Quando i camerieri venivano pagati £2 l’ora. Il salario minimo UK
Chi ha lavorato in un ristorante, in un bar o in un hotel del Regno Unito tra la fine degli anni Novanta e la fine degli anni Duemila si è trovato a vivere una contraddizione profonda. Da un lato, la proclamata modernizzazione del diritto del lavoro e l’introduzione del National Minimum Wage dovevano garantire a tutti una soglia salariale dignitosa, che all’epoca fu fissato sotto i £4 l’ora . Dall’altro, un sistema di mance gestito in modo opaco consentiva ai datori di lavoro di pagare salari da fame, integrati con le tips dei clienti. Questa pagina poco conosciuta della storia del lavoro britannico rivela non solo un enorme squilibrio di potere tra aziende e dipendenti, ma anche come una sentenza giudiziaria possa legittimare pratiche controverse, finché la pressione sociale e politica non impone una correzione.
Il contesto storico: dal National Minimum Wage alle mance come integrazione salariale
Quando nel 1999 il Regno Unito introdusse il National Minimum Wage Act del 1998, la legge venne salutata come una conquista fondamentale. Per la prima volta, si stabiliva un livello minimo di retribuzione oraria e nessun datore di lavoro avrebbe potuto scendere al di sotto di quella soglia. Tuttavia, proprio nel settore della ristorazione, dove gli stipendi erano storicamente bassi e le mance costituivano una parte rilevante del reddito, emerse subito una zona grigia legale.
Il meccanismo era semplice: le aziende potevano contare le tips versate dai clienti – anche quelle pagate con carta di credito – come parte del salario. In questo modo, molte catene di ristoranti e pub si limitarono a corrispondere paghe di poche sterline l’ora, giustificandosi con il fatto che i lavoratori raggiungevano la soglia minima grazie alla generosità dei clienti. Secondo testimonianze raccolte in quegli anni, non era raro percepire un salario base di £2 o £3 l’ora, mentre la differenza veniva colmata con le mance gestite attraverso un sistema chiamato tronc.
Il tronc era un fondo comune in cui affluivano le mance pagate con carta o aggiunte al conto. A volte veniva amministrato da un troncmaster indipendente, ma in molti casi il datore di lavoro ne deteneva il controllo effettivo. Questo sistema aveva un problema strutturale: rendeva l’integrazione al salario poco trasparente, esponendo i lavoratori a sottrazioni arbitrarie e a ritorsioni.
Nonostante le critiche dei sindacati, il governo e i tribunali inizialmente riconobbero la piena legalità di questo metodo. Una sentenza del 2005 confermò che le mance versate nel tronc aziendale potevano essere computate come parte del National Minimum Wage. Ciò aprì la strada ad abusi diffusi, certificati anche da inchieste della stampa.
Un’indagine del Guardian del 2008 evidenziò casi di catene che trattenevano fino al 10% delle mance come “costi amministrativi”. In pratica, il salario base rimaneva estremamente basso e il lavoratore dipendeva dalla bontà dei clienti, mentre una parte delle tips finiva direttamente nei conti delle aziende.
Unite the Union, il principale sindacato del settore, stimò che in alcuni ristoranti il personale si trovasse a lavorare per meno di £3 l’ora di retribuzione garantita. Tutto il resto derivava da un sistema opaco che il dipendente non controllava.
La battaglia legale e la pressione dell’opinione pubblica
Tra il 2007 e il 2009, la pressione dell’opinione pubblica si fece insostenibile. Programmi della BBC e articoli investigativi portarono alla luce casi in cui il sistema di mance non solo era usato per integrare il salario, ma addirittura per sostituirlo.
La sentenza del 2005, favorevole ai datori di lavoro, si dimostrava incapace di risolvere i problemi reali. Il Department for Business, Innovation and Skills ricevette centinaia di segnalazioni di dipendenti che dichiaravano di aver firmato contratti con una paga base inferiore al minimo legale e di non avere alcun controllo sulle mance elettroniche.
I sindacati e le organizzazioni di advocacy insistettero su un principio fondamentale: le mance dovevano rappresentare un extra, un riconoscimento volontario del cliente, non una componente obbligatoria del salario.
