Simone Weil in attesa di Dio

Dio come attesa. Un libro di rara intensità “Attesa di Dio”: 350 pagine di introspezione e dialogo con l’umanità. Spiega Alessandra Cislaghi: “Simone Weil è stata una filosofa, innamorata del pensiero greco. Una combattente per la giustizia e il rispetto della dignità umana, appassionata all’idea di Dio, cui corrispondere senza limiti confessionali. Nacque in seno a una colta famiglia ebrea non praticante. Fu una tra le prime donne ad avere accesso ai corsi del celebre filosofo Alain. Terminati gli studi all’École Normale, insegna filosofia nelle scuole di alcune città di provincia, interessandosi al contempo all’istruzione e ai problemi di operai, contadini e disoccupati. Si unisce agli scioperanti, milita come sindacalista e inventa gesti provocatori, come la divisione del suo salario con i disoccupati”. E aggiunge: “In occasione di alcuni viaggi, si rende conto in anticipo del dramma dell’ascesa del nazismo e della diffusa condizione di miseria delle popolazioni. Si impegna allora nella denuncia, pubblicando articoli di critica socio-politica che condannano i totalitarismi di destra e di sinistra mentre difendono il pacifismo tra gli Stati nazionali”. Negli anni successivi, dopo una visita ad Assisi e un soggiorno nell’abbazia benedettina di Solesmes, Simone si avvicinò al cristianesimo. Elaborò un’intensa riflessione spirituale, la sua “conoscenza soprannaturale”, compiuta attraverso la disciplina dell’attenzione e del distacco. Solo dopo la morte verranno alla luce l’alta ricerca intellettuale e l’intensa vita spirituale di questa donna, attraverso la pubblicazione per lo più postuma della sua opera.
Attesa di Dio
La raccolta di scritti religiosi (Adelphi) include sei lettere indirizzate al padre domenicano Joseph-Marie Perrin, suo amico e confidente. Si tratta di testi scritti tra l’autunno 1941 e la primavera 1942. Esplorano la concezione della vita di Simone Weil. “Nella nostra anima c’è qualcosa a cui ripugna la vera attenzione molto più violentemente di quanto alla carne ripugni la fatica. Questo qualcosa è molto più vicino al male di quanto lo sia la carne- scrive Simone Weil-. Ecco perché ogni volta che si presta veramente attenzione si distrugge un po’ di male in se stessi. Un quarto d’ora di attenzione così orientata ha lo stesso valore di molte opere buone”. E prosegue: “L’attenzione consiste nel sospendere il proprio pensiero, nel lasciarlo disponibile, vuoto e permeabile all’oggetto, nel mantenere in se stessi, in prossimità del pensiero ma a un livello inferiore, e senza che vi sia contatto, le diverse conoscenze acquisite che si è costretti a utilizzare. Nei confronti di tutti i pensieri particolari già formati, il pensiero deve essere come un uomo in cima a una montagna che, guardando davanti a sé, al tempo stesso percepisce, pur senza guardarle, molte foreste e pianure sottostanti. E soprattutto il pensiero deve essere vuoto, in attesa, non deve cercare alcunché, ma essere pronto ad accogliere nella sua nuda verità l’oggetto che sta per penetrarvi”.
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