Tonno rosso: si riaccende l’interesse sul business degli allevamenti, ma in Italia mancano ancora regole e controlli adeguati

Settembre 3, 2025 - 15:00
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Tonno rosso: si riaccende l’interesse sul business degli allevamenti, ma in Italia mancano ancora regole e controlli adeguati
tonni

Un report di Greenpeace Italia racconta la scarsa trasparenza e l’assenza di norme sul benessere animale per gli impianti di ingrasso del tonno rosso. La denuncia ha bloccato la costruzione di un nuovo allevamento a Battipaglia

La recente ripresa della popolazione di tonno rosso – favorita dai limiti alla pesca stabiliti dall’Iccat (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas) – alimenta anche in Italia l’interesse degli imprenditori per il business degli allevamenti intensivi.

Queste strutture sono già diffuse in acque maltesi e spagnole, ma il nostro Paese non sembra pronto a inserirsi nel settore. L’ha raccontato Greenpeace Italia nel report Caccia all’oro rosso, in cui viene fotografa una situazione di forte opacità normativa.

In Italia mancano – come riportato negli ultimi mesi anche su GreenPlanner, in riferimento all’intero universo dell’acquacoltura – tutele ambientali e standard per il benessere animale.

Allevamenti di tonni: il quadro normativo

Gli impianti di ingrasso del tonno rosso sono infatti strutture fortemente impattanti. Qui, gli esemplari di tonno pescati in mare vengono fatti ingrassare fino al momento dell’abbattimento, concentrando elevate quantità di biomassa in uno spazio ristretto.

Residui di cibo e feci si accumulano nei fondali sotto gli impianti, modificando gli equilibri naturali e danneggiando la biodiversitàUna regolamentazione chiara in materia di acquacoltura è quindi essenziale per salvaguardare gli ecosistemi marini.

Non a caso, l’articolo 111 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 stabilisce la necessità di un decreto ministeriale sul tema. Lo scopo dovrebbe essere quello di definire i criteri per contenere l’impatto ambientale di tutte le attività di acquacoltura e piscicoltura – compresi gli allevamenti di tonno rosso – e limitare il più possibile le sofferenze degli esemplari tenuti in gabbia.

Al contempo, è necessario proteggere le specie allevate più fragili per non portarle vicine all’estinzione, come era successo pochi anni fa proprio al tonno rosso. A oggi, però, questo decreto non è mai stato né redatto né adottato.

Dati mancanti

Ha bisogno di un miglioramento anche il database online dell’Iccat dedicato agli impianti di ingrasso del tonno rosso. Questo portale dovrebbe contenere elenchi aggiornati degli impianti attivi in ogni Paese, con annotate la capacità, le coordinate e i dettagli sul gestore.

Tuttavia, dei tredici impianti autorizzati citati per l’Italia si sa molto poco: solo in tre casi si forniscono le coordinate e solo per sei strutture è segnalata la capacità produttiva.

Non solo. I quattro impianti più capienti – in grado di produrre da soli circa 7.525 tonnellate di tonno rosso, pari all’80% della produzione totale attribuita agli impianti italiani dall’Iccat – risultano di proprietà del Ministero dell’Agricoltura.

Il Ministero ha dichiarato a Greenpeace che questi impianti non sono operativi. Esistono, pare, solo sulla carta, per poter poi in futuro ridistribuire la loro capacità di ingrasso virtuale ad altre strutture.

Sembrerebbe che l’Italia stia utilizzando il database dell’Iccat non come uno strumento per monitorare la capacità produttiva italiana – ha spiegato Alessandro Giannì di Greenpeace – ma come un sistema di prenotazione per avallare future capacità di ingrasso, in modo da poterle poi attribuire a eventuali impianti di nuova costruzione.

Un meccanismo del genere è ovviamente contrario alle finalità dell’Iccat e fa sospettare che il Ministero stia dando seguito a richieste da parte del mondo produttivo“.

Il caso di Battipaglia

In effetti, gli investimenti legati a nuovi impianti appaiono in ripresa. L’idea di una rotta italiana del tonno rosso – che comprenda anche le strutture per l’ingrasso – è promossa tra gli altri da FedAgriPesca, che in più occasioni ha parlato di un promettente business da 100 milioni.

Un esempio significativo di questo fermento riguarda il Comune di Battipaglia, in provincia di Salerno, dove a fine 2024 era stata concessa una concessione demaniale per un impianto intensivo di tonno rosso alla società Tuna Sud, un’azienda apparentemente inattiva, senza dipendenti né fatturato.

Greenpeace ha puntato i riflettori sulla vicenda, segnalando come la società avesse ottenuto la concessione senza passare da una Valutazione d’Impatto Ambientale (Via). La superficie occupata dalle gabbie era infatti appena sotto la soglia dei 50.000 mq, oltre la quale diventa obbligatorio avviare la valutazione.

L’impianto in questione sarebbe sorto a 7 km dalla costa, in un’area già soggetta a contaminazioni legate alla gestione degli scarichi del vicino fiume Tusciano. Tra la documentazione fornita a Greenpeace dal Comune di Battipaglia sembrano mancare sia indicazioni precise sulla capacità dell’impianto sia un vero e proprio piano di gestione.

La pubblicazione del report ha generato un vivace dibattito cittadino sull’argomento, che ha spinto l’amministrazione ad avviare una serie di controlli sull’autorizzazione concessa.

Secondo le verifiche effettuate, l’area individuata per la costruzione dell’impianto si trova al di fuori delle acque di competenza del Comune di Battipaglia, in contrasto con quanto inizialmente dichiarato da Tuna Sud. È stato quindi avviato il procedimento per la revoca della concessione.

L'articolo Tonno rosso: si riaccende l’interesse sul business degli allevamenti, ma in Italia mancano ancora regole e controlli adeguati è stato pubblicato su GreenPlanner Magazine.

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