Stragi di mafia del ’92, De Luca smonta la ‘pista nera’: “Mafia-Appalti concausa della morte di Falcone e Borsellino”

Dicembre 12, 2025 - 15:12
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Stragi di mafia del ’92, De Luca smonta la ‘pista nera’: “Mafia-Appalti concausa della morte di Falcone e Borsellino”

Salvatore De Luca, procuratore di Caltanissetta, a proposito della pista nera” dietro la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ha la stessa considerazione che Ugo Fantozzi aveva del film “La Corazzata Potemkin”. De Luca, a differenza però di Fantozzi, è stato più educato, limitandosi ad affermare che tale teorema è “zero spaccato”. Il magistrato, sentito in audizione questa settimana in Commissione antimafia presieduta dalla meloniana Chiara Colosimo, ha dunque messo una pietra tombale su una narrazione ormai pluridecennale che vede nel fascista Stefano Delle Chiaje un protagonista degli attentati ai due magistrati.

Dietro la morte di Falcone e Borsellino, ha detto De Luca, ci sono una serie di concause, la principale è certamente il dossier “Mafia e appalti” su cui lavoravano in quegli anni i carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (Ros) comandati dall’allora colonnello Mario Mori. Per “pista nera” si intende il teorema secondo il quale la mafia in quel periodo avrebbe stretto accordi con l’eversione di destra e con appartenenti ai Servizi segreti deviati, tutti interessati a destabilizzare il Paese, frenando l’avanzata del Pci, per poi dare il via ad una svolta reazionaria con la sospensione delle garanzie costituzionali. Al centro di questo piano a dir poco fantasioso ci sarebbe stato, come detto, Delle Chiaje, fra i fondatori di Avanguardia nazionale, il movimento neo fascista poi sciolto nel 1976. Nei mesi scorsi la trasmissione di Rai3 diretta da Sigfrido Ranucci aveva rispolverato questo teorema suggestivo, arrivando a dare credibilità alle dichiarazioni di una donna, Maria Romeo, ex compagna di Alberto Lo Cicero, l’autista di Totò Riina.

Secondo la testimonianza della donna, Lo Cicero avrebbe raccontato a Borsellino che Delle Chiaje aveva fatto un sopralluogo a Capaci, dove poi venne messo il tritolo per uccidere Giovanni Falcone. Affermazioni smentite dagli stessi magistrati in quanto, come era poi emerso, Lo Cicero non era stato mai un affiliato a Cosa Nostra ma si era spacciato per tale pur di ottenere lo status di collaboratore di giustizia con i relativi benefici. Per Report, invece, Lo Cicero sarebbe stato a conoscenza dell’intera fase esecutiva della strage tanto da aver individuato la presenza attiva di Delle Chiaje a Palermo nei giorni precedenti la strage con la super visione di Riina. In un’altra puntata di Report era anche comparso il verbale del pentito Gioacchino La Barbera, uno dei partecipanti alla fase operativa della strage di Capaci. Si trattava del “colloquio investigativo” con l’allora magistrato della Procura nazionale Gianfranco Donadio. La Barbera gli avrebbe riferito che degli “estranei” a Cosa nostra avevano supervisionato la preparazione dell’attentato.

Donadio, va ricordato, era stato denunciato dalle Procure di Catania e Caltanissetta per le modalità di conduzione delle indagini: dopo che i pentiti parlavano con lui, all’improvviso iniziavano a “ricordare” nuovi dettagli. De Luca ha invece puntato il dito su Pietro Giammanco, ex procuratore di Palermo andato in pensione alla fine del 1992, dopo la morte quindi di Falcone e Borsellino, ritenuto responsabile del loro “isolamento” all’interno del palazzo di giustizia. L’aspetto più inquietante di questa vicenda è certamente il fatto che nessuno abbia mai sentito l’esigenza di interrogare Giammanco, morto nel 2018 ad 87 anni, per farsi così raccontare cosa accadeva nel suo ufficio in quegli anni.
Ma l’audizione di De Luca, che proseguirà il mese prossimo, ha riservato altre sorprese.

Ad esempio su Roberto Scarpinato, ex pg di Palermo ed ora senatore del M5S, fra i sostenitori della “pista nera”. Scarpinato, dice De Luca, ha reso dichiarazioni “non convincenti” sulla richiesta di archiviazione di Antonino e Salvatore Buscemi, i fratelli vicini a Totò Riina.Allora non c’era nulla”, si sarebbe giustificato Scarpinato, affermando che di tale archiviazione se ne era occupato Guido Lo Forte. Il quale però avrebbe risposto sul punto con un “non ricordo”. “Non ho elementi per smentire Scarpinato ma perché se ha firmato l’archiviazione, dato che non c’era nulla, per la misura di prevenzione, invece, a carico di Antonino Buscemi, chiese ai carabinieri di mandargli tutto quello che avevano?”, ha proseguito De Luca. Il procuratore di Caltanissetta ha infine avuto parole anche per Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Roma ed ex presidente del tribunale pontificio voluto da Francesco. Pignatone, quando era pm a Palermo, aveva comprato una casa nel capoluogo siciliano proprio da Salvatore Buscemi e gli aveva dato 20 milioni di lire in nero. Non proprio il massimo per chi è chiamato a far rispettare le leggi.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia