Il “Golden power” del governo sulle banche italiane non va bene, la Commissione apre una procedura di infrazione
Bruxelles – Il “Golden power”, la norma che conferisce poteri speciali allo Stato italiano per salvaguardare i suoi interessi in caso di fusioni o acquisizioni societarie in settori strategici, come la difesa o l’energia, non va bene per quanto riguarda le banche.
La Commissione europea in una nota comunica di aver deciso oggi (21 novembre) di avviare una procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia (INFR(2025)2152) per “mancata conformità al regolamento sul meccanismo di vigilanza unico (regolamento del Consiglio (UE) n. 1024/2013), la direttiva sui requisiti patrimoniali (direttiva 2013/36/UE) e gli articoli 49 e 63 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea”.
L’esecutivo europeo è preoccupato da questa legislazione (decreto legge 21/2012, modificato e prorogato nel 2021 e nel 2022), che conferisce al governo italiano ampie prerogative per riesaminare, bloccare o imporre condizioni alle operazioni societarie nel settore bancario, come si è dimostrato nel recente caso Unicredit/Banco BPM. “Sebbene intesa a salvaguardare la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico, tale legislazione, così come applicata dalle autorità italiane – denuncia la Commissione -, rischia di consentire interventi ingiustificati per motivi economici che compromettono i principi della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali nel mercato unico“.
Per la Commissione inoltre, la legislazione italiana “si sovrappone alle competenze esclusive della Banca centrale europea nell’ambito del meccanismo di vigilanza unico”. Dunque è stata inviata una lettera di costituzione in mora all’Italia, che ha ora due mesi di tempo per rispondere e porre rimedio alle carenze segnalate dalla Commissione. In assenza di una risposta soddisfacente, la Commissione potrà decidere di emettere un parere motivato, il secondo passaggio della procedura di infrazione.
Il governo italiano aveva usato questo potere la scorsa estate per impedire a Unicredit di acquisire il controllo di Banco BPM. Una mossa ampiamente criticata perché avrebbe falsato le dinamiche del mercato per favorire interessi politici.
Una portavoce della Commissione, Arianna Podestà, ha però negato qualsiasi collegamento: “Questa decisione – ha affermato ripetutamente – non ha alcun collegamento con casi specifici”. Resta il fatto che la legislazione risale al 2012, con modifiche nel tempo, l’ultima nel 2022, e la Commissione si è resa conto della sua supposta illegittimità solo dopo che è stata utilizzata, e si è dunque mossa solo nel 2025, proprio appena dopo il blocco dell’operazione Unicredit/BPM. Operazione che il governo ha bloccato, ma che andava chiaramente nel senso auspicato nell’UE di creare “campioni europei” in grado di competere con le grandi banche mondiali.
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