1887: un sisma di magnitudo 7.2 devastò la Liguria
Un gruppo di ricercatori dell'Università di Trieste, insieme all'Università di Genova e all'OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale), ha ricostruito con grande precisione il terremoto che colpì la Liguria e la Costa Azzurra il 23 febbraio 1887. Il sisma fu devastante: provocò oltre 600 vittime e generò anche uno tsunami che colpì la costa.. Strumenti antichi, metodi moderni. Questa volta i ricercatori hanno applicato un metodo del tutto nuovo per la loro ricerca: hanno utilizzato dati molto antichi, i cosiddetti magnetogrammi storici — cioè registrazioni del campo magnetico terrestre fatte nel XIX secolo — e li hanno "riesaminati" con tecniche moderne. Anche se quei dati non erano stati pensati per registrare terremoti, si sono rivelati utili per captare le vibrazioni del suolo causate dal sisma. In pratica, hanno digitalizzato quelle registrazioni storiche, le hanno analizzate con modelli di propagazione delle onde sismiche e le hanno confrontate con simulazioni: così sono riusciti a "leggere" il terremoto come se avessero uno strumento moderno.
Utilizzando modelli di propagazione delle onde sismiche, i ricercatori hanno simulato diversi scenari di faglia (vedi disegno). Riprodotta la risposta reale degli strumenti ottocenteschi alle vibrazioni del suolo e confrontati i segnali simulati a quelli storici, hanno trovato lo scenario della faglia reale e stimato la magnitudo, utilizzando anche il terremoto dell'Emilia del 2012 (Mw 6.10) come riferimento per vicinanza geografica e caratteristiche simili.. Cosa hanno scoperto. I ricercatori hanno stimato che la magnitudo del terremoto fu di circa 7.2, cioè molto forte. Hanno anche ricostruito il "meccanismo di faglia", cioè il modo con cui le rocce si sono mosse: si tratta di una "faglia inversa inclinata verso nord".
In parole semplici: un blocco di crosta si è sollevato rispetto all'altro, comprimendo la crosta terrestre, un tipo di movimento coerente con la geologia della zona e anche con l'origine dello tsunami che si verificò subito dopo. Questo movimento infatti, provoca un accorciamento e un ispessimento della crosta — tipico di zone dove le forze tettoniche comprimono la terra. Questo spiega come un terremoto possa generare anche uno tsunami: perché il sollevamento del fondo marino (o della costa) sposta molta acqua.. Perché è importante. Secondo i ricercatori, questo tipo di approccio — usare dati magnetici antichi, digitalizzarli e reinterpretarli — apre una nuova via per rivalutare grandi terremoti del passato, quelli "pre-strumentali": eventi di cui non abbiamo registrazioni sismiche moderne, ma che sono storicamente documentati. Questa ricerca permette di colmare un vuoto: molti terremoti antichi sono descritti solo da racconti storici che riportano, pere esempio, il tipo di danni provocati, ma senza dati quantitativi.
Come spiega Stefano Parolai del dipartimento di Matematica, Informatica e Geoscienze dell'Università di Trieste: «Con questo metodo si possono invece ottenere numeri concreti (magnitudo, meccanismo, misurazioni). Il metodo inoltre, aiuta a migliorare la valutazione del pericolo sismica: sapere che nel passato ci sono stati terremoti forti con certe caratteristiche obbliga a riconsiderare i modelli di rischio per determinate aree, come ora dovrà essere fatto per la Liguria e certe zone dell'Europa occidentale».. Non sottovalutare i rischi. Il sistema quindi porta a ripensare le mappe sismiche, la normativa antisismica, la pianificazione urbana e le misure di sicurezza: insomma, ha ricadute anche su come costruiamo e proteggiamo città e infrastrutture.
Lo studio è importante anche perché conferma che in quella regione la sismicità può essere guidata da forze compressive — cioè non è solo "scorrimento orizzontale", ma "compressione + sollevamento" — e dunque i rischi potrebbero essere sottovalutati se si guardano solo modelli più semplici.. Un aiuto dal passato. Questo studio, pubblicato su Scientific Reports, suggerisce che con i giusti strumenti si può ricostruire in modo affidabile anche un terremoto avvenuto oltre 130 anni fa. Sottolinea Gabriele Tarchini, ricercatore presso il dipartimento di Scienze della Terra, dell'ambiente e della vita dell'Università degli studi di Genova:
«In assenza di registrazioni strumentali affidabili, queste analisi aprono nuove prospettive per la ricostruzione dei terremoti del passato e per la valutazione della pericolosità sismica. Il nostro obiettivo è utilizzare ogni dato disponibile per migliorare la sicurezza delle comunità e contribuire a mitigare il rischio sismico»..
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