Medicina, al via il primo anno senza il test



Medicina, anno zero. È cominciato il 1° settembre il primo anno accademico del nuovo percorso introdotto per l’accesso alle Facoltà di Medicina, che non prevede più il test di ammissione (anche se la Laurea rimane a numero chiuso). Adesso c’è il semestre “aperto” di orientamento e selezione. Questo primo ciclo di lezioni, che si svolgerà in modalità mista, parte online e parte in presenza, include tre materie di base: biologia, fisica e chimica con propedeutica biochimica, ciascuna associata a 6 crediti formativi universitari (CFU).
Alla fine del semestre, ad attendere gli oltre 54 mila studenti che hanno aderito al nuovo corso, ci saranno tre esami, identici su scala nazionale, ciascuno composto da 31 quesiti (di cui 15 a scelta multipla e 16 a completamento). Le prove si svolgeranno in due date differenti: 20 novembre e 10 dicembre. Per essere inseriti nella graduatoria nazionale, che sarà pubblicata il 12 gennaio, sarà necessario ottenere almeno 18 su 30 in ognuna delle tre materie, ma nelle Facoltà entreranno solo i primi 24.000. Questo il numero dei posti che, nelle intenzioni del Ministero, saranno resi disponibili, 3000 in più dell’anno scorso.
Si tratta di un metodo di selezione più equo del precedente? Lo abbiamo chiesto ad Alberto Cozzi, medico di medicina generale a Milano e presidente della sezione milanese dell’Associazione Medici Cattolici (Amci): «Direi che per il momento è bene “rimanere alla finestra”, esprimere giudizi oggi sarebbe un po’ azzardato, perché siamo solo all’esordio di un cambiamento molto significativo. Qualche presupposto buono c’è, certamente: rispetto a un test di sbarramento, con domande anche di cultura generale, un semestre fatto di insegnamenti di natura scientifica, con esame disciplinare finale, è sicuramente un metodo più giusto di scremare».
Anche se, fa notare Cozzi, «insegnare e poi saggiare le competenze sulle materie scientifiche di base come biologia, fisica e chimica, non è sufficiente per capire se uno studente è adatto o meno a svolgere la professione del medico, che va ben al di là di queste prime nozioni scientifiche». Vero è che con il precedente test di sbarramento venivano richieste conoscenze di livello universitario nelle materie previste, favorendo di fatto gli studenti provenienti da quelle poche scuole che offrivano almeno un’introduzione a tali argomenti. Tutti gli altri erano costretti a prepararsi autonomamente, come per un esame universitario, ma senza aver mai seguito delle vere lezioni.
Secondo Cozzi, insomma, quello che nemmeno il nuovo metodo di selezione può verificare è la motivazione che sta alla base della scelta di fare il medico. Un tema che sta a cuore anche alla Ministra Bernini, come si legge nella lettera inviata agli studenti all’inizio del loro percorso: «Studiare Medicina non è solo una scelta di carriera. È una scelta di responsabilità, di empatia, di coraggio. È una dichiarazione d’amore verso la vita, in tutte le sue fragilità».
«Applaudo senz’altro queste parole – afferma Cozzi -, che vanno al cuore di quello che pensiamo anche noi, come Medici Cattolici. Non si tratta semplicemente di formare medici bravi “a fare”, che sappiano usare tutti i complessi strumenti che la medicina oggi mette a disposizione. Si tratta di formare medici in grado di conoscere, gestire e stare accanto a quanti non sono solo pazienti, ma persone che soffrono e come tali vanno ascoltate».
Per raggiungere questo risultato, alle parole di Bernini dovranno seguire fatti concreti, sottolinea Cozzi. Che tuttavia conclude fiducioso: «Credo comunque che l’intenzione del Ministero sia questa, dato l’enorme sforzo organizzativo profuso dalle Università, in termini di nuove aule e di nuovi docenti messi a disposizione».
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