Tumore del pancreas, una sfida crescente: «Niente screening, diagnosi tardive, ma la ricerca sta aprendo nuove strade»
L’incidenza del tumore del pancreas è in lento, ma costante aumento. «È legato a fattori come diabete, obesità e abitudini alimentari scorrette» spiega a Voce della Sanità Giampaolo Tortora, professore ordinario all’Università Cattolica, direttore dell’Oncologia medica e del Cancer Center del Policlinico Gemelli. In assenza di uno screening specifico, come avviene ad esempio con la mammografia o il test HPV, la diagnosi arriva quasi sempre in fase avanzata
di Elisabetta Turra
Il tumore del pancreas rappresenta oggi una delle sfide più critiche in oncologia. «In Italia, con 13.585 casi attesi nel 2024, si colloca ancora intorno all’undicesimo-dodicesimo posto per incidenza, ma secondo le stime tra il 2030 e il 2040 diventerà la seconda causa di morte per tumore, superato solo dal carcinoma polmonare. Un dato che preoccupa profondamente, se si considera che il tumore del polmone è tra quelli con la più alta incidenza al mondo. Questo significa che, a parità di numero di casi, il carcinoma pancreatico risulta molto più letale rispetto ad altri tumori».
A sottolinearlo è Giampaolo Tortora, professore ordinario all’Università Cattolica, direttore dell’Oncologia medica e del Cancer Center del Policlinico Gemelli. «Questo scenario evidenzia con forza che i trattamenti oggi disponibili non sono ancora efficaci, che la diagnosi arriva troppo tardi e che non disponiamo di un programma di screening adeguato. Sono questi i tre fattori che spiegano perché il tumore del pancreas è al centro dell’attenzione della comunità scientifica internazionale», aggiunge lo specialista
Un tumore “silenzioso” e difficile da intercettare
Il pancreas è un organo profondo, non palpabile, e spesso i sintomi iniziali del carcinoma sono vaghi o facilmente confondibili con disturbi digestivi comuni. «Molti pazienti convivono con il tumore anche per un anno senza saperlo – spiega Tortora –. Solo se compaiono segni più evidenti, come l’ittero o dolori persistenti alla schiena, viene diagnosticato con maggiore tempestività». E anche gli strumenti diagnostici più comuni, come l’ecografia, non sempre sono sufficientemente sensibili. In assenza di uno screening specifico, come avviene ad esempio con la mammografia o il test HPV, rispettivamente per il cancro della mammella e della cervice uterina, la diagnosi arriva quasi sempre in fase avanzata. «Il marcatore CA 19-9 è presente elevato solo nell’80% dei casi. Di conseguenza – precisa Tortora – non può essere utilizzato come strumento di screening nella popolazione generale».
A rendere ancora più complesso il quadro è la biologia particolarissima di questo tumore, che può generare metastasi anche quando la massa primaria misura appena uno o due centimetri. «Da un punto di vista terapeutico abbiamo farmaci che lo contrastano solo parzialmente – sottolinea – e anche l’immunoterapia, che ha dato grandi risultati in altri tumori, qui ha un’efficacia molto modesta».
Perché si parla tanto (finalmente) del tumore al pancreas
Negli ultimi anni l’interesse scientifico verso il carcinoma pancreatico è aumentato. «Se ne parla di più perché la sua incidenza è in lento, ma costante aumento. È legato a fattori come diabete, obesità e abitudini alimentari scorrette», osserva Tortora. E c’è anche un aspetto “indiretto”: «Poiché le cure per altri tumori stanno migliorando molto, la ricerca sta spostando il proprio interesse su quelli per cui finora abbiamo fatto meno progressi, come il pancreas».
Secondo i dati AIOM 2024, l’adenocarcinoma pancreatico esocrino rappresenta il 3% di tutti i tumori e circa il 7% di quelli che colpiscono gli uomini. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni resta tra i più bassi in oncologia: intorno all’11%.
Cosa possiamo fare, oggi, per il tumore del pancreas
Mentre la medicina lavora per sviluppare nuove terapie, c’è molto che si può fare in termini di prevenzione primaria. «Il 20-25% dei tumori del pancreas è legato al fumo, una percentuale importante è associata all’abuso di alcol e a un’alimentazione ricca di zuccheri raffinati e grassi. Anche l’obesità è un fattore di rischio ben documentato», chiarisce Tortora. Non più del 10% dei casi è di origine genetica familiare ereditaria. La parola d’ordine è dunque stili di vita corretti. «Abbiamo la fortuna di vivere in un Paese in cui la dieta mediterranea è patrimonio culturale, eppure sempre meno persone la seguono davvero», commenta. Prestare attenzione a sintomi lievi ma persistenti è altrettanto importante: una glicemia instabile, un calo di peso importante non giustificato da una dieta, disturbi digestivi che non passano, meritano approfondimenti. «In questi casi – consiglia l’oncologo – è utile rivolgersi al medico di famiglia o a uno specialista che prescriverà esami di approfondimento come, per esempio, una TAC».
La ricerca guarda al microambiente tumorale
Il futuro della lotta al tumore del pancreas si gioca sul terreno della ricerca molecolare. «C’è un enorme lavoro in corso per capire come mai terapie efficaci altrove qui non funzionano», dice Tortora. «Si sta scoprendo che questo tumore attiva strategie di difesa molto sofisticate, sfruttando il microambiente circostante per proteggersi. I prossimi passi saranno proprio quelli: cercare di ‘normalizzare’ questo microambiente, per poi colpirlo in modo efficace». Anche i suoi gruppi di ricerca sono coinvolti in questo sforzo: «I nostri progetti puntano a identificare i meccanismi che rