Gaza. Netanyahu espande le operazioni nella Striscia
di Giuseppe Gagliano –
Il gabinetto di sicurezza israeliano ha dato il via libera a un piano di espansione delle operazioni militari nella Striscia di Gaza. Dietro il linguaggio tecnocratico della “zona cuscinetto” e dell’“intensificazione delle operazioni”, c’è una realtà sempre più drammatica: 2,3 milioni di palestinesi schiacciati in un corridoio sempre più stretto, con scorte umanitarie allo stremo e nessuna tregua reale all’orizzonte.
Benjamin Netanyahu ribadisce la linea dura: finché Hamas non rilascerà gli ostaggi, “l’azione militare sarà significativamente intensificata”. È la linea dell’ultimatum. Ma con quali strumenti e in che contesto? L’operazione si inserisce in una fase in cui l’intero dispositivo militare israeliano si prepara a un’escalation ulteriore, mentre la diplomazia regionale – tra Egitto, Qatar e Stati Uniti – langue e colleziona fallimenti.
I colloqui di pace si scontrano con due muri invalicabili: per Israele Hamas va disarmato e escluso da qualsiasi futuro assetto politico; per Hamas l’unica moneta di scambio è il ritiro completo delle truppe israeliane e la fine dell’assedio. Il risultato è un nulla di fatto che permette a Tel Aviv di mantenere l’iniziativa, militarizzando la crisi umanitaria, mentre Gaza precipita nella penuria più assoluta.
Nel frattempo, la retorica del “supremo obiettivo della vittoria”, evocata da Netanyahu, si sovrappone a dati sempre più inquietanti: oltre 50.000 palestinesi uccisi, intere città spianate, campi profughi trasformati in bersagli. E mentre si commemorano le 1.200 vittime israeliane del 7 ottobre 2023, il bilancio si appesantisce ogni giorno di più, senza una prospettiva politica reale.
Il generale Eyal Zamir lo ha detto chiaramente: “aumenteremo ritmo e intensità dell’operazione, se necessario molto presto”. Una minaccia che suona come certezza. Mentre si commemorano l’indipendenza e la forza dello Stato d’Israele, a Gaza si seppelliscono bambini e si chiudono ospedali. E il mondo, diviso tra alleanze strategiche e indignazione rituale, resta spettatore immobile.
L’asfissia della Striscia non è un effetto collaterale, ma una strategia deliberata: ridurre Hamas significa, nella lettura di Tel Aviv, ridurre Gaza stessa, stringerla in una morsa logistica, colpirne il tessuto civile per svuotarne la resistenza. Ma l’effetto collaterale, paradossale e crudele, è che Hamas resta, mentre la popolazione civile si dissolve nella miseria.
In questa guerra senza orizzonte, dove gli ostaggi diventano leva negoziale e la fame strumento tattico, ciò che manca non è la forza militare, ma una visione politica. E più l’obiettivo dichiarato resta “la vittoria”, più la sconfitta collettiva si incide nei volti, nei dati e nella Storia.
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