New Indie Italia Music Week #239

Lug 8, 2025 - 18:00
 0
New Indie Italia Music Week #239

“People change. But you know some people never do
You know, when people change
They gain a peace, but they lose one too
‘Cause I’ve been hanging on you
I’ve been waiting on you
‘Cause I’ve been waiting on you
I’ve been hanging on you”
(Seasons – Future Island)

In un panorama musicale in continua evoluzione, le nuove uscite raccontano spesso il delicato equilibrio tra ciò che si lascia andare e ciò che si sceglie di trattenere.

Alcuni brani riescono a catturare questo conflitto interiore con una sincerità disarmante, trasformando sentimenti complessi in melodie essenziali. C’è una sottile malinconia che attraversa molte delle produzioni recenti, un senso di attesa, di legame, di cambiamento in sospeso.

La musica diventa così uno spazio di sospensione, dove convivono perdita e scoperta, silenzi e ritorni. In questa cornice si inseriscono le uscite più interessanti della settimana: canzoni che parlano piano, ma lasciano il segno.

Felini

In un ecosistema musicale sempre più artificiale, Felini di Venerus e Marco Castello rappresenta un raro momento di verità sonora, registrato in presa diretta su una spiaggia nei pressi di Ortigia. Il brano è un piccolo rito condiviso, un gesto musicale puro, in cui le voci, la chitarra e il flauto si intrecciano con il rumore del mare, senza artifici né sovrastrutture.

È una fotografia sonora che cattura la poesia del presente, un’estate che sembra sospesa nel tempo. La chimica tra i due artisti è palpabile, nutrita da un’amicizia sincera e da una sensibilità comune. Felini non cerca la perfezione ma l’emozione: sussurra più che urlare, accarezza più che imporsi. La sua forza sta nella semplicità, nella scelta di restare nudi davanti al mare, senza protezioni. È una canzone da ascoltare in silenzio, lasciando che il vento e la salsedine completino il racconto.

Venerus, Marco Castello: 7,5

Nel mio cortile

Tra punk e grunge, una storia di abisso e risalita. Con entrambe le fasi che sanno prendersi delle pause. Nel mio cortile ci narra di quanto abbiamo bisogno degli altri, di come la dipendenza sia uno stato d’animo e l’aria è viziata ma non sempre per colpa nostra. Saranno le labbra di qualcun altro a portarci ossigeno. E la discesa sembra uno stato necessario. Perché qui non c’è spazio per poetiche speranze, quando la motivazione prende le fattezze, uguali e diverse dalle nostre, di qualcuno da amare. Disilluso ma non arreso. Coi piedi per terra ma non pessimista. Ritratto dei tempi in sana salsa alternative rock.

(Stefano Giannetti)

Calzeeni: 8

Serate cinema

È quello che vogliamo dall’estate. Dall’estate dell’anno, dall’estate della vita e dalle estati dell’amore. Riavvicinarsi il tempo di una notte sotto le stelle. Coi problemi che restano, ma mai tenaci come la voglia di stare insieme. Come il sesso è terapeutico per un tempo limitato per via delle sostanze del piacere che rilascia, dei corpi che si conoscono e non devono parlarsi, così sono le “serate cinema”, durante le quali “due acrobati su un filo teso” mantengono l’equilibrio. È la voglia di leggerezza, consapevole, di cui abbiamo bisogno e ne avremo. Anche d’inverno.

(Stefano Giannetti)

Te quiero Euridice: 8

Cinema Mexico

Il Cinema Mexico, mitico baluardo di Milano, diventa granitica ma fresca metafora della nostalgia. È quasi un ossimoro, un brano dal mood vivace ma che narra un non-ritorno. Come nel Cinema Mexico in cui non si entra da un po’ ma resta magnifico nei ricordi, così una vecchia storia d’amore torna nella testa con una certa puntualità.

