Dal tribunale all’impresa: perché aiutare una donna in difficoltà significa investire nel futuro dell’azienda

Mettere insieme diritti e business significa incamminarsi lungo un sentiero che rischia di essere scivoloso. Armando Cecatiello, avvocato familiarista, non si è tirato indietro a fronte di questo rischio, mettendo in campo competenze e tatto nell’affrontare la questione. Nel libro Libere racconta perché il mondo del lavoro deve investire nella tutela delle donne, anche per il benessere delle aziende.
Il suo nuovo libro raccoglie storie di donne che, vittime di violenza domestica e di genere, hanno saputo cambiare la propria vita. Che cosa l’ha spinta a scriverlo?
In oltre 30 anni di attività, ho conosciuto moltissime donne che, pur avendo vissuto momenti complessi, hanno trovato la forza di costruirsi un futuro sereno. Ho sentito il dovere di raccontare queste storie di rinascita. Credo sia fondamentale mostrare che la libertà è possibile, anche quando sembra lontana. Libere è nato per trasmettere un messaggio di speranza e per aiutare altre persone a riconoscere, fin dall’inizio, situazioni che possono togliere serenità.
Il suo libro ha anche un messaggio preciso per il mondo delle imprese. Che collegamento c’è tra benessere personale e lavoro?
Le aziende spesso non immaginano quanto la serenità personale incida sulla vita professionale. Una donna che attraversa una situazione difficile può avere più difficoltà a concentrarsi, può assentarsi più spesso o vivere momenti di stress intenso. Non è solo una questione umana – che sarebbe già sufficiente – ma anche un tema economico e organizzativo.
Ci sono analisi che lo confermano?
Assolutamente sì. Diversi studi internazionali segnalano che le conseguenze di queste difficoltà personali generano un costo di diversi miliardi di dollari l’anno, tra spese sanitarie e calo di produttività. Anche in Europa il problema è molto sentito: secondo l’Eige (l’Istituto europeo per la parità di genere), la violenza di genere ha un impatto economico stimato in 109 miliardi di euro annui. In Italia, i costi legati a perdita di produttività, assistenza sanitaria e servizi superano i 20 miliardi di euro all’anno. È evidente che proteggere la serenità delle persone ha anche una forte valenza economica.
Quindi aiutare una donna in difficoltà significa aiutare anche l’azienda?
Esattamente. È un investimento. Offrire sostegno, sportelli di ascolto, misure di flessibilità lavorativa o permessi dedicati non è un costo fine a se stesso. Significa ridurre assenze, evitare il turnover e creare un ambiente di lavoro dove tutti si sentano sicuri e valorizzati. La cura delle persone è anche cura del business.
In Italia, però, questo tema è ancora poco trattato in ambito aziendale. Che consiglio darebbe ai datori di lavoro?
Il primo passo è informare e formare. Molti responsabili hr o dirigenti non conoscono i segnali iniziali di un disagio. Poi servono regole chiare: permessi tutelati, possibilità di supporto psicologico, contatti con professionisti esterni. E soprattutto la certezza, per chi vive momenti difficili, di non dover temere ripercussioni sul posto di lavoro. Anche il mio libro può essere utile nelle aziende: aiuta a capire comportamenti e dinamiche che possono diventare sofferenza, spesso in modo silenzioso.
Che cosa l’ha spinta a dedicarsi così tanto a questo tema?
Queste situazioni possono toccare chiunque. Non hanno confini sociali, culturali o geografici. Ho seguito persone di ogni estrazione, anche professionisti, manager, imprenditori. E ho imparato che la protezione giuridica è importante, ma serve anche un approccio culturale. È questo che voglio diffondere: consapevolezza, conoscenza, strumenti pratici. Anche per gli uomini, che a volte non si rendono conto di quanto possano contribuire a creare relazioni sane.
Oltre al diritto, c’è sempre un aspetto educativo nel suo lavoro?
Sì, è fondamentale educare uomini e donne a riconoscere i segnali, sin dai primi momenti. Dico spesso che chi toglie serenità tende a svelarsi presto, se si hanno gli occhi allenati. Libere vuole essere proprio questo: una guida per capire le relazioni, imparare a riconoscere dinamiche poco sane e scegliere la libertà.
Ha altri progetti legati a questo tema?
Sto lavorando a programmi di formazione specifici per il mondo aziendale e per i professionisti risorse umane. Vorrei portare le storie di Libere nelle imprese, nei tribunali, nelle scuole. Perché è lì che si costruisce un cambiamento vero.
L’articolo Dal tribunale all’impresa: perché aiutare una donna in difficoltà significa investire nel futuro dell’azienda è tratto da Forbes Italia.
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