La tassa turistica di Londra: cosa cambierà davvero

Novembre 24, 2025 - 21:00
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La tassa turistica di Londra: cosa cambierà davvero

Londra si prepara a una delle trasformazioni più significative della sua storia recente: l’introduzione di una tassa turistica, una misura già diffusa nelle capitali europee e nelle principali città globali, ma mai applicata nel Regno Unito. L’idea, discussa da anni e ora rafforzata dalle nuove proposte legislative del governo britannico, nasce dalla necessità di sostenere una città che accoglie ogni anno decine di milioni di visitatori e che vive di un equilibrio delicato tra turismo, residenti, infrastrutture e servizi pubblici. La tassa turistica Londra, come viene già definita nel dibattito pubblico, promette di generare entrate significative senza scoraggiare i viaggiatori, ma al tempo stesso apre un confronto acceso su costi, benefici e conseguenze per uno dei settori economici più importanti della capitale.

Perché Londra vuole introdurre la tassa turistica

La discussione sulla tassa turistica Londra nasce da un dato fondamentale: la capitale britannica ha registrato, nel solo 2024, 89 milioni di pernottamenti, una cifra enorme che racconta la vitalità del suo settore turistico ma che mette allo stesso tempo sotto pressione i servizi pubblici, la manutenzione urbana, i trasporti e la sicurezza. Secondo un’analisi pubblicata dalla BBC News attraverso una valutazione realizzata dal think tank Centre for Cities , Londra potrebbe generare fino a £240 milioni l’anno grazie a un prelievo applicato sui pernottamenti, un’entrata che aiuterebbe a bilanciare la spesa pubblica sostenuta quotidianamente dai governi locali. A oggi, infatti, l’Inghilterra è l’unico Paese del G7 che non consente ai governi locali di introdurre una tassa sui soggiorni, impedendo quindi alle città inglesi di utilizzare uno strumento già normale nel resto d’Europa.

Il nuovo scenario politico, che prevede l’approvazione dello English Devolution and Community Empowerment Bill, mira invece a fare esattamente il contrario: concedere ai sindaci, incluso Sadiq Khan, il potere di introdurre una tassa turistica modulabile, che ogni amministrazione potrà adattare in base alle proprie esigenze. Questa novità è particolarmente significativa perché Londra, con i suoi rapporti tra residenti e popolazione diurna estremamente sbilanciati (basti considerare che il borough di Westminster ha circa 200.000 residenti ma oltre 1 milione di persone presenti durante il giorno), sostiene costi giganteschi che ricadono quasi esclusivamente sui contribuenti locali.

Secondo il Centre for Cities, i modelli applicabili a Londra sono principalmente due. Il primo è la tassa percentuale, il modello utilizzato da New York e Toronto: negli Stati Uniti, una city tax di circa £14.86 a notte ha portato a entrate annuali superiori a £493 milioni. Il secondo modello possibile è quello della tariffa fissa a notte, adottato da Tokyo, che tuttavia produce cifre più modeste. Un terzo modello, utilizzato in Francia e Italia, ovvero la tariffazione variabile in base alla qualità e localizzazione dell’alloggio, risulta difficilmente applicabile nel Regno Unito perché non esiste un sistema di classificazione ufficiale e uniforme degli hotel.

La tassa turistica Londra, in fase di elaborazione, potrebbe quindi assumere una forma semplice: una quota percentuale uniforme o un importo fisso per notte, facilmente applicabile e facilmente controllabile. La Greater London Authority (GLA) aveva già sviluppato un’analisi interna nel 2017 che dimostrava come una tariffa di appena £1 per notte avrebbe generato £91 milioni annui, mentre un prelievo al 5% avrebbe portato il gettito a £240 milioni l’anno. In entrambi i casi, si tratta di cifre che possono avere un impatto concreto sulla qualità dei servizi offerti e sulla manutenzione urbana.

Ma la vera domanda è se questa nuova politica fiscale avrà un effetto negativo sul turismo. I dati raccolti mostrano chiaramente il contrario: secondo l’analisi riportata dalla BBC, le grandi destinazioni internazionali non subiscono alcun calo significativo quando viene introdotta una tassa di soggiorno moderata. Il motivo è semplice: i viaggiatori considerano la spesa aggiuntiva come marginale rispetto al costo complessivo del viaggio, soprattutto in una città come Londra, che compete con Parigi, New York e Tokyo per attrattività, cultura e business. Gli economisti sono convinti che, se calibrata correttamente, la tassa non ridurrà la domanda turistica, ma offrirà strumenti più efficaci per gestire la crescente pressione sulle infrastrutture.