E coi difetti che c’erano, con il marcio di una serata a bere male, col raziocinio che non ci farebbe mai tornare da “una bimba per strada col coltello nei jeans”. Eppure perché ci si pensa ancora? Sarà l’estate? Sarà Milano contro l’aria buona del sud? Magari è il tempo che ci coccola e ci distrugge, e si estende dentro di noi anche quando fuori è stato veloce e futile come un’avventura tossica o una sbronza.

(Stefano Giannetti)

Giuliettacome: 8

Pariah

Un groove psichedelico che sembra arrivare da lontano, ma che finisce per risuonare proprio dove serve. Un brano che parla di spaesamento senza dirlo apertamente, che ti porta in una stanza condivisa di destini intrecciati e voci che si sovrappongono, come pensieri nelle notti in cui il sonno non arriva. C’è chi sogna, chi si arrende, chi resta in sospeso. E tu, in mezzo, con la sensazione di non appartenere del tutto a nessun posto.

La produzione è densa ma leggera, fatta di strati sonori che si rincorrono e si fondono: synth che ondeggiano come un mare calmo, percussioni che pulsano come un cuore inquieto, e melodie che sembrano raccontare un futuro sfocato, sempre un passo più in là.

Dumbo Gets Mad non cerca di rassicurare, non costruisce una via d’uscita. Ma proprio in questo sta la forza di “Pariah”: resta lì con te, come una presenza silenziosa, quando ti accorgi che il mondo continua a correre e tu non sai ancora dove andare.

(Viola Santoro)

Dumbo Gets Mad: 7

ANCORACARLO

Ci sono momenti in cui la musica diventa un rifugio. Non perché risolva qualcosa, ma perché ti fa sentire meno solo in quel groviglio di emozioni che non sai nominare. “ANCORACARLO”, il nuovo progetto di Still Charles, è esattamente questo: sei tracce che sembrano scritte per chi sta cercando di rimettere insieme i pezzi, con addosso la voglia di correre e la paura di cadere di nuovo.
È un EP che non ha bisogno di artifici per colpire. Tra indie rock e influenze pop, Still Charles costruisce un racconto emotivo che oscilla tra slanci vitali e malinconie sottili. I testi, istintivi e viscerali, sembrano frammenti di un diario notturno, immagini che restano addosso anche dopo aver spento la musica. C’è ironia, c’è vulnerabilità, c’è quella strana energia che ti prende solo quando decidi di riprovarci nonostante tutto.

“ANFIELD” apre il viaggio con un romanticismo velato di nostalgia, portandoti in uno stadio pieno di cori, ma facendoti sentire inspiegabilmente solo in mezzo alla folla. Poi “URUGUAY”, con il suo blu liquido, dipinge paesaggi interiori che sanno di mare e silenzio, di calma e smarrimento. Con “VITAVITAVITA” il ritmo accelera: è un’esplosione di energia che sembra urlarti di mollare i freni, anche solo per tre minuti.

E quando arrivi a “AMORETABACCO”, ti ritrovi dentro quelle relazioni che fanno male e bene insieme, in bilico tra voglia di sparire e voglia di ricominciare. Poi arriva “SERENO”, un inno alla leggerezza che non finge di cancellare le ombre, ma prova a spostarle un po’ più in là. Chiude tutto “FOSSE PER ME”, ballata estiva che profuma di libertà e malinconia, con Mazzariello a dare voce a sogni e cicatrici.

“ANCORACARLO” non è solo un titolo, è un promemoria: cadi, ti rialzi, inciampi di nuovo. E va bene così. Perché dentro quelle cadute ci sono lezioni, ferite che diventano mappe, e una strana, ostinata voglia di non mollare.
Still Charles non cerca di aggiustare niente con queste sei tracce. Al contrario, ci mostra che certe crepe possono restare aperte eppure lasciar entrare luce. La sua musica vibra di questa tensione: tra malinconia e leggerezza, tra fallimento e ripartenza, tra quello che siamo e quello che proviamo a diventare.
E mentre l’ultima nota di “FOSSE PER ME” svanisce, resta una sensazione strana: la voglia di ricominciare a camminare, anche se con passi incerti. Ancora, ancora e ancora.

