Turchia scoperti 75 miliardi di metri cubi di gas nel Mar Nero: un passo verso l’indipendenza energetica?

Maggio 23, 2025 - 16:30
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Turchia scoperti 75 miliardi di metri cubi di gas nel Mar Nero: un passo verso l’indipendenza energetica?

di Giuseppe Gagliano

Il governo della Turchia ha annunciato una nuova scoperta di gas naturale nel Mar Nero, un ritrovamento che porta le riserve totali del paese a 785 miliardi di metri cubi. Il presidente Recep Tayyip Erdogan, con il suo consueto tono deciso, ha dichiarato che il giacimento di Göktepe-3, situato a 69 chilometri dal campo di Sakarya e a 165 chilometri dalla costa, contiene 75 miliardi di metri cubi di gas, sufficienti a coprire il fabbisogno residenziale della Turchia per circa tre anni e mezzo. Un valore economico stimato in 30 miliardi di dollari, secondo quanto riferito dal presidente durante un discorso a Istanbul il 17 maggio 2025. Ma questa scoperta, celebrata come un ulteriore passo verso l’indipendenza energetica, è davvero il punto di svolta che Ankara spera? Oppure, come suggeriscono alcuni analisti, rimane un tassello insufficiente in un mosaico energetico ancora dominato dall’importazione?
Il giacimento è stato individuato dalla nave da perforazione di settima generazione Abdulhamid Han, che ha completato le operazioni in appena 49 giorni, lavorando a una profondità di 3.500 metri sotto il livello del mare. Erdoğan ha sottolineato che il gas sarà estratto utilizzando una piattaforma di produzione galleggiante già impiegata nel progetto Sakarya, un’operazione che dovrebbe massimizzare il ritorno economico. Attualmente, il campo di Sakarya produce 9,5 milioni di metri cubi di gas al giorno, sufficienti a soddisfare le esigenze di circa 4 milioni di famiglie. L’obiettivo dichiarato è ambizioso: raddoppiare la produzione entro il 2026 e quadruplicarla entro il 2028. Un piano che, se realizzato, potrebbe trasformare la Turchia da importatore netto a potenziale esportatore di gas, rafforzando la sua posizione geopolitica in una regione già incandescente.
Tuttavia, dietro la retorica trionfalistica di Erdogan, emergono interrogativi. La Turchia consuma annualmente circa 60 miliardi di metri cubi di gas, di cui oltre il 90% proviene da importazioni, principalmente da Russia, Azerbaigian e Iran. Le riserve totali di 785 miliardi di metri cubi, pur impressionanti, non garantiscono l’autosufficienza energetica. Come ha sottolineato Oguzhan Akyener, presidente del Turkish Energy Strategies and Policies Research Center (TESPAM), l’estrazione di questi 75 miliardi di metri cubi non avverrà in un’unica soluzione. Con una produzione massima ipotetica di 5-6 miliardi di metri cubi all’anno, il nuovo giacimento potrebbe coprire solo il 7-8% del fabbisogno nazionale. Inoltre, l’inizio della produzione potrebbe richiedere anni, con decisioni cruciali che spettano al Ministero dell’Energia e delle Risorse Naturali.
La scoperta si inserisce in un contesto più ampio di sforzi turchi per diversificare le fonti energetiche e ridurre la dipendenza dall’estero. Negli ultimi anni, Ankara ha intensificato le esplorazioni nel Mar Nero e nel Mediterraneo orientale, spesso suscitando tensioni con Grecia e Cipro per le dispute sui confini marittimi. La Turchia ha anche ampliato la sua flotta di navi da perforazione e ricerca sismica, con operazioni che si estendono fino al largo della Somalia. Parallelamente, il paese ha siglato accordi per l’esportazione di gas verso Bulgaria, Ungheria, Romania e Moldova, e sta pianificando di includere la Siria tra i suoi mercati. Questi sviluppi suggeriscono un’ambizione più ampia: non solo ridurre il deficit della bilancia commerciale, gravato da un conto energetico di decine di miliardi di dollari, ma anche affermare la Turchia come un hub energetico regionale.
Eppure il percorso verso l’indipendenza energetica è irto di ostacoli. La Turchia dipende ancora fortemente dal gas importato, e le sue infrastrutture, pur moderne, richiedono investimenti significativi per sfruttare appieno le nuove scoperte. Inoltre, le fluttuazioni dei prezzi globali del gas e le complessità geopolitiche legate all’esplorazione in aree contese potrebbero complicare i piani di Ankara. Nel 2020, la scoperta di 320 miliardi di metri cubi nel campo di Sakarya era stata salutata come una svolta storica, ma alcuni analisti, come l’economista Uğur Gürses, avevano già allora messo in guardia: anche scoperte di questa portata non sono sufficienti a trasformare la Turchia in un attore energetico di primo piano senza una strategia a lungo termine e investimenti consistenti.
La narrazione di Erdogan, come sempre, punta a galvanizzare il consenso interno, presentando ogni scoperta come un passo verso il “Secolo della Turchia”. Ma la realtà è più sfumata. La nuova riserva di Göktepe-3 è un progresso significativo, ma non una panacea. La Turchia sta giocando una partita complessa, in cui l’energia è tanto una questione economica quanto un’arma geopolitica. La capacità di Ankara di tradurre queste scoperte in una vera indipendenza dipenderà dalla sua abilità di navigare tra le tensioni regionali, investire in infrastrutture e bilanciare le ambizioni con le realtà del mercato globale. Per ora, il Mar Nero offre speranza, ma la strada verso l’autosufficienza è ancora lunga.

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