La discussione politica, tuttavia, non è priva di tensioni. I leader dei borough più centrali, come Westminster, sostengono la necessità di introdurre il prelievo da anni, mentre il settore dell’ospitalità solleva timori e obiezioni. Ma è ormai chiaro che Londra si trova davanti a una svolta: tra pressioni economiche, opportunità di investimento e la necessità di competere con altre metropoli globali, la tassa turistica sembra destinata a diventare uno degli strumenti principali per costruire una città più resiliente e sostenibile nei prossimi anni.

Modelli internazionali a confronto e possibili scenari per Londra

Per comprendere fino in fondo il dibattito attorno alla tassa turistica Londra, è utile osservare come le città globali abbiano già adottato questo strumento. Nell’articolo della BBC News emergono tre modelli chiave che hanno influenzato l’analisi del Centre for Cities e che offrono un quadro comparativo estremamente utile per ipotizzare quale potrebbe essere la versione londinese del prelievo.

Il primo è il modello percentuale, applicato principalmente da città come New York e Toronto. Questo sistema prevede che al costo complessivo del soggiorno venga aggiunta una percentuale variabile, destinata agli investimenti urbani. Negli Stati Uniti, ad esempio, la city tax applicata a New York produce annualmente circa £493 milioni, con una media di £14.86 a notte. Si tratta di una cifra che non scoraggia il turismo, schiacciato verso l’alto dall’enorme domanda di visitatori, ma che permette alla città di mantenere elevato il livello dei servizi e delle infrastrutture. La logica percentuale, inoltre, può essere modulata facilmente in relazione al mercato: quando gli hotel sono pieni, la tassa cresce; quando i prezzi scendono, anche il contributo richiesto ai visitatori diminuisce, garantendo un equilibrio naturale tra domanda e offerta.

Il secondo modello considerato è quello della tariffa fissa, un sistema molto semplice utilizzato da città come Tokyo. Il Giappone applica una quota costante per ogni notte passata in hotel o in strutture di dimensioni medio-grandi. Si tratta di un prelievo meno redditizio: Tokyo raccoglie solo £35 milioni l’anno, un importo ridotto rispetto ad altre metropoli. Questo accade perché la tariffa è molto bassa e, soprattutto, non cresce in base al valore del soggiorno. Nel caso di Londra, dove le differenze di prezzo tra un hotel di lusso a Mayfair e un modesto ostello di zona 3 possono essere enormi, un sistema fisso rischierebbe di essere poco equo o poco efficace.

Il terzo modello, molto comune nell’Unione Europea, è quello della tariffazione variabile in base a categoria e localizzazione, come accade in Italia e in Francia. A Venezia, ad esempio, la tassa sul soggiorno aumenta in base alla categoria dell’hotel, con una forte differenziazione anche per quartiere. Parigi applica una logica simile, con cifre calibrate su stelle e tipologia della struttura. Per Londra, tuttavia, questa soluzione è quasi impraticabile: nel Regno Unito non esiste un sistema di classificazione ufficiale e centralizzato degli hotel, rendendo impossibile costruire una griglia tariffaria nazionale e coerente.

Per questi motivi, gli analisti ritengono che il futuro della tassa turistica Londra sarà quasi certamente una versione semplificata del modello percentuale o di quello fisso. La scelta dipenderà dal dibattito politico e dalla capacità delle autorità locali di gestire un sistema chiaro, trasparente e facilmente applicabile dagli operatori del settore. In ogni caso, qualunque sia il modello prescelto, le entrate potenziali rimangono considerevoli. La Greater London Authority, in uno studio del 2017 riportato dal documento analizzato dalla BBC , stimò entrate fra £91 e £240 milioni l’anno a seconda dell’aliquota utilizzata.