(Viola Santoro)

Still Charles: 7,5

Nonno con lo smartphone

La band toscana continua la sua missione: non restare in silenzio di fronte alle storture della contemporaneità, ma raccontarle con energia, schiettezza ed una sonorità che unisce il pop-punk all’intensità del post-hardcore.
Il brano smaschera con ironia la fredda superficialità delle relazioni digitali, viene messa a nudo l’ossessione per i like e la tendenza a voler apparire piuttosto che esserci veramente.
“Nonno con lo smartphone” non è solo una critica: è un’urgenza, un allarme che ci riguarda tutti da vicino, con parole e note taglienti gli Allerta! ci vogliono scuotere la coscienza, ricordandoci che la vita reale è ben diversa dal mondo virtuale.
(Benedetta Rubini)

Allerta! : 8

Vivi Piú Che Mai

Quanto è importante sentirci vivi e goderci ogni istante, “Vivi più che mai”: un inno alla leggerezza consapevole. La parola chiave è libertà, libertà di vivere per davvero, di rallentare e di concentrarsi sulle cose che contano davvero.
Con questo brano Rondine fa un manifesto pop dedicato all’estate come spazio mentale e fisico, in cui finalmente possiamo tirare un sospiro di sollievo e respirare.
Il brano è semplice ma incisivo nell’emotività, Rondine ci parla delle piccole cose che danno davvero senso ai giorni: un’alba al mare, la voce dei nonni, un sorriso, gli amici.
Musicalmente il singolo si colloca tra il pop e il cantautorale, con un sound indie e cosí l’artista ci invita a cogliere ogni piccolo istante di bellezza che ci circonda.
(Benedetta Rubini)

Rondine: 8

Dinamite

C’è una forma di dolcezza che esplode silenziosamente, come fa la malinconia nelle ore più lente del giorno. È questa la sensazione che lascia “Dinamite”, una canzone nata quasi per caso, una ballata lo-fi sognante che intreccia chitarre leggere con un basso country e uno xilofono che lascia un taglio.
Il testo è un viaggio dolce amaro tra le crepe dell’intimità, “Scriviamo un altro ritornello lento, per farci compagnia mentre stiamo stesi al letto.” In queste parole si nasconde tutta la fragilità di una relazione che non ha più slanci, ma solo carezze di resistenza.
Il titolo è una parola carica, un’espressione trattenuta, Acqua Distillata vuole far unire tenerezza e frustrazione; ci racconta una crisi senza urla, dove l’abitudine ormai ha preso il sopravvento.
(Benedetta Rubini)

Acqua Distillata: 8

Quasi all’improvviso

C’è un momento, tra la distanza e il ricordo, in cui tutto sembra immobile. “Quasi all’improvviso” si insinua lì, con la delicatezza di chi non vuole disturbare, ma sa farsi sentire.
Un legame che cresce a distanza, si trasforma, perde pezzi e li ritrova. Come certe persone che non vedi per mesi, ma quando le rivedi ti sembra non sia passato un giorno. È un brano fatto di sussurri, sospiri, abitudini spezzate, e la strana consolazione di sapere che, nonostante tutto, il posto dell’altro dentro di noi resta intatto.
Il brano si muove su tappeti elettro-pop soffici, appena increspati da una malinconia che non cerca il dramma. È la malinconia dolce delle cose che ci appartengono anche quando non riusciamo più a toccarle.
La produzione è precisa ma non levigata, lascia passare la luce tra le pieghe, come le parole dette a metà durante una chiamata fatta troppo tardi. La voce di Ceneri tiene tutto insieme con una grazia che non chiede permesso.
Non c’è nostalgia da cartolina qui. Solo il tentativo ostinato di tenere vivo un legame, anche quando la quotidianità scorre altrove.
“Quasi all’improvviso” non cerca l’effetto, ma arriva dritta lo stesso. Come certe amicizie: che magari non vedi, non tocchi, non chiami… ma sai che ci sono. E questo basta.
(Serena Gerli)

