La cucina italiana entra nel patrimonio immateriale dell’Unesco

Dicembre 11, 2025 - 20:00
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La cucina italiana entra nel patrimonio immateriale dell’Unesco

Ce l’abbiamo fatta: la richiesta del 2023 è stata accettata e la nostra cucina è stata inserita nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. E ora?

L’Italia è in festa: l’Unesco ha inserito la cucina italiana, tout court, nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

Non è la prima volta che un “nonsochè” italiano entra in questa lista (ben 11 belle azioni sono qui menzionate, tra cui l’opera dei pupi), ma evidentemente ora la posta in gioco è ampia e tocca un comparto ricco e che rende ricchi.

Tantè che la richiesta di entrare era stata formalmente presentata dal governo italiano il 23 marzo 2023. Due anni in cui l’Unesco, via via, ha perso sostanza (e anche finanziamenti, quelli di Trump). Ma se giocata bene la nomina potrebbe avere il suo peso.

Il valore della filiera agroalimentare: dal campo alla tavola

Per Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Italiani, la forza della cucina italiana sta nella stretta sinergia tra agricoltura e ristorazione, nell’incontro tra chi produce e chi trasforma.

È lì che si genera quel valore aggiunto che rende il Made in Italy agroalimentare il più amato al mondo. Il riconoscimento Unesco – osserva Fini – rappresenta una grande opportunità per tutelare, garantire e promuovere nel mondo la cucina italiana, a partire dall’origine: l’agricoltura.

Anche il Crea, il principale ente pubblico di ricerca dedicato all’agroalimentare, sottolinea la portata culturale e scientifica del riconoscimento. Per il presidente Andrea Rocchi, l’Unesco ha premiato un modello alimentare unico, fondato su biodiversità, convivialità e legame con i territori.

La cucina italiana, ricorda Rocchi, è un patrimonio vivo, capace di generare valore economico e coesione sociale. Un’icona culturale che si rinnova quotidianamente.

Il ruolo delle regioni: il caso Lombardia

La cucina italiana riconosciuta dall’Unesco nasce soprattutto nelle campagne, nelle aziende agricole e nelle comunità rurali. Un concetto sottolineato dal presidente di Coldiretti Lombardia, Gianfranco Comincioli, che ricorda come gli agricoltori siano custodi della biodiversità e dei saperi che rendono unica la nostra gastronomia.

Secondo l’analisi Coldiretti su dati Deloitte Foodservice Market Monitor 2025, la cucina italiana nel mondo vale 251 miliardi di euro ed è in crescita del +5% sull’anno precedente.

Un patrimonio economico che l’ingresso Unesco contribuisce a rafforzare, anche contro la minaccia dell’italian sounding, fenomeno che coinvolge oltre un italiano su due (53%) quando mangia all’estero.

Nasce l’Accademia della cultura enogastronomica italiana

Per trasformare questo risultato in una leva di competitività e formazione, Coldiretti, Filiera Italia e Campagna Amica, insieme al Ministero degli Esteri, hanno promosso la nascita dell’Accademia della cultura enogastronomica italiana.

Un progetto che coinvolge scuole di cucina e alberghiere; università e dipartimenti di scienze gastronomiche e alimentari e poi ancora chef, pizzaioli, ristoratori, distributori, ma anche reti internazionali e ambasciate

L’obiettivo dichiarato è formare una nuova generazione di professionisti e costruire una narrazione unitaria della cucina italiana nel mondo. Difatti, possono aderire anche giornalisti, blogger, influencer.

Tra i partner figurano anche la World Farmers Markets Coalition, la Fondazione Evoschool e la community I Love Italian Food, che riunisce oltre 25.000 operatori del settore.

Già che siamo in tema lasciatemi dare un’ultima notizia che riguarda un riconoscimento Unesco: la città di Faenza è entrata ufficialmente nella Rete delle Città Creative Unesco.

Il riconoscimento di Faenza è legato alla sua storica tradizione ceramica, considerata non solo patrimonio culturale, ma anche linguaggio identitario e importante strumento di innovazione. In fondo, dalla ceramica alla cucina il passo è breve.

Crediti immagine: Depositphotos

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