Sudan. Idris giura come premier: al-Burhan tenta di recuperare il controllo politico sul paese

Giugno 2, 2025 - 22:30
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Sudan. Idris giura come premier: al-Burhan tenta di recuperare il controllo politico sul paese

di Giuseppe Gagliano

Nel cuore di una guerra civile che sembra divorare senza sosta ciò che resta dello Stato sudanese, è arrivato l’annuncio che potrebbe segnare un punto di svolta, oppure, più realisticamente, un’ennesima illusione: Kamil Idris, ex alto funzionario delle Nazioni Unite, è stato nominato una decina di giorni fa primo ministro del Sudan. La cerimonia di giuramento si è invece tenuta il 31 maggio a Port Sudan, alla presenza del generale Abdel Fattah al-Burhan, l’uomo forte del Consiglio sovrano di transizione.
Idris prende il posto di Dafallah Al-Haj Yousif, già ambasciatore a Riad e reggente silenzioso del governo provvisorio. Ma la sostanza di questa nomina va ben oltre il rituale istituzionale. In un Paese dilaniato da una guerra intestina tra l’esercito regolare e le milizie delle Rapid Support Forces (RSF), con oltre 20mila morti e quasi 15 milioni di sfollati dal 15 aprile 2023, la scelta di Idris rappresenta un tentativo disperato di dare una parvenza di direzione politica a un disastro umanitario e istituzionale senza precedenti.
Subito dopo il suo insediamento, Idris ha dissolto formalmente il governo ad interim e incaricato i segretari generali dei ministeri di gestire gli affari correnti. Un gesto che testimonia la gravità della crisi ma anche l’intenzione di voler ripartire da zero, se mai ciò fosse davvero possibile.
Nel suo primo discorso alla nazione l’ex direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale ha assunto toni fortemente patriottici e militarizzati. «Difendere la sovranità del Sudan» è stato il suo primo impegno, seguito da una promessa di “sconfiggere i gruppi ribelli armati”. Senza menzionare esplicitamente i Paesi stranieri, Idris ha lanciato un appello diretto a quanti secondo lui starebbero alimentando la ribellione dall’esterno, chiedendo l’immediata cessazione di finanziamenti e interferenze.
Ma Idris non ha solo impugnato la spada retorica. Ha promesso anche di governare con neutralità, offrendo “uguale trattamento a tutte le forze politiche del Paese”. Ha parlato di dialogo nazionale e inclusività, condannando ogni tentativo di esclusione settaria o concentrazione di potere. Parole che riecheggiano quelle già udite dopo la caduta di Omar al-Bashir nel 2019 e che, tuttavia, non hanno mai trovato un reale riscontro nella costruzione di un governo stabile e riconciliato.
La nomina di Idris dunque appare come un tentativo da parte di al-Burhan di recuperare il controllo politico su un Paese oramai sfuggito di mano. Con Port Sudan divenuta nuova capitale de facto e con gran parte del territorio conteso tra esercito e paramilitari, il Sudan è oggi uno Stato frantumato. L’ONU parla apertamente di rischio genocidio e la popolazione, già martoriata dalla fame, dalle epidemie e dalla violenza sistematica, non ha più fiducia né nello Stato né in promesse ripetute a vuoto.
Kamil Idris figura rispettata a livello internazionale ma del tutto inesperta in contesti militari o tribali come quello sudanese, si trova ora davanti a un bivio tragico: riuscire a ristabilire un minimo di autorità civile e a far ripartire un processo di pace, oppure finire, come tanti altri, nel dimenticatoio della transizione perenne. Riuscirà l’illustre burocrate dell’ONU a trasformarsi in leader politico nel mezzo di un conflitto aperto, sanguinoso e sempre più geopolitico?
L’impressione è che il suo successo dipenderà meno dalle sue intenzioni e più dal grado di autonomia che gli concederanno i generali e le potenze straniere coinvolte nella guerra per procura che si sta combattendo nel cuore del Corno d’Africa.

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Redazione Redazione Eventi e News