Safari Sarajevo, un giornalista croato denuncia il coinvolgimento di Vučić
Bruxelles – L’epicentro è Milano, ma gli effetti stanno raggiungendo tutta l’Europa. L’inchiesta sui cecchini per turismo tra le macerie di Sarajevo lanciata dal giornalista italiano Ezio Gavazzeni si sta allargando. A sporgere denuncia al tribunale di Milano questa volta è stato Domagoj Margetić, giornalista investigativo croato. Nell’occhio del ciclone ci sarebbe addirittura il presidente serbo Aleksandar Vučić. Secondo i documenti portati a Milano da Margetić, Vučić, all’epoca appena ventenne, si sarebbe arruolato come volontario nell’unità paramilitare sotto il comando di Slavko Aleksić, che operò nell’area di Sarajevo negli anni dei “cecchini per divertimento”.
Le accuse al presidente serbo sono state subito smentite da Vučić: “Non ho mai ucciso né ferito nessuno”, ha detto, citato dall’ANSA. Sugli stessi toni anche la nota pubblicata su X dal ministero degli esteri: “È un tentativo di disseminare disinformazione per danneggiare la reputazione della Repubblica di Serbia”, si legge nel documento, che aggiunge come il passato serbo venga “nuovamente utilizzato come mezzo di manipolazione politica, alimentando le tensioni e favorendo una destabilizzazione della nostra regione”.
Gli effetti politici si vedranno nelle prossime settimane. Di certo la cosa non può far piacere all’Unione Europea, che già aveva criticato Belgrado per i suoi passi indietro nel processo di adesione. Un rapporto controverso quello tra UE e Belgrado. Ieri, 20 novembre, durante la conferenza sulla collaborazione tra Regno Unito e Balcani occidentali, il presidente serbo si era dimostrato ottimista: “Penso che il posto migliore per tutti nei Balcani occidentali sia l’Unione europea”.

I “turisti della guerra”
Il caso dei cecchini per turismo richiede grande cautela. La storia è vecchia di trent’anni e solo ora sono state aperte le indagini. I primi elementi risalgono al 1995, quando il Tribunale dei popoli di Trento (un tribunale italiano senza poteri coercitivi fondato nel 1979) condannò la violazione dei diritti fondamentali dell’infanzia e dei minori nel contesto dell’assedio di Sarajevo (1992-1995). Nella sentenza si cita la presenza di “turisti della guerra” giunti nella capitale bosniaca con “voli privati da piccoli aeroporti europei, equipaggiati con tute mimetiche, stivali da combattimento e armi, per partecipare a ‘week-end di cecchinaggio’ sulle colline di Sarajevo”. Questi soggetti, tra cui diversi italiani, arrivavano in segreto tra le linee serbe e poi venivano scortati sui luoghi del conflitto dai miliziani. Una volta pagate ingenti somme, iniziava la loro abominevole caccia all’uomo. Questo almeno quello che viene contestato.

I miliziani al cimitero di Sarajevo
La certezza del giornalista croato Domagoj Margetić è però un’altra, quella cioè che tra quei paramilitari ci fosse anche l’attuale presidente Aleksandar Vučić. In un post sui social, Margetić ha pubblicato l’intera denuncia esposta alla questura di Milano. Il documento cerca di confermare la voce che in Serbia circola da tempo, cioè quella della presenza di Vučić all’interno dell’unità paramilitare sotto il comando di Slavko Aleksić. Il battaglione di Aleksić operava, secondo le testimonianze ufficiali avvenute durante i processi tenutisi al Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia (ICTY), nel cimitero di Sarajevo durante l’assedio della città. Tra le file dei volontari ci sarebbe stato anche Vučić.
Margetić presenta vari elementi a sostegno di questo, come un’intervista al settimanale belgradese “Duga” del 1994, dove lo stesso Vučić confermò di essere stato sul fronte di Sarajevo come volontario. Nella testimonianza l’attuale presidente serbo disse che il suo ruolo era però solo quello di portare cibo ai serbi. La prova più rilevante è invece la dichiarazione di Vojislav Šešelj, fondatore del Partito Radicale Serbo (SRS) all’ICTY. Durante il processo del 2013, contro il leader serbo condannato all’ergastolo Radovan Karadžić, Šešelj afferma che “il nostro segretario generale Aleksandar Vučić (all’epoca Vučić era segretario generale del partito di Šešelj ‘Partito Radicale Serbo’) prima di entrare nel partito è stato volontario presso Slavko Aleksić al Cimitero ebraico”.
La cosa è dirimente. Il cimitero ebraico è da sempre identificato come l’epicentro delle possibili azioni dei cecchini per turismo, informazione presente anche nelle carte presentate da Gavazzeni. Vučić ha smentito le accuse: “Mai nella vita ho fatto il cecchino” e, poi, riferendosi a un video che circola su una sua presenza a Sarajevo con in mano un fucile di precisione, aggiunge: “Mai ho avuto fra le mani il fucile di cui si parla. Vergognatevi”.
On video is Vucic holding a sniper during the Siege of Sarajevo…or Sarajevo Safari hunting people. pic.twitter.com/ouRxmZvNEq
— Dritan Buzani (@Erton3112) November 21, 2025
Da Milano fino a Belgrado
Dalla procura di Milano ai palazzi più importanti di Belgrado, il caso dei ricchi italiani affamati di sangue sulle colline di Sarajevo potrebbe coinvolgere la politica serba. In ogni caso, prima di avere una verità certa si dovrà aspettare le sentenze. Sembra improbabile che si riesca a determinare con certezza il coinvolgimento del presidente serbo negli episodi del safari umano. Contattato da Eunews, l’avvocato Nicola Brigida, del giornalista investigativo Ezio Gavazzeni, si dice ignaro del coinvolgimento di Vučić: “Nei nostri documenti non ci sono elementi relativi al presidente serbo”.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