Accanto ai numeri, ciò che colpisce è la percezione della tassa da parte dei visitatori. Gli studi mostrano una sorprendente resilienza del turismo anche in presenza di nuovi prelievi. Le grandi città attrattive, come Londra, Parigi o New York, non subiscono alcun calo significativo della domanda quando introducono piccole tasse di soggiorno. Un sovrapprezzo di pochi euro o poche sterline per notte non è in grado di incidere sulla scelta della destinazione, soprattutto in un contesto in cui i prezzi degli alloggi, dei voli e dei servizi rappresentano già la parte più consistente della spesa dei viaggiatori. Al contrario, alcune città hanno utilizzato la tassa come strumento per migliorare la gestione dei flussi turistici e rendere la destinazione più sostenibile: un approccio che Londra potrà replicare se la misura verrà attuata con una strategia chiara e condivisa.

Un aspetto altrettanto importante riguarda il modo in cui i borough londinesi interpretano questa possibilità. Westminster, il cuore turistico della capitale, sostiene l’introduzione della tassa da molti anni. È uno dei borough più colpiti dall’enorme flusso quotidiano di visitatori, e proprio per questo ritiene che una quota del contributo economico dei turisti debba tornare alla comunità locale. Southwark e Brent condividono questa visione: nel primo caso, la presenza di attrazioni come il Tate Modern o il Borough Market rendono evidente il divario tra entrate generate dal turismo e costi sostenuti dai residenti; nel secondo, la pressione sugli eventi sportivi e sui grandi centri congressuali acuisce la necessità di sistematizzare le risorse.

Tuttavia, non mancano le voci critiche. Il settore dell’ospitalità, rappresentato in particolare da UK Hospitality e dalla sua CEO Kate Nicholls, ritiene che la tassa turistica Londra possa penalizzare non solo i turisti internazionali, ma anche i visitatori domestici, i lavoratori temporanei e chi viaggia per motivi familiari. L’IVA britannica al 20% è già una delle più alte d’Europa, e il rischio di introdurre una “tassa sulla tassa” è uno degli argomenti centrali del settore per frenare l’iniziativa. Le preoccupazioni non riguardano solo la domanda, ma anche la capacità degli hotel più piccoli di applicare correttamente un sistema aggiuntivo di rendicontazione.

Questo confronto tra istituzioni locali, governo nazionale e operatori privati racconta una città che sta cercando un equilibrio tra sostenibilità, competitività e giustizia sociale. E mentre i modelli internazionali offrono esempi utili, la specificità del tessuto urbano londinese richiede un approccio su misura, in grado di combinare semplicità amministrativa, stabilità economica e beneficio pubblico.

Le reazioni del settore, l’impatto sulle comunità locali e il ruolo della politica

Nessuna discussione sulla tassa turistica Londra può essere completa senza analizzare la forza delle reazioni da parte del settore turistico e alberghiero. Le associazioni di categoria, in primis UK Hospitality, hanno espresso posizioni forti e molto critiche verso la proposta. La CEO Kate Nicholls ha definito la misura “scioccante”, temendo che un nuovo prelievo possa scoraggiare non solo i turisti, ma anche i lavoratori temporanei, chi viaggia per conferenze e i visitatori domestici. Il timore più concreto del settore riguarda l’effetto cumulativo dell’imposizione: attualmente l’IVA britannica per gli alloggi è del 20%, tra le più alte in Europa, e una tassa aggiuntiva rischierebbe di aggravare ulteriormente il carico fiscale rendendo meno competitivo il mercato dell’ospitalità rispetto a città europee come Madrid o Berlino, dove l’IVA sugli hotel è significativamente più bassa.

Queste preoccupazioni, tuttavia, non rispecchiano necessariamente l’andamento dei mercati internazionali. L’analisi del Centre for Cities, riportata dalla BBC News , evidenzia come le destinazioni globali non subiscano un calo significativo quando viene introdotta una tassa di soggiorno moderata. Il caso di New York è particolarmente significativo: nonostante una tassa media di quasi £15 a notte, la città continua ad attrarre numeri record di turisti. Lo stesso vale per Parigi, Roma e Barcellona, dove la tassa varia in base alla categoria dell’alloggio. In questi contesti, la tassa non ha rappresentato un ostacolo, soprattutto perché i turisti tendono a valutare la destinazione nel suo complesso, e non sulla base di un sovrapprezzo considerato marginale rispetto al costo totale del viaggio.

