Cosa sono i PFAS e perché non è una buona notizia che siano stati reintrodotti

Sono molecole progettate per non scomparire: resistono al calore, alla degradazione, al tempo. Per questo i PFAS – per- e polifluoroalchiliche – vengono definiti “forever chemicals”. Perché restano. Nell’acqua, nei suoli, in alcuni casi nel corpo umano. E, inevitabilmente, nelle filiere agroalimentari.
La decisione dell’EPA statunitense di approvare due nuovi pesticidi con PFAS come principio attivo, annunciata dal Whashington Post, riapre un capitolo che molti speravano chiuso: quello dell’impiego intenzionale di sostanze ultrapersistenti in agricoltura. Non parliamo di contaminazioni accidentali, ma di molecole autorizzate, pensate per finire sui campi e quindi – almeno potenzialmente – sui nostri piatti.
Le PFAS nascono per essere efficaci: respingono l’acqua, scivolano via dalle superfici, resistono alla degradazione microbica. È proprio questa loro “invincibilità” chimica a renderle problematiche. Una volta in ambiente, non rientrano più nel ciclo naturale delle cose. Rimangono, si spostano con le piogge, raggiungono le falde, entrano nei corsi d’acqua, vengono assorbite dalle radici delle piante.
Gli studi raccolti negli ultimi anni collegano alcune PFAS a possibili rischi: danni al fegato, disturbi del sistema endocrino, impatti sul sistema immunitario, aumento di probabilità di alcune forme tumorali. Non tutte si comportano allo stesso modo, ma la persistenza è una costante. Ed è proprio questa caratteristica a preoccupare scienziati e associazioni: un pesticida può degradarsi in settimane o mesi, un PFAS resta per decenni.
Nel caso americano, colpisce anche la tempistica. Mentre molte istituzioni pubbliche e comunità locali stanno investendo milioni per rimuoverle dall’acqua potabile, l’EPA ne autorizza di nuove in agricoltura, aprendo la porta a ulteriori accumuli futuri. È un cortocircuito normativo che interroga il sistema nella sua interezza: come possiamo eliminare una sostanza da un comparto, se la reintroduciamo dall’altro?
Per il mondo del cibo, è un tema che va oltre la chimica. Le PFAS ci costringono a riflettere su un’idea di produzione che privilegia l’efficienza immediata senza considerare il costo ambientale a lungo termine. Ci ricordano che non esiste un “fuori” dal sistema alimentare: ciò che spruzziamo sui campi entra nei terreni, nelle acque, nelle comunità. E non è solo una questione americana. Anche in Europa l’uso di principi attivi fluorurati è stato autorizzato negli anni, e i residui nei prodotti agricoli sono in crescita. Per questo la notizia non va letta come un episodio isolato, ma come parte di un discorso più ampio: quello che riguarda la trasparenza, la tracciabilità, l’impatto delle scelte chimiche sui territori.
La reintroduzione dei PFAS nei pesticidi non è una buona notizia perché non riguarda solo l’agricoltura americana: riguarda l’idea stessa di futuro che vogliamo costruire nel piatto. Un futuro in cui la chimica non dovrebbe essere “per sempre”, ma proporzionata, reversibile, comprensibile.
L'articolo Cosa sono i PFAS e perché non è una buona notizia che siano stati reintrodotti proviene da Linkiesta.it.
Qual è la tua reazione?
Mi piace
0
Antipatico
0
Lo amo
0
Comico
0
Furioso
0
Triste
0
Wow
0




