Migrazione, Italia e Danimarca hanno unito 27 Paesi per modificare la convenzione CEDU sui diritti dell’uomo

Dicembre 12, 2025 - 01:10
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Migrazione, Italia e Danimarca hanno unito 27 Paesi per modificare la convenzione CEDU sui diritti dell’uomo

Bruxelles – La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, incassa un’altra vittoria su uno dei cavalli di battaglia del governo italiano in Europa, quello della stretta sull’immigrazione irregolare. Pochi giorni dopo il via libera dei Paesi dell’UE alle nuove regole su rimpatri e Paesi sicuri, Italia e Danimarca avanzano nel processo di revisione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) innescato a maggio: a bordo ora ci sono 27 Paesi membri del Consiglio d’Europa, che hanno approvato una dichiarazione congiunta sulla necessità che la CEDU “affronti efficacemente le sfide migratorie”.

“Bisogna lanciare una riflessione sulla capacità delle convenzioni internazionali di affrontare la sfida dei flussi irregolari”, aveva insistito solo ieri Meloni intervenendo da remoto alla conferenza dell’Alleanza globale contro il traffico di migranti, riunione di circa 80 paesi voluta da Ursula von der Leyen e Antonio Costa a Bruxelles per testimoniare la stretta europea sull’immigrazione. Meloni ha trovato nella sua omologa danese, Mette Frederiksen, l’alleata perfetta: nel semestre – ancora in corso – in cui Copenaghen ha detenuto la presidenza del Consiglio dell’UE, l’accelerazione è stata netta.

Il 23 maggio scorso, Italia e Danimarca avevano aperto lo scontro sulla CEDU con una lettera aperta, sottoscritta anche da Austria, Belgio, Polonia, Repubblica Ceca, Lituania, Lettonia ed Estonia. Pochi mesi dopo, si sono aggiunti Albania, Bulgaria, Croazia, Finlandia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Malta, Montenegro, Paesi Bassi, Norvegia, Romania, San Marino, Serbia, Slovacchia, Svezia, Ucraina e Regno Unito. In totale 27 dei 46 Paesi membri del Consiglio d’Europa, l’organismo internazionale che ha redatto la Convenzione nel 1950.

Mette Frederiksen Giorgia Meloni
La premier danese, Mette Frederiksen (sinistra), e quella italiana, Giorgia Meloni (foto: Filippo Monteforte/Afp)

“I nostri governi hanno il dovere di garantire i diritti umani e le libertà fondamentali delle nostre popolazioni, compreso il diritto di vivere in pace, libertà e sicurezza, di preservare i valori delle nostre società e di proteggere efficacemente le frontiere, prevenire gli attraversamenti illegali delle frontiere e contrastare le reti di traffico di migranti”, esordisce la dichiarazione congiunta. A mettere a “dura prova” le libertà degli europei, secondo Meloni, Frederiksen e gli altri sono le “persone che approfittano della nostra ospitalità commettendo reati gravi, tratta di esseri umani e strumentalizzazione dei migranti”.

Sfide che “erano imprevedibili” 75 anni fa, e che rendono ora “imperativo” un profondo riadattamento della Convenzione. Affinché il pugno duro varato con le nuove leggi non rischi di venire fermato dalla Corte europea sui diritti dell’uomo. La CEDU deve farsi da parte e permettere ai governi “l’espulsione di stranieri condannati per reati gravi“, anche se la loro famiglia risiede nel Paese ospitante, richiedono i 27 firmatari. Inoltre deve “fare chiarezza” sul trattamento inumano e degradante, che è “un diritto assoluto” ma “dovrebbe essere limitato alle questioni più gravi in modo da non impedire agli Stati parti di prendere decisioni proporzionate in materia di espulsione di criminali stranieri o in casi di allontanamento o estradizione”. E non deve mettere becco sulle “soluzioni innovative” e impedire ai Paesi parte della Convenzione di “avviare una cooperazione con paesi terzi in materia di procedure di asilo e di rimpatrio, una volta garantiti i diritti umani dei migranti irregolari”. Non deve toccare il “modello Albania”, che ora “è una realtà in Europa”, ha rivendicato la premier italiana.

Per Frederiksen altro non è che “un adeguamento dell’equilibrio tra i rilevanti interessi pubblici di difesa della libertà e della sicurezza nelle nostre società e i diritti individuali dei criminali stranieri”. Per Meloni, si tratta di far sì che la sicurezza dei cittadini “non sia subordinata a interpretazioni della legge che potrebbero finire per premiare individui che hanno commesso gravi violazioni”.

Consiglio d'Europa Kosovo
La sede del Consiglio d’Europa, a Strasburgo

Di fronte alla presa di posizione della maggioranza dei Paesi membri, il Consiglio d’Europa ha adottato ieri una serie di conclusioni sulla necessità elaborare una dichiarazione politica sulle questioni legate alla migrazione e sulla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’apertura è netta: “La strumentalizzazione della migrazione, il traffico di migranti, la tratta di esseri umani e altre attività criminali che minacciano la stabilità e la sicurezza sono sfide reali ed è legittimo affrontarle“, ha dichiarato il Segretario generale Alain Berset.

Toccherà al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa – composto dai ministri degli Affari esteri dei 46 Stati membri – elaborare un progetto di dichiarazione politica tenga conto della “responsabilità fondamentale dei governi di proteggere gli interessi nazionali essenziali, quali la sicurezza e l’incolumità pubblica”. L’obiettivo è adottare tale dichiarazione nel corso della prossima riunione dei ministri, il 15 maggio 2026 a Chișinău, in Moldova.

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