Sensori a microneedle per capire se il pesce è fresco in 2 minuti
Stabilire la freschezza del pesce, per quanto possa sembrare semplice, è da sempre un esercizio fatto più di esperienza che di dati oggettivi. Occhi lucidi, branchie vivaci e un odore delicato sono i segnali più noti, ma arrivano quando il processo di deterioramento è già iniziato. La ricerca scientifica, invece, mostra che i primi cambiamenti avvengono molto prima che siano percepibili, a livello molecolare. Ed è proprio lì che interviene un nuovo sensore portatile sviluppato da un gruppo di ricercatori che ha deciso di semplificare un’analisi solitamente relegata ai laboratori.
Il dispositivo, presentato sulle pagine della rivista ACS Sensors, funziona grazie a un piccolo array di microneedle disposte su una superficie di quattro per quattro. Sono aghi minuscoli, utilizzati di solito in cosmetica o in dispositivi medici a basso impatto. In questa versione, però, assumono un ruolo diverso: arrivano appena sotto la superficie del pesce, dove iniziano le prime reazioni biochimiche che indicano il decadimento della carne.
Al centro del test c’è l’ipoxantina, una molecola che si forma naturalmente subito dopo la morte dell’animale, quando alcuni composti essenziali iniziano a scomporsi. Poiché i suoi valori aumentano rapidamente, la sua misurazione è considerata un indicatore affidabile della freschezza sia nei pesci interi sia nei filetti confezionati. Il problema è che le tecniche tradizionali per rilevarla richiedono strumenti da laboratorio e personale qualificato, elementi difficili da ritrovare in un mercato del pesce, in un ristorante o in una cucina domestica.
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