“Splendor for Nothing”, giallo-noir tra arte e crimine internazionale

Milano, 27 lug. (askanews) – Esce negli Usa il romanzo d’esordio di Elena Imbimbo, autrice italiana che scrive in inglese. “Splendor for Nothing”, è un giallo-noir tra arte e crimine internazionale, disponibile in Italia su amazon.it e feltrinelli.it. “Tutto quello che pensi possa succedere non succederà. O forse sì!”. Usa poche parole Elena Imbimbo parlando della sua opera ad askanews, sono quelle che descrivono il mistero senza svelare il mistero del suo romanzo d’esordio.
Veleno. Vendetta. Ricatto. Sono alcuni degli ingredienti contenuti nelle quasi 400 pagine fitte di echi letterari e cinematografici di questa scrittrice italiana, che all’alba dei 54 anni ha trovato negli Stati Uniti un’editrice che ha creduto in lei. Esce così il suo primo libro. In inglese, una lingua che non è la sua. O forse sì.
La protagonista è Alice, archeologa che si trova invischiata, in una Londra contemporanea, in una rete di crimine internazionale e unisce le sue forze con una ispettrice di Scotland Yard e con un investigatore privato in una lotta contro il tempo per trovare un assassino senza volto che rischia di essere molto, molto pericoloso. Per molte persone.
Analista ed esperta di politica internazionale, Elena Imbimbo lavora da anni nella risoluzione di situazioni di crisi in aree di conflitto in tutto il mondo. “Splendor for nothing” è il suo romanzo d’esordio, ed è scritto in una lingua che non è quella che ha imparato a scuola.
Il primo libro, come il primo amore? “Non direi -risponde Elena – Il primo amore quasi non te lo ricordi o preferisci non ricordartelo. Questo assomiglia più al primo figlio, quando non hai idea di come funziona, di cosa possa succedere. Quando sei in attesa del primo figlio ti vengono le nausee, hai strane sensazioni mai vissute. Poi, una volta che nasce, ti dici: “L’ho fatto, lo posso fare. Allora lo rifaccio”. È una sensazione così incredibile che la vuoi provare di nuovo”.
Non ama le categorie e di “Splendor for nothing” dice: “Preferisco di solito non dare un’etichetta alle cose. Al mio libro ancora meno! ” e sfida i lettori: “Vi sorprenderà. Cominciate a leggere il prologo, vedrete che non riuscirete a fermarvi”.
Finora Elena Imbimbo ha fatto tutt’altro lavoro, una vita densa di cose da fare, con un marito e tre figli maschi che ancora non hanno completamente lasciato il nido, una vita con una serie infinita di traslochi. Come si concilia tutto questo con il mestiere di scrittore? “Nel corso degli anni i figli mi hanno insegnato a usare il tempo come non avrei mai pensato di poter fare. Lavoravo – e lavoro – nei momenti più impensabili. Quando scrivi, devi scrivere tutti i giorni, anche solo per pochi minuti, ma non devi mollare mai. Il momento preferito, non perché io lo preferissi ma perché così succedeva, era dalle dieci di sera all’una, alle due di notte. Quando la casa si svuotava e diventava silenziosa. Ora mi sono abituata a scrivere in ogni momento. Il tempo te lo devi inventare tu”.
Italiana, nata a Como (e ora anche americana), con un marito canadese (e ora anche italiano), tre figli con numerosi passaporti e nati in Paesi diversi. Era destino che scrivessi un libro in una lingua che non è quella con cui sei nata? “Non ci avevo mai pensato, ma forse sì. Nella mia vita nulla è mai stato lineare. È vero che in fondo tutti i giorni scrivo in inglese, per il mio lavoro, ma sostanzialmente penso di aver scelto l’inglese perché i miei figli fossero in grado di leggerlo- racconta Imbimbo-. Lo stanno leggendo, ognuno con il proprio passo … Il più grande, che è un po’ più avanti degli altri, l’altro giorno mi ha detto: “Ora ho capito il titolo!”. Li abbiamo abituati ad affrontare la vita con ironia. Mi dicono: non temere, continueremo fino alla fine… Questo vale più di qualunque complimento”.
Tabucchi ha scritto in portoghese, Conrad e Nabokov in inglese. È pieno di esempi di grandi scrittori che hanno scritto in una lingua che non era la loro lingua madre. Fino a Milan Kundera e alla recente premio Pulitzer bengalese Jhumpa Lahiri. Ognuno di loro ha una storia da raccontare su come ha trovato casa in un’altra lingua. “Intanto quelli sono “grandi scrittori” -dice ridendo e raccontato la scelta di scrivere in inglese-. Io ci sono finita quasi per caso, per le mie scelte di vita. Ora in realtà mi accorgo che è molto stimolante, perché ti dà una prospettiva diversa. È come se non fossi tu a scrivere, ma il tuo alter ego. Un’altra persona ma non proprio, una persona che riesce a vederti da fuori”.
In attesa di sapere se il libro uscirà anche nella versione italiana, Elena guarda avanti e pensa a un nuovo romanzo? “Sì, sto buttando giù qualche idea. Il fatto è che ora non ho tanto tempo di scrivere. Va tutto in marketing … E in interviste!”.
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