Ceneri:8-

Mi baci, ti guardo, mi sciolgo / Cuore selvaggio

Danielle torna con due brani che sono due poli opposti dello stesso campo magnetico. “Mi baci, ti guardo, mi sciolgo” e “Cuore selvaggio” non si rispondono, ma si completano. Uno esplode, l’altro frana. Entrambi raccontano ciò che resta quando ci si espone del tutto all’amore.
“Mi baci, ti guardo, mi sciolgo” è un inno alla meraviglia di sentirsi scelti, visti, amati. Un titolo che è già una resa, una dichiarazione senza difese. Le chitarre si allungano come un abbraccio che non vuole finire, la voce si fa liquida, sognante, come chi ha trovato finalmente un posto sicuro in cui stare. È il racconto del momento esatto in cui il buio si dissolve, e tutto sembra tornare possibile.
“Cuore selvaggio” invece è quello che arriva dopo. Quando si resta lì, immobili, a guardare le crepe. È un brano fatto di immagini che pesano quanto parole non dette: lo smarrimento, la nostalgia, la domanda che non ha risposta. La produzione si ritrae, lascia spazio al vuoto. È una ballata che cammina sul filo sottile del rimpianto, ma senza mai cadere nella disperazione.
Danielle mette a nudo due emozioni estreme con la stessa lucidità: il tutto e il nulla, l’inizio e la fine. Ma soprattutto, racconta con sincerità ciò che accade nel mezzo, dove l’amore non è solo un sentimento, ma una trasformazione.
(Serena Gerli)

Danielle:8+

“Lu rusciu de lu mare”

Con “Lu rusciu de lu mare”, Sarafine apre un nuovo capitolo, ma lo fa guardando indietro. Non per nostalgia, ma per affondare le mani in una memoria collettiva e portarla a vibrare nel presente. Insieme a Ciauru, prende uno dei canti più iconici della tradizione salentina e lo rilegge con una grazia che non forza mai la mano, ma lascia che siano i suoni a parlare da sé.
La voce di Serafine, limpida e profonda, attraversa il dialetto con una naturalezza che diventa corpo, mare, racconto. Tutto intorno, l’elettronica di Ciauru costruisce uno spazio sospeso: non è solo una base, è un luogo in cui convivono passato e futuro, radici e visioni. Ogni synth, ogni battito, sembra amplificare il respiro di quel “rusciu” – un rumore che diventa eco di un amore perduto, di un tempo lontano, di qualcosa che continua a vibrare sotto pelle.
È una reinterpretazione che non ha paura di osare, ma lo fa con rispetto. Serafine non addomestica la tradizione, la incontra. E ne esce un brano che non è né revival né semplice esperimento: è un atto d’amore. Una dichiarazione di appartenenza che sa essere universale.
In “Lu rusciu de lu mare”, Sarafine conferma di avere una visione lucida e luminosa, capace di tenere insieme mondi lontani come se non fossero mai stati separati.

(Serena Gerli)

Serafine:8,5

Luna Nuova

Si può rimanere in balia del futuro, cercando un po’ di fortuna o almeno una Luna nuova. E così che ritorna Il Cairo con un brano che parla  al destino, chiedendo misericordia e conferme sulle scelte fatte.

Ascoltando questo brano sembra quasi di assistere ad una lettura dei tarocchi, con il coinvolgimento emotivo di chi crede, anche se da priorità alla ragione, sperando, quasi in contraddizione con la sua parte più pratica, però che le carte diano risposte positive.

Per scoprire quello che succede a volte è meglio lasciarsi trascinare, piuttosto che rimanere sull’attenti e ancorati alle proprie posizioni.

(Nicolò Granone)

Il Cairo: 7,5

Chi chiami amore

L’essere umano ha davvero paura ad ammettere le fragilità e quindi cerca comprensione negli altri, chiudendo le paure e le illusioni dentro un bacio o un semplice abbraccio. Cosa rimane però a chiedere amore, regalando tempo, parole e pensieri?

