPORTUNITÀ PER IL TAX FREE
Di fronte a questa situazione, il mondo del lusso si è trincerato dietro a possibili aumento di prezzo, una strategia che già ha caratterizzato l’alto di gamma negli ultimi anni ma, c’è da specificare, per questioni non prettamente geopolitiche. Lvmh è stata una delle prime a parlare di ipotetici ritocchi dei prezzi dei suoi prodotti premium negli Usa del 2-3% per compensare i dazi, escludendo però cognac e i cosmetici di fascia bassa. Prima ancora si è mossa Hermès, che aveva anticipato l’ipotesi in occasione della diffusione dei dati trimestrali. L’aumento, in realtà, sarebbe già concretamente avvenuto secondo un’analisi di Bernstein che ha confrontato i listini di alcuni modelli tra il 30 aprile e il 6 maggio. Ebbene, la media ponderata degli incrementi dei prezzi è stata tra il 4 e il 5 per cento. Strategia analoga anche per Rolex, che ha dichiarato di rivedere i prezzi dei suoi orologi negli Stati Uniti del 3 per cento. L’elenco è lungo e tocca anche il segmento premium. Otb ha ammesso che è allo studio la possibilità di un ritocco tra l’8 e il 9% dei listini per neutralizzare l’eventuale effetto dazi. Insomma, se confermate, queste imposte porteranno a un sensibile aumento dei prodotti venduti negli Usa.
Con il rincaro di buona parte dei beni nel territorio statunitense, potrebbe aprirsi uno scenario interessante per il tax free in Italia e in Europa. I turisti a stelle e strisce già rappresentano la principale nazionalità nel tax free nel Belpaese ed è quindi probabile che nei prossimi mesi aumentino i viaggi lungo lo Stivale, anche con l’ottica di fare acquisti senza essere gravati dai balzelli daziari. Lo scenario, va specificato, è ancora tutto in divenire – come confermato da Stefano Rizzi, managing director Italy di Global Blue, società che offre servizi di tax free shopping ai turisti stranieri in Italia e nel mondo. “Le incertezze sul fronte macroeconomico, come quelle legate alle tensioni commerciali, in generale non rappresentano un contesto di mercato favorevole”, precisa Rizzi, sottolineando come sia ancora prematuro valutare con precisione l’impatto di una politica di dazi sui prodotti europei. “Tuttavia – aggiunge – si può ipotizzare che una misura di questo tipo possa penalizzare l’export italiano, ma allo stesso tempo incentivare gli acquisti da parte dei turisti americani in viaggio nel nostro Paese: tali acquisti, infatti, non sarebbero gravati dai dazi. Un altro fattore da considerare è l’andamento del cambio euro-dollaro: la recente debolezza della valuta statunitense potrebbe ridurre il potere d’acquisto dei viaggiatori americani, con possibili effetti negativi sulla spesa”. Sono scenari ancora da verificare. “Ciò che invece è già osservabile è il costante incremento della spesa tax free da parte degli shopper Usa anche in questa prima parte del 2025: +15% nel primo trimestre. Un segnale che ci porta a ritenere che questa nazionalità continuerà a rappresentare un motore trainante per il settore anche nei prossimi mesi”, conclude Rizzi. l
LA CHANCE DEL SECOND HAND
L’altro ambito che potrebbe trarre vantaggio dall’innalzamento della barriera dei dazi è quello del mercato del second hand negli Usa, che già da tempo vive una fase particolarmente florida. Secondo l’ultimo report annuale del marketplace di rivendita online ThredUp, il mercato dell’usato statunitense è cresciuto cinque volte più rapidamente rispetto al più ampio mercato dell’abbigliamento al dettaglio nel 2024 e dovrebbe raggiungere i 74 miliardi di dollari (quasi 65 miliardi di euro al cambio attuale) entro il 2029. E proprio il CEO di ThredUp, James Reinhart, a inizio maggio – in occasione della presentazione dei dati del primo trimestre – ha dichiarato che le misure di Trump sulle importazioni cinesi potrebbero rafforzare la crescente preferenza degli acquirenti per l’abbigliamento di seconda mano. Insomma, il mondo della moda e del lusso resta alla finestra, in attesa di capire l’impatto reale delle misure annunciate dal presidente americano. Nel frattempo, oltreoceano ci si organizza, anticipando gli acquisti ora che le tariffe sono ancora in stand-by. Ad aprile, ad esempio, le vendite di orologi svizzeri di lusso sono balzate del 149%, incluse quelle di modelli di secondo polso. Una strategia che riempie le tasche nel breve periodo, ma rischia di compromettere la sostenibilità del business nel lungo termine.
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