Grazie al riuso c’è nuova vita per il fotovoltaico, a partire da quello delle fiere. Ma servono norme adeguate
Recentemente l’Italia ha raggiunto il traguardo dei 40 GW di fotovoltaico installato. Per arrivare fin qui ci abbiamo messo 20 anni, da quel primo Conto energia che ci portò a notti insonni nel settembre del 2005. I prossimi 40 GW, secondo il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), dovremmo invece installarli nei prossimi 5 anni, entro il 2030. Nel frattempo, una mole sempre crescente di moduli fotovoltaici diventerà vetusta, seppur ancora funzionante, e in molti impianti sarà conveniente fare interventi di revamping. Che fine fanno tutti questi moduli usati?
In molti casi vengono smaltiti e si possono recuperare quasi tutti i materiali utilizzati. Tuttavia molti moduli sono ancora funzionanti, magari con qualche punto di efficienza in meno, e perfettamente in grado di erogare energia. Sprecarli sarebbe davvero un peccato. Un kWh prodotto da un vecchio modulo ha lo stesso sapore di un kWh fatto con un modulo di ultima generazione!
Purtroppo non esiste una legislazione chiara sulla possibilità di riutilizzo dei materiali usati, né prove tecniche ufficiali per stabile se un modulo fotovoltaico possa avere una “second-life”. Pertanto, sta alla competenza tecnica di chi li sostituisce valutare se un prodotto possa essere ancora usato o meno.
Nella nostra esperienza quasi sempre i moduli possono ancora essere usati in contesti specifici. Questo ragionamento vale ancor di più per i moduli usati nelle fiere o in contesti espositivi, dove al massimo raccolgono qualche graffio. Ci sono innumerevoli Ong che possono usare l’energia prodotta dai moduli usati per progetti speciali sia in Italia che all’estero. La maggior parte di esse, con un minimo di supporto tecnico, possono riutilizzare i prodotti ed estenderne la vita operativa di altri 10 o 20 anni, andando così a ridurre in modo considerevole il carbon footprint dell’energia prodotta… nonché abbattendo il costo per le stesse Ong.
In alcuni casi specifici, come in quello del Servizio missionario giovani (Sermig), i moduli sono solo un tassello per innestare progetti di innovazione tecnologica volti al miglioramento della vita delle persone nei paesi più poveri: dalle pompe alle incubatrici fino ai fornelli, sono molteplici le applicazioni che possono essere ottimizzate con l’uso di pochi moduli fotovoltaici usati.
Un paradosso legato al settore fieristico che ho visto in tutti questi anni è il dispendio di energie, costi e CO2 per riportare a casa i moduli esposti. Non a caso gli stand di certi espositori asiatici minori, nell’ultimo pomeriggio di fiera, vendono i campioni che hanno al miglior offerente; sarebbe quindi un risparmio per gli espositori e un’iniziativa meritevole quella di poter lasciare gratuitamente i moduli esposti ad alcune Ong del territorio, per essere impiegati in piccole installazioni.
In generale, sulla corretta gestione dei moduli usati, si dovrebbe aprire un dibattito che porti ad un utilizzo razionale degli stessi con una normativa adeguata perché da problema possono diventare una risorsa. E le risorse non vanno lasciate in mano ad interessi, ben poco cristallini, di certe filiere.
Qual è la tua reazione?