La situazione londinese presenta caratteristiche uniche. Da una parte, la città è una delle destinazioni più visitate al mondo, sede di musei gratuiti, grandi attrazioni e un’offerta culturale senza paragoni. Dall’altra, i costi sostenuti quotidianamente dai borough centrali sono estremamente elevati. Westminster, che accoglie milioni di visitatori l’anno grazie a luoghi come Buckingham Palace, Trafalgar Square e il Parlamento, è un esempio emblematico: con soli 200.000 residenti e oltre 1 milione di persone presenti ogni giorno, la pressione sui servizi pubblici diventa enorme. Strade, trasporti, pulizia urbana, sicurezza: tutto richiede investimenti continui che oggi gravano in larga parte sui contribuenti locali. È per questo motivo che Westminster sostiene con forza l’introduzione della tassa turistica Londra: la considera non solo uno strumento finanziario, ma una questione di equità fiscale.

Anche altri borough, come Southwark e Brent, hanno espresso supporto alla misura. Southwark ospita attrazioni iconiche come il Tate Modern e il Borough Market, che attirano milioni di visitatori ogni anno. Brent, con il suo stadio di Wembley e una lunga tradizione di eventi sportivi e musicali, vive dinamiche simili legate all’afflusso di pubblico. Per questi borough, la tassa rappresenta la possibilità di reinvestire direttamente nei quartieri maggiormente esposti all’impatto turistico, migliorando l’ambiente urbano e la qualità della vita dei residenti.

La componente politica gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della misura. Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha espresso un sostegno prudente, evitando commenti definitivi fino alla conferma formale da parte del governo. Tuttavia, il suo ufficio riconosce il potenziale positivo della tassa sul piano economico e sul piano della “reputazione globale” della città. Una tassa introdotta in maniera equilibrata e investita in modo trasparente potrebbe infatti rafforzare l’immagine di Londra come città attenta alla sostenibilità, alla qualità dei servizi e all’esperienza dei visitatori.

Per consentire l’introduzione della tassa, il governo dovrà approvare lo English Devolution and Community Empowerment Bill, che darà ai sindaci maggiori poteri di governance fiscale. Oggi, nessun governo locale in Inghilterra può applicare una tassa sui soggiorni: la norma nazionale ne impedisce l’introduzione. Il nuovo disegno di legge cambierebbe radicalmente questo assetto, allineando il Paese alle pratiche degli altri membri del G7. L’aspetto più interessante è che il potere fiscale non sarebbe limitato a Londra: anche altre città, come Manchester o Birmingham, potrebbero adottare la misura, ampliando il quadro economico complessivo.

Nel frattempo, nel Regno Unito esiste già un meccanismo parziale chiamato Accommodation Business Improvement District (ABID). L’ABID consente ai comuni e agli operatori del turismo di introdurre un contributo volontario, che viene versato dalle strutture ricettive per finanziare iniziative locali. Questo strumento, tuttavia, non ha mai raggiunto una scala paragonabile alla tassa di soggiorno prevista dal nuovo modello legislativo. Alcuni borough, come Richmond, stanno valutando ABID temporanei, ma qualora la tassa turistica Londra venisse introdotta, gli ABID verrebbero probabilmente eliminati in favore di un sistema più stabile, uniforme e obbligatorio.

La questione chiave rimane la destinazione dei fondi. Il settore dell’ospitalità teme che la tassa finisca indistintamente nel bilancio generale, senza un ritorno diretto per il turismo e senza benefici visibili per i visitatori. Al contrario, i sostenitori della misura ritengono che una gestione intelligente degli introiti possa generare un circolo virtuoso: più fondi per la pulizia delle strade, per la manutenzione dei parchi, per il trasporto pubblico, per l’illuminazione e per la sicurezza. Una città più efficiente e meglio curata tende ad attirare ancora più turisti, creando un sistema in cui residenti e visitatori beneficiano da un miglioramento costante della qualità della vita urbana.

Questo dibattito non è solo economico o politico: riguarda la visione stessa del turismo a Londra. Una città capace di attrarre milioni di persone ogni anno deve al tempo stesso tutelare i suoi abitanti, proteggere il patrimonio culturale e mantenere un equilibrio sostenibile tra affluenza internazionale e vivibilità locale. Il futuro della tassa turistica Londra dipenderà dalla capacità delle istituzioni di trovare questo equilibrio, dimostrando che la misura non è una penalizzazione, ma un investimento collettivo.

