Presidenziali Romania: il terremoto Simion innesca la crisi di governo

Maggio 6, 2025 - 00:30
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Presidenziali Romania: il terremoto Simion innesca la crisi di governo

Bruxelles – Non sembra esserci pace per la democrazia romena. Nell’ennesimo terremoto politico (pur previsto dai sondaggi), l’ultranazionalista George Simion ha sbancato al primo round delle presidenziali, arrivando quasi a doppiare il secondo classificato. Il leader del partito di destra radicale Aur ha raccolto l’eredità politica di Călin Georgescu, l’indipendente filorusso estromesso dal processo elettorale nella grave crisi politica che attanaglia da mesi il Paese balcanico.

Non previsto, invece, è stato l’immediato crollo dell’esecutivo guidato dal socialdemocratico Marcel Ciolacu, dimessosi a causa del pessimo risultato del candidato della coalizione governativa, Crin Antonescu, sorpassato di misura dal centrista indipendente Nicușor Dan. Si apre ora il rebus del ballottaggio, mentre aleggia su Bucarest lo spettro di un presidente euroscettico e contrario agli aiuti a Kiev.

L’esito delle urne

A scrutinio completo, il responso delle urne non poteva essere più chiaro. Il primo turno delle presidenziali svoltosi ieri (4 maggio) in Romania è stato stravinto dall’estrema destra populista e pro-Cremlino, col 38enne George Simion, capo dell’Alleanza per l’unione dei romeni (Aur) – formazione ultranazionalista e anti-migranti, fortemente critica dell’Ue e del sostegno alla resistenza ucraina (tanto da essere stato bandito da Kiev l’anno scorso) – e sostenitore del trumpismo in salsa Maga, che si è portato a casa il 40,96 per cento dei voti.

Dietro di lui, con grande distacco, il candidato del centro-destra Nicușor Dan, attestatosi al 20,99 per cento. Il sindaco della capitale ha sorpassato per meno di un punto Crin Antonescu, scelto come nome comune dalle forze che compongono la coalizione di governo (i liberali del Pnl, i socialdemocratici del Psd e il partito che rappresenta la minoranza ungherese, l’Udmr), fermatosi invece al 20,07 per cento.

Nicusor Dan
Il sindaco di Bucarest, Nicușor Dan (foto: Daniel Mihailescu/Afp)

“Questa non è solo una vittoria elettorale: è una vittoria per voi, per il popolo rumeno, per la nostra dignità“, ha dichiarato Simion in un videomessaggio pre-registrato trasmesso al quartier generale di Aur ieri sera. “È il trionfo di chi non ha perso la speranza, di chi crede ancora in una Romania libera, rispettata e sovrana”, ha aggiunto.

Crolla il governo Ciolacu

Ma nel corso del convulso pomeriggio odierno, la peggiore crisi politica che attanaglia Bucarest dal 1989 ha continuato ad avvitarsi, destabilizzando ulteriormente la giovane democrazia romena. Il risultato deludente di Antonescu ha infatti provocato le dimissioni del leader del Psd, il 57enne Marcel Ciolacu, dall’incarico di primo ministro.

Insieme a lui, lascia la compagine di governo l’intera squadra socialdemocratica (otto ministri su 16), portando alla fine la travagliata esperienza del secondo esecutivo Ciolacu nato poco prima di Natale con l’obiettivo, egregiamente mancato, di dare una parvenza di stabilità al Paese.

Da ieri sera, il Psd e il Pnl (i principali azionisti della maggioranza che sono anche i più antichi partiti tradizionali romeni) non hanno smesso di scambiarsi accuse reciproche, incolpandosi l’un l’altro per aver consegnato la vittoria all’ultradestra nazional-populista. Stando alle ricostruzioni della stampa locale, sarebbero stati proprio i liberali a fare pressioni sul premier affinché facesse un passo indietro.

