Qatargate, l’inchiesta punta agli inquirenti belgi: indagine per fuga di notizie sul capo dell’Anticorruzione
Mentre a Bruxelles si accumulano indagini che travolgono le istituzioni europee, da quella sul Collegio d’Europa che ha coinvolto l’ex ministra italiana Federica Mogherini al cosiddetto “Huawei Gate” che nel marzo scorso arrivò a sfiorare alcuni eurodeputati italiani per un presunto giro di corruzione legato all’azienda cinese di tecnologia, è il “Qatar Gate” a riprendersi la scena.
Il primo “grande scandalo” che ha travolto l’Ue, che a tre anni dagli arresti che sconvolsero l’Unione con l’arresto tra gli altri della vicepresidente del Parlamento europeo Eva Kaili vede il procedimento giudiziario in Belgio ancora lontano dall’approdare ad un processo, senza un capo di imputazione con accuse precise e neppure l’elenco definitivo degli indagati, si sta rivoltando contro gli stessi inquirenti.
Dopo le vicende di Michel Claise, il giudice istruttore costretto a lasciare l’indagine per conflitto di interessi, il procuratore Raphael Malagnini fattosi trasferire, e un investigatore che, registrato, sconfessò l’inchiesta, ora è il turno dell’Ufficio belga anticorruzione.
Il direttore dell’Ocrc Hugues Tasiaux è formalmente indagato e rimosso dal suo incarico per quella che appare come una enorme fuga di notizie, una violazione lampante del segreto istruttorio da parte del capo dell’Anticorruzione belga.
Da domenica la Camera d’accusa del Tribunale di Bruxelles ha aperto un nuovo ciclo di udienze che, in parallelo con l’inchiesta principale, punta a far luce sui metodi adottati dalla giustizia belga in fase di indagine: nel mirino i comportamenti tenuti dagli 007 belgi alle presunte violazioni dell’immunità parlamentare e del segreto istruttorio, tutte questioni denunciate dall’ex vicepresidente dell’Eurocamera Eva Kaili e da suo marito Francesco Giorgi, che in Procura a Milano hanno sporto querela per calunnia contro Pier Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato di Articolo Uno ritenuto l’anima della presunta rete corruttiva che ha tirato in ballo gli altri indagati dopo il suo “pentimento”.
Ma torniamo al ruolo di Tasiaux. Il Corriere della Sera riferisce che Tasiaux lo scorso 6 febbraio ha subito una perquisizione domiciliare dai suoi colleghi, che hanno poi proseguito gli accertamenti nel suo ufficio e sequestrato il suo smartphone e quello dell’ex giudice istruttore Claise e del magistrato Malagnini. All’ex direttore dell’Ufficio belga anticorruzione i magistrati contestano i rapporti con i giornalisti delle due testate belghe che rivelarono in anteprima il caso Qatargate.
Dallo smartphone di Tasiaux sarebbero emerso che, alla vigilia degli arresti del 9 dicembre 2022, due giornalisti gli mandarono gli articoli da pubblicare il giorno dopo, come poi avvenne, sui siti di due quotidiani belgi, scrivendogli: “Tutte le sue osservazioni sono benvenute!”. Tasiaux da parte sua non smentisce, parla di “caso molto delicato”, e tira in ballo Claise e Malagnini. L’ipotesi è quella di un accordo tra giornalisti e inquirenti: i primi avrebbero saputo dell’inchiesta con mesi di anticipo, non pubblicando nulla per danneggiarla, ricevendo in cambio la promessa dell’esclusiva nel momento in cui sarebbe stato possibile pubblicarla.
A marzo la procura belga era tornata a bussare al Parlamento Ue chiedendo la revoca dell’immunità per le eurodeputate del Pd Alessandra Moretti ed Elisabetta Gualmini: la scorsa settimana, la commissione giuridica dell’Eurocamera ha dato il via libera soltanto per la prima, in attesa del voto dell’Aula.
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