Per il piano casa UE servono 150 miliardi all’anno. E una stretta sugli alloggi brevi (ma non sarà un divieto)
Bruxelles – La Commissione europea compie un piccolo passo per risolvere l’enorme crisi abitativa che colpisce i cittadini del vecchio continente. Mette cioè in cantiere un piano per la Casa a prezzi accessibili – come promesso da Ursula von der Leyen alla famiglia socialista che ne ha sostenuto la rielezione -, che prevede misure per aumentare l’offerta di alloggi, una proposta legislativa per regolamentare gli affitti brevi e maggiori flessibilità sugli aiuti di Stato.
Il piano è stato presentato oggi (16 dicembre) a Strasburgo dal commissario UE per l’Energia e le politiche abitative, Dan Jørgensen. Prende le mosse da alcuni numeri impietosi: negli ultimi dieci anni, i prezzi delle case in UE sono aumentati in media del 60 per cento, quelli degli affitti di oltre il 20 per cento. Dal 2021, i permessi per l’edilizia residenziale sono diminuiti del 22 per cento. In più, il 20 per cento del patrimonio immobiliare esistente non è utilizzato o lo è in modo inefficiente. Contemporaneamente, gli affitti a breve termine sono aumentati di quasi il 93 per cento tra il 2018 e il 2024. Un mix esplosivo, la cui conseguenza più evidente sono gli oltre un milione di senzatetto nelle città dell’Unione europea, tra cui 400 mila minori.
Ma il problema dell’accesso alla casa riguarda anche giovani, studenti, lavoratori essenziali, perfino la classe media. E danneggia l’accesso all’istruzione e all’occupazione, alimenta la crisi demografica, ostacola in definitiva tanto la competitività UE quanto la coesione sociale. Secondo i dati della Commissione europea, oggi in UE si costruiscono circa 1,6 milioni di nuove unità all’anno. Ma “nei prossimi 10 anni saranno necessari circa 650 mila alloggi in più all’anno“, che – in termini di investimenti pubblici e privati – costeranno “150 miliardi di euro all’anno”.
Una cifra monstre, che va anche oltre quanto chiesto dall’Alleanza europea dei sindaci – guidata dai primi cittadini di Roma, Roberto Gualtieri, e di Barcellona, Jaume Collboni – di un fondo da 300 miliardi fino al 2030. Più che un piano, quello a cui sta lavorando Bruxelles è un “pacchetto immobiliare”, composto da un piano per gli alloggi a prezzi accessibili, da una strategia per la costruzione di nuovi alloggi e dalla revisione delle norme sugli aiuti di Stato nel settore dell’edilizia residenziale.

Prima di tutto, c’è bisogno di soldi. Finora la Commissione ha mobilitato 43 miliardi di euro nel settore dell’edilizia abitativa “e continuerà a farlo nell’ambito del prossimo bilancio a lungo termine”. Un funzionario UE ha stimato inoltre 10 miliardi di euro di investimenti nel prossimo biennio nell’ambito di InvestEU, almeno 1,5 miliardi di euro provenienti dalla riprogrammazioni dei piani nazionali dal fondo di coesione, un sostegno supplementare dal Fondo sociale per il clima per gli investimenti nell’efficienza energetica e nella ristrutturazione degli edifici.
Un tassello fondamentale è la revisione delle norme sugli aiuti di Stato, che “renderanno più facile per gli Stati membri sostenere finanziariamente alloggi accessibili e sociali”. Su un binario parallelo si procederà ad un alleggerimento della burocrazia e alla semplificazione delle norme che limitano l’offerta di alloggi e il rilascio dei permessi.
La Commissione europea – che si muove in uno spazio decisamente ristretto vista la prevalente competenza nazionale sulle politiche abitative – si è decisa a fare ordine nella giungla degli affitti a breve termine, finora interessati solamente da un regolamento che impone la registrazione e la condivisione dei dati dei locatori che si appoggiano alle piattaforme online.
Troppo poco, considerando che nelle aree più turistiche la Commissione europea stima che le abitazioni convertite ad affitti a breve termine rappresentino ormai il 20 per cento del patrimonio immobiliare. La proposta legislativa sugli affitti brevi, attesa per la primavera del prossimo anno, “non sarà un divieto”, ha messo in chiaro Jørgensen, ma “aiuterà a definire le zone sottoposte a stress abitativo” e “sarà possibile adottare misure proporzionate per affrontare l’impatto negativo degli affitti brevi“.
“Stiamo parlando di uno strumento, nel pieno rispetto della sussidiarietà”, ha insistito un funzionario UE. In sostanza, la Commissione cercherà di fornire “maggiore certezza giuridica” per agire, ad esempio, sul numero minimo dei pernottamenti.

Per Iratxe Garcia-Perez, presidente del gruppo S&d al Parlamento europeo, è ora tempo di attuare il piano “in modo rapido e ambizioso, con investimenti massicci: 300 miliardi di euro per alloggi accessibili e dignitosi, con almeno 100 miliardi di euro in sovvenzioni e aiuti di Stato”. La leader socialista ha sottolineato le necessità di “regolamentare gli affitti a breve termine a livello europeo per restituire le città a coloro che vi vivono e lavorano”, e di “proteggere gli inquilini, fermare gli sfratti delle famiglie e garantire contratti equi e sicuri”.
Il sindaco di Barcellona, città che più di tutte sta cercando di risolvere la piaga dell’overtourism e i suoi perversi effetti sul diritto alla casa, ha accolto con favore il piano UE. Collboni, insieme alla presidente del Comitato UE delle Regioni, Kata Tüttő, ha sottolineato tutta via che “affinché questo lavoro possa continuare nel prossimo decennio, il prossimo bilancio a lungo termine dell’UE deve consentire alle regioni e alle città di definire e realizzare interventi che affrontino la crisi abitativa sia a breve che a lungo termine, alleviando la pressione sulle grandi aree urbane e promuovendo il ruolo strategico delle città di piccole e medie dimensioni”.
Intervenendo durante il dibattito all’emiciclo di Strasburgo, l’eurodeputata del PD e presidente della commissione per l’emergenza abitativa, Irene Tinagli, ha avvertito: “Senza un reale impegno da parte dei governi nazionali, questi sforzi rischiano di restare insufficienti”. Più critica Benedetta Scuderi, eurodeputata del gruppo dei Verdi, secondo cui il piano “non va a fondo sulle cause strutturali della crisi: finanziarizzazione, speculazione e sottoinvestimento cronico nell’edilizia pubblica”.
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