Dazi, domani (4 giugno) è già una nuova scadenza. L’Ocse avverte: “Freno alla crescita globale”
Bruxelles – Da domani, 4 giugno, gli Stati Uniti potrebbero raddoppiare i dazi già in vigore sulle importazioni di acciaio e alluminio dal resto del mondo e portarli al 50 per cento. A Bruxelles, l’irritazione è palpabile e la strategia attendista e conciliante adottata finora ha lasciato spazio ieri (2 giugno) a qualche timida minaccia di ritorsioni anticipate. Di fronte al nuovo rischio di escalation, l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) lancia l’allarme: così la crescita globale “rallenterà dal 3,3 per cento nel 2024 al 2,9 per cento nel 2025 e 2026″.
A ben vedere, il condizionale resta d’obbligo: non sarebbe il primo bluff nella strategia negoziale di Donald Trump e per di più proprio domani – e proprio a Parigi, a margine del vertice ministeriale dell’Ocse – è previsto un nuovo faccia a faccia tra il commissario europeo al Commercio, Maroš Šefčovič e il suo omologo statunitense Jamieson Greer.
Le previsioni funeste snocciolate dall’Ocse, secondo cui “le prospettive economiche globali stanno peggiorando, a causa delle elevate barriere commerciali, delle condizioni finanziarie più restrittive, del calo della fiducia e dell’accresciuta incertezza politica”, sono un assist per il commissario slovacco. Finora, i negoziati portati avanti da Šefčovič sono stati tanto inconcludenti quanto surreali: la Casa Bianca stessa, come Bruxelles, sembra vittima degli umori del suo inquilino, che fa e disfa in completa autonomia, rendendo apparentemente inutili i contatti a livello tecnico.

Tant’è che ci è voluto un tribunale federale, lo scorso 28 maggio, per dichiarare illegittime le tariffe reciproche nei confronti del resto del mondo annunciate da Trump nel ‘Liberation Day’ di inizio aprile. Sentenza poi ribaltata, il giorno dopo, in appello. È una saga piena di colpi di scena, che però ormai non destano nemmeno più scalpore: gli analisti finanziari hanno già coniato un acronimo per descrivere l’andamento delle borse in risposta agli annunci roboanti di Trump e ai successivi passi indietro: il ‘TACO Trade’, dove TACO sta per “Trump Always Chickens Out (Trump sempre si tira indietro, ndr)”.
Anche Bruxelles sta facendo l’abitudine all’imprevidibilità di Trump. Questa mattina, il portavoce della Commissione europea responsabile per il commercio, Olof Gill, ha dichiarato che “i negoziati a livello tecnico sono in corso” e che finora sono stati “molto costruttivi”. Come se procedessero completamente su un altro binario. Lo stesso Gill, ieri, aveva invece ammesso che l’annuncio di Trump di raddoppiare i dazi sull’acciaio e l’alluminio “mina i nostri sforzi in corso per raggiungere una soluzione negoziata” alla guerra commerciale.
Dopo l’ultima minaccia di Trump di chiudere la finestra di sospensione di 90 giorni e applicare dazi al 50 per cento su tutto l’import dall’Ue dal primo giugno, era servita una telefonata di Ursula von der Leyen a fargli cambiare idea e a confermare la scadenza del 9 luglio prima dell’imposizione delle tariffe. Per le ritorsioni europee, il D-Day è fissato invece pochi giorni dopo: senza un accordo, “sia le misure Ue esistenti che quelle aggiuntive entreranno automaticamente in vigore il 14 luglio”. O “prima, se le circostanze lo richiedono“, ha avvertito il portavoce di Bruxelles.
La Commissione aveva già previsto – e poi congelato fino a metà luglio – una prima risposta da 26 miliardi di euro ai dazi del 25 per cento su acciaio e alluminio imposti da Washington. E ha poi messo a punto e aperto a consultazione pubblica, lo scorso 8 maggio, l’eventuale ritorsione da 95 miliardi di euro in caso non si raggiungesse un accordo con l’amministrazione americana. Reuters ha svelato un nuovo sviluppo della saga: la Casa Bianca starebbe chiedendo a diversi Paesi partner di presentare le loro “migliori offerte” per i negoziati commerciali entro domani. Secondo un bozza di lettera visionata dall’agenzia britannica, gli Stati Uniti chiedono ai Paesi di elencare le loro migliori proposte in una serie di settori chiave, tra cui offerte tariffarie e di quote per l’acquisto di prodotti industriali e agricoli statunitensi.
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