Un vuoto che si cerca di colmare ricominciando il loop sopracitato, e quindi come suggerisce il brano di questa canzone quanto è importante dare il giusto nome alle persone, per vivere una vita senza il bisogno di sopravvivere e con la volontà di condividere, mantenendo lucidamente la propria indipendenza.

Scar, all’apparenza, riesce a scherzare sugli effetti di queste mancanze, ma consapevolmente parole e musica riaprono vecchie ferite, che fanno male. Si, esatto. come tutte le volte!

(Nicolò Granone)

Scar: 9

Dal tramonto all’alba (Uomini in nero)

Dal Tramonto all’Alba” segna un nuovo capitolo per Alosi (fondatore de Il Pan del Diavolo): “è il tempo del cambiamento, delle ombre, della resistenza e della trasformazione”, scrive l’artista. Un brano viscerale e cinematografico, un ponte tra ciò che ha reso Alosi riconoscibile negli anni, scrittura intensa, visione lucida, suono distintivo, e il futuro, con un nuovo progetto discografico nato dopo tre anni di lavoro, contaminazioni e ricerca artistica. In questo singolo, strumenti e mondi sonori si intrecciano: il didgeridoo si fonde con il blues, creando un paesaggio musicale che è arcaico e moderno allo stesso tempo, ipnotico e inquieto come le figure evocate dal titolo: gli “Uomini in Nero”, simboli di poteri invisibili e paure collettive.

Alosi:8

Analisi di fase

Gli alti e bassi diventano tavole da surf per navigare sulla nostra Analisi di fase, il primo EP dei Manifesto in uscita il 4 luglio per Honiro Label.
La parola analisi richiama sempre a qualcosa di astratto ed estrapolato dalla realtà secondo la logica, razionalizzando anche ciò che appare irrazionale.
Eppure, non c’è niente di più analitico della vita concreta che rimane tale, di quelle emozioni liberatorie o distruttive che, una volta ripercorse, tracciano i
contorni della nostra persona. E proprio attraverso il processo introspettivo, ad un certo punto, si arriva a questa conclusione: il mondo cambia e perde sempre di più il suo lato più reale, ma, non distogliendo l’attenzione verso noi stessi insieme agli altri, ci si può ancora avvicinare all’atto più rivoluzionario: non dimenticarsi la propria essenza, l’essere fatti di carne e ossa.

“‘’Analisi di fase’’, che riprende il termine utilizzato per analizzare le situazioni socio-politiche, è un viaggio cominciato tre anni fa, dove abbiamo messo alla
prova noi stessi non solo nella ricerca di un suono specifico, ma anche nel descrivere e analizzare, appunto, i diversi periodi della vita, tra desiderio di libertà
e sfumature di una generazione con dinamiche sempre più complesse. Abbiamo preso ogni bolla, fotografandola e trasformandola in suono di speranza e
rivoluzione’’ ci raccontano gli artisti.

Manifesto: 7,5

Estate in strada

“ESTATE IN STRADA” contiene l’omonimo singolo “ESTATE IN STRADA”, insieme a “TTXTE” e “Una vita, un minuto”, brani che fotografano l’estate da una prospettiva autentica, lontana dai cliché patinati delle vacanze da cartolina. Ogni pezzo descrive un frammento diverso di questa stagione e della visione artistica di Yaraki, sia dal punto di vista tematico sia da quello sonoro. “ESTATE IN STRADA” è il racconto di ciò che spesso si nasconde sotto la superficie della stagione più attesa dell’anno: la noia di chi resta in città, l’amore complicato che nasce tra l’asfalto rovente, il desiderio di partire e al tempo stesso il senso di costrizione, tra la voglia di libertà e una realtà che non lascia scampo.

All’interno del progetto, l’estate diventa una storia fatta di attese, tensioni e fuochi emotivi, ed è l’artista stessa ad offrire al pubblico una lente per osservare ciò che è sotto i nostri occhi.

Yaraki: 8

 

L'articolo New Indie Italia Music Week #239 proviene da Indie Italia Magazine.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News