La pressione politica salì di livello nel 2008, quando Gordon Brown, allora primo ministro, si dichiarò favorevole a una riforma. Il governo avviò una consultazione pubblica che mise in evidenza l’enorme impatto di queste pratiche: un’intera generazione di camerieri, baristi e addetti al catering aveva lavorato per anni con retribuzioni da fame, in un quadro giuridico che rendeva legittimo ciò che, nei fatti, era una distorsione del concetto stesso di salario minimo.
Come riportato dalla BBC, uno dei casi simbolo fu quello di una catena di ristoranti che corrispondeva £2,50 l’ora in busta paga e integrava il resto con un tronc gestito centralmente. Il dipendente non aveva alcun diritto di verifica sull’ammontare delle tips né sulle modalità di distribuzione.
L’opinione pubblica reagì con indignazione. Diverse petizioni chiesero al governo di intervenire per vietare l’uso delle mance come strumento per rispettare formalmente la legge sul salario minimo.
La svolta normativa del 2009-2010
Nel 2009, il governo Labour annunciò la decisione di riformare la normativa sul National Minimum Wage. Il principio stabilito fu chiaro: dal 1 ottobre 2009, le mance non avrebbero più potuto essere conteggiate come parte del salario minimo. Il datore di lavoro avrebbe dovuto garantire la retribuzione oraria minima, indipendentemente dalle tips.
La nuova disciplina imponeva che le mance rimanessero un extra aggiuntivo, e non uno strumento per coprire un salario base insufficiente. In questo modo, ogni lavoratore avrebbe potuto contare su una paga oraria legale, più le mance raccolte secondo modalità trasparenti.
La riforma rappresentò un punto di svolta. Per la prima volta venne riconosciuta la necessità di separare salario e gratificazioni volontarie. Tuttavia, il cambiamento non avvenne senza difficoltà: molte aziende opposero resistenza, sostenendo che l’impatto economico sarebbe stato insostenibile per la ristorazione.
I sindacati replicarono che il problema non era la sostenibilità, ma il modello di business costruito su salari da fame. Il principio del National Minimum Wage era, fin dall’inizio, garantire la dignità del lavoro, non trovare scorciatoie.
Dopo il 2010, la nuova normativa entrò in pieno vigore, costringendo le imprese a rivedere contratti e modalità di gestione delle tips. Nonostante ciò, alcuni abusi continuarono a emergere nei successivi anni, legati soprattutto al trattenimento di quote di servizio o spese amministrative sulle mance.
Le nuove regole e la legge del 2023-2024
Negli anni successivi, un altro tema si impose: quello delle admin fees. Molte aziende continuarono a trattenere una percentuale delle mance elettroniche, sostenendo che si trattasse di costi di gestione. Nel 2015, lo scandalo esplose di nuovo: inchieste giornalistiche rivelarono trattenute fino al 10% sulle tips pagate con carta di credito.
Il governo di Theresa May, prima, e Boris Johnson, poi, promisero di varare leggi più severe. Tuttavia, solo dopo la pandemia di Covid-19 la questione tornò in cima all’agenda politica.
Nel 2023, dopo anni di consultazioni, è stata approvata la Employment (Allocation of Tips) Act, entrata in vigore nel 2024. La nuova legge stabilisce che tutte le mance devono essere distribuite integralmente ai lavoratori, senza trattenute ingiustificate da parte dell’azienda.
Si tratta di un passaggio epocale: un’ulteriore conferma che il sistema di gratificazione volontaria deve essere trasparente e separato dal salario legale. La riforma impone obblighi di rendicontazione e di comunicazione chiara delle modalità di ripartizione delle tips, a tutela dei lavoratori.
Per consultare la legge completa, puoi visitare il sito ufficiale del Parlamento britannico.
La lezione di una battaglia lunga due decenni
Oggi, guardando indietro, questa vicenda racconta molto di più di una semplice questione di busta paga. Racconta di un Paese che ha dovuto imparare a separare il riconoscimento spontaneo del cliente dalla responsabilità imprenditoriale di garantire salari adeguati.
Il principio di fondo è semplice: un lavoratore non può dipendere dalla generosità del cliente per vedere riconosciuto il diritto a una retribuzione minima.
La storia delle mance utilizzate come strumento di integrazione salariale dimostra come le lacune normative possano essere sfruttate a discapito dei più deboli. Ma racconta anche la forza di un’opinione pubblica che, informata e mobilitata, è capace di cambiare le regole del gioco.
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