Marcel Ciolacu
Il leader del Psd e primo ministro dimissionario della Romania, Marcel Ciolacu (foto: Daniel Mihailescu/Afp)

La frattura all’interno della coalizione si era del resto già manifestata subito dopo l’annuncio dei risultati del voto, in particolare nell’atteggiamento assunto verso Dan in vista del ballottaggio. Mentre il Pnl ha dato convintamente il proprio endorsement al primo cittadino di Bucarest, il Psd non ha voluto offrire sostegno a nessuno tra i due candidati.

Neanche un mese fa, Dan era diventato il nome prescelto dai liberal-conservatori dell’Usr, il principale partito europeista dell’opposizione i cui vertici avevano scaricato la propria leader Elena Lasconi, ritenendola inadatta a sfidare Simion al secondo turno (Lasconi è poi rimasta inchiodata, nel voto di ieri, al 2,68 per cento).

Il presidente della Repubblica ad interim Ilie Bolojan, succeduto a inizio febbraio a Klaus Iohannis, dovrà ora nominare un nuovo premier per l’approvazione parlamentare entro i prossimi 45 giorni. Il mandato di Iohannis, leader di lungo corso del Pnl e capo dello Stato balcanico dal 2014, era scaduto lo scorso dicembre ma lo storico annullamento delle elezioni del mese precedente lo avevano costretto a rimanere in carica.

Da Georgescu a Simion

L’exploit di Simion è considerevole, se si pensa che i sondaggi pre-elettorali lo davano intorno al 30 per cento dei consensi. Ma non è un fulmine a ciel sereno, poiché si colloca in perfetta continuità coi risultati (giudicati clamorosi già all’epoca) della tornata di novembre, quando aveva fatto il botto il candidato indipendente Călin Georgescu con la medesima piattaforma politica filorussa ed ultranazionalista. A causa di pesanti interferenze russe rilevate dai servizi segreti, tuttavia, l’intero processo elettorale era stato annullato a dicembre dalla Corte costituzionale. Lo stesso Georgescu era poi stato definitivamente tagliato fuori dalla competizione per la presidenza a inizio marzo.

Călin Georgescu
L’ex candidato presidenziale Călin Georgescu (foto: Mihai Barbu/Afp)

Di fatto, Simion ha raccolto lo scettro politico di Georgescu, accrescendo ulteriormente il tesoretto di voti sovranisti soffiando proprio sul vento della protesta popolare contro l’annullamento delle elezioni di novembre: allora, i due tribuni dell’ultradestra avevano ottenuto insieme circa il 36 per cento. In caso di vittoria al ballottaggio, il leader di Aur (che potrebbe contare anche sul 13,05 per cento dell’altro candidato nazional-populista, l’ex premier socialista Victor Ponta) ha promesso di nominare Georgescu primo ministro.

Il risultato elettorale è stato accolto con grande entusiasmo dai sovranisti europei, a partire dai colleghi dei Conservatori e riformisti, nei cui banchi siede Aur (e di cui Simion è vicepresidente) insieme a Fratelli d’Italia e al PiS polacco. Il meloniano Nicola Procaccini, co-capogruppo dell’Ecr a Strasburgo, si è congratulato per una campagna che ha “elettrizzato la Romania”.

Il secondo turno delle presidenziali è fissato in calendario per il 18 maggio, e la domanda che tutti si pongono è se i partiti europeisti riusciranno a convincere la maggioranza degli elettori a sostenere Dan, onde evitare che a dirigere lo Stato balcanico al confine con l’Ucraina (dove peraltro è in costruzione quella che dovrebbe diventare la base Nato più grande d’Europa) finisca un simpatizzante di Mosca.

Se ciò accadesse, la Romania si unirebbe al novero dei membri dell’Unione apertamente critici nei confronti del sostegno di Bruxelles a Kiev, e insieme a Ungheria e Slovacchia potrebbe creare non pochi grattacapi al resto dei Ventisette in seno al Consiglio europeo. In aggiunta a ciò, si apre ora lo scenario di un nuovo voto anticipato per rinnovare il Parlamento di Bucarest dopo lo strappo in seno alla maggioranza di governo.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia