Perché ci sono così poche stiliste donne?
Facciamo un gioco: dovendo nominare tre stilisti al volo, senza pensarci, chi vi viene in mente? E se doveste nominare tre stiliste? Ci sono buone probabilità che questa seconda domanda abbia richiesto più tempo per rispondere, e non è un caso. Il settore della moda soffre di una sistematica mancanza di donne nei ruoli apicali, specialmente tra i direttori creativi.
Le dimissioni di Maria Grazia Chiuri e Donatella Versace
La discussione si è riaperta dopo due “dimissioni” eccellenti nel turbolento valzer delle nuove nomine: Donatella Versace, che ha guidato il marchio della Medusa dopo la morte del fratello, sarà sostituita da Dario Vitale. Maria Grazia Chiuri, che ha lasciato Dior dopo nove anni, sarà sostituita da Jonathan Anderson.
Attualmente, i vertici delle principali Maison del lusso sono occupati da uomini. Da LVMH brilla l’eccezione di Sarah Burton, che ha preso le redini di Givenchy dopo aver lasciato Alexander McQueen. Da Bottega Veneta, invece, tutti i riflettori sono puntati su Louise Trotter, l’ unica direttrice creativa donna tra gli stilisti del gruppo Kering, lo stesso proprietario di Gucci (ora passato sotto al timone di Demna) di Saint Laurent di Alexander McQueen e di Balenciaga, che ha appena annunciato il nome di Pierpaolo Piccioli come direttore creativo.

Maria Grazia Chiuri durante l’ultima sfilata come stilista di Dior (Photo by Federico Lomartire/WWD via Getty Images)
Le (poche) stiliste nei grandi gruppi del lusso
OTB conferma il trend: tra Diesel, Marni e Maison Margiela, i principali nomi del portfolio, non c’è neanche una donna. Chloé, che afferisce al gruppo Richemont, è attualmente guidato da Chemena Kamali, designer che raccoglie il testimone di celebri colleghe come Phoebe Philo e Clare Waight Keller, oltre che della fondatrice Gaby Aghion.
Molte delle stiliste più note e influenti guidano i brand che hanno fondato: Miuccia Prada, Stella McCartney, Victoria Beckham, le sorelle Mary-Kate e Ashley Olsen di The Row e Phoebe Philo, che dopo aver sublimato l’estetica di Celine è tornata con un’etichetta omonima. Perfino i brand fondati da donne, come Schiaparelli e Chanel, oggi hanno direttori creativi uomo: Daniel Roseberry e Matthieu Blazy, che ha sostituito una donna (Virginie Viard) nella direzione del brand.

Miuccia Prada e Donatella Versace insieme a Parigi (Photo by Michel Dufour/WireImage)
Donne che vestono le donne
Per un pregiudizio duro a morire, la moda viene considerata ancora come “da donne” – sia come consumatrici finali, sia come forza lavoro – ma ai massimi livelli ci sono solo uomini. Un dato che dovrebbe farci riflettere soprattutto perché la maggior parte degli studenti delle scuole di moda – e quindi dei neolaureati – è costituita da ragazze. Cosa succede dopo?
Allargando la prospettiva, ci si rende conto nelle altre grandi piazze della moda – specialmente Londra e New York – la situazione è molto diversa e tendenzialmente più equilibrata. Anche tra i brand indie spiccano molte stiliste di talento, che ottengono ottimi riconoscimenti di pubblico e critica, come Hillary Taymour (fondatrice di Collina Strada) o Magda Butrym. All’ITS di Trieste, celebre concorso per emergenti del settore, le donne arrivate in finale erano sei su dieci.
C’è anche un altro tema da considerare: cosa ci stiamo perdendo con questa mancanza di rappresentanza? Molti uomini hanno celebrato, valorizzato e liberato il corpo femminile, ma le stiliste hanno l’indubbia capacità di vivere sulla propria pelle le esigenze delle clienti, di avere un osservatorio privilegiato. Il talento è equamente distribuito tra i due generi ma le occasioni, forse, ancora no.
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