Domande frequenti sulla tassa turistica Londra

La possibile introduzione della tassa turistica Londra solleva molte domande tra residenti, visitatori e operatori del settore. Di seguito, una serie di FAQ che chiariscono i dubbi più comuni e offrono una panoramica essenziale sugli scenari futuri della misura.

Una delle domande più frequenti riguarda l’ammontare previsto della tassa. Al momento, non esiste ancora una cifra definitiva. Tuttavia, sulla base dell’analisi riportata dalla BBC News e degli studi condotti dal Centre for Cities, si ipotizzano due scenari principali: una tariffa percentuale sul costo del soggiorno o una tariffa fissa per notte. Nel primo caso, una percentuale compresa tra il 3% e il 5% potrebbe produrre entrate annuali intorno alle £240 milioni, mentre una tariffa fissa, ad esempio £1-£2 a notte, genererebbe una cifra inferiore ma comunque significativa. La decisione finale dipenderà dalle esigenze dei borough e dalle indicazioni del governo nazionale.

Un’altra domanda ricorrente è se la tassa si applicherebbe anche ai residenti del Regno Unito che pernottano a Londra. La risposta, per come si presenta il dibattito, è sì: la tassa turistica Londra si applicherebbe a tutti i non residenti nella Greater London, inclusi i visitatori domestici che soggiornano in hotel, B&B o strutture ricettive regolamentate. Le ipotesi attuali non prevedono eccezioni per viaggi di lavoro, conferenze o visite familiari. Per alcuni operatori del settore, questo è uno dei punti critici della misura, in quanto potrebbe aumentare il costo dei viaggi professionali nel Paese.

Un quesito molto discusso riguarda l’impatto sul turismo: Londra rischia davvero di perdere visitatori? Secondo l’analisi presentata dalla BBC, la risposta è no. Le città globali che hanno introdotto una tassa simile non hanno subito cali significativi nei flussi turistici. Al contrario, alcune metropoli hanno registrato addirittura un aumento dei visitatori, soprattutto quando le entrate derivanti dalla tassa sono state investite in iniziative di valorizzazione urbana. Dato il prestigio internazionale della capitale britannica, è poco probabile che una tariffa moderata favorisca un cambio di destinazione tra i viaggiatori.

Molti si chiedono anche come verranno utilizzati i fondi generati dalla tassa. Lo scopo dichiarato dei borough che sostengono la misura è di reinvestire in servizi locali, trasporti, manutenzione urbana, sicurezza e progetti che migliorino sia l’esperienza dei residenti sia quella dei turisti. Westminster, Southwark e Brent hanno già sottolineato che le entrate sarebbero destinate principalmente alle aree più colpite dalla pressione turistica. Tuttavia, la definizione dei progetti specifici dipenderà dai singoli borough e da come sarà strutturata la governance della tassa.

Una domanda tecnica riguarda gli ABID, gli Accommodation Business Improvement District. Alcuni borough stanno valutando o hanno già introdotto ABID temporanei per finanziare progetti locali in attesa di norme nazionali. Se la tassa turistica Londra venisse approvata, gli ABID verrebbero probabilmente eliminati o integrati all’interno del nuovo sistema obbligatorio. La differenza principale è che l’ABID è volontario e limitato a una serie di operatori locali, mentre la tassa turistica sarebbe obbligatoria, uniforme e legalmente riconosciuta su base nazionale.

Infine, una domanda rilevante riguarda i tempi di attuazione. L’introduzione formale della tassa dipende dall’approvazione dello English Devolution and Community Empowerment Bill, attualmente in discussione. Una volta approvata la legge, spetterà al sindaco e all’assemblea della Greater London definire tempi, modalità e importi. È possibile, ma non garantito, che la tassa venga introdotta già entro i prossimi due anni, con una fase iniziale di sperimentazione nei borough maggiormente interessati dai flussi turistici.

Il dibattito sulla tassa turistica Londra rimane aperto e vivace, ma una cosa appare certa: la città sta cercando nuovi strumenti per diventare più sostenibile, equa e capace di gestire un turismo sempre più numeroso e complesso. Come si posizionerà Londra all’interno di questo scenario globale dipenderà dalle scelte politiche e dalle capacità amministrative dei prossimi mesi, ma anche dalla collaborazione tra istituzioni, operatori e cittadini.


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