Tour UK‑EU: la musica britannica sotto pressione dopo Brexit

Lug 28, 2025 - 23:00
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Tour UK‑EU: la musica britannica sotto pressione dopo Brexit

Nel contesto post‑Brexit il settore musicale britannico affronta una crisi che va ben oltre il tasso di cambio o la politica: è una realtà fatta di diminuzione delle performance, restrizioni burocratiche e perdita di opportunità artistiche e professionali. Da artisti emergenti a band affermate, dal touring alle vendite di merchandise, questo articolo esplora con dati, testimonianze e analisi il presente e il futuro del live music business britannico in Europa e nel Regno Unito.

Il crollo delle presenze UK nei festival europei

Un’analisi recente mostra che il numero di artisti britannici ai principali festival europei è diminuito in media del 26 %rispetto al periodo 2017‑2019, con festival come Benicàssim che hanno registrato una riduzione del 58 % (Best for Britain report). Elton John ha descritto la situazione come un “incubo logistico” e una catena ai piedi per i musicisti britannici, e autorevoli organizzazioni come UK Music e Independent Society of Musicianssottolineano come il settore stia perdendo slancio e visibilità internazionale (UK Music petition).

Effetti sui musicisti emergenti e living costs

Il 47 % dei musicisti UK lamenta una significativa riduzione del lavoro in Europa dopo la Brexit (The Independent Society of Musicians survey). Molti sono costretti a rinunciare a ingaggi anche su inviti, perché i costi amministrativi superano i guadagni. Secondo una stima, chi guadagnava meno di 25 000 sterline all’anno ha visto ridurre del 60 % i propri incassi dal touring europeo (Guardian report). I carnet ATA, i permessi di lavoro, le differenze tra stati membri e le tasse complicano il lavoro quotidiano di crew e musicisti (UK Music’s economic report). Alcuni rinunciano persino ai pasti pur di far quadrare ricavi e costi (The Guardian testimonianze).

La perdita del contributo culturale europeo nei festival UK

Contemporaneamente, il numero di musicisti europei invitati nei festival britannici è calato del 40 % rispetto al periodo pre‑Brexit (Best for Britain EU acts drop). Festival iconici come Glastonbury ne risentono in termini di varietà artistica e international appeal. L’assenza di artisti EU riduce il richiamo turistico, gli scambi culturali e impoverisce il tessuto creativo del Regno Unito ([Best for Britain findings](https://www.bestforbritain.org/domain publications)). Le entrate dell’industria musicale UK, già 7,6 miliardi di sterline annuali, ne risentono (The Independent).

Le difficoltà tecniche: visti, cabotage, merchandising e crew

La gestione pratica touristica in Europa è diventata complessa: carnet ATA, visti, permessi di cabotage, certificati CITES per legni di strumenti, regolazioni IVA per il merchandise rendono i tour meno redditizi (Guardian report touring hurdles).
UK Music e l’Independent Society of Musicians denunciano che il TCA consente massimo 90 giorni lavorativi in 180 giorni, limitando tournée prolungate o multi-band (UK Music statement).
Gli amministratori, spesso freelance, devono compilare manualmente ogni equipaggiamento, moltiplicando tempo e costi logistici (Guardian feature musicians finances).
Le spese generate superano le entrate stimate: un tour programmato con spese di 25 000 sterline genera in media solo 14 600 di ricavi (Guardian sam’s band breakdown).

Le richieste per il governo e il panorama politico

Il Labour Party ha inserito nel suo programma di governo la proposta di un’esenzione sui visti per artisti touring e di negoziare un accordo culturale UE‑UK per tour musicali, che includa facilitazioni sui documenti doganali (Guardian UK Music).
Nonostante promesse e dichiarazioni ufficiali, gli progressi restano lenti e i musicisti chiedono urgenza e soluzioni concrete (Guardian protest campaigning).
Organismi come Live Music Industry Venues & Entertainment e la campagna Cut the Red Tape continuano a fare pressione sul governo per mantenere viva l’esportazione culturale attraverso la musica (Financial Times coverage).

Impatti più ampi: soft power, diversità e futuro del live music UK

Il settore musicale britannico non è solo un’industria: è un vettore culturale di soft power globale, grazie a orchestre, band, festival di fama mondiale. Ridurre l’interscambio con l’Europa compromette l’immagine internazionale del Regno Unito e penalizza le nuove generazioni di musicisti ([The Independent and Best for Britain data]).
Il patrimonio musicale UK rischia anche un calo nella qualità e varietà delle performance: i festival diventano sempre più monocromatici, il tessuto locale perde l’apporto creativo EU e i piccoli promoter faticano a importare talenti ([Best for Britain renown commission]).
La precarietà economica spinge molti a intraprendere lavoro secondario o abbandonare, e arte e creatività si trovano sempre più ostacolate dai costi (Guardian feature).


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Redazione Redazione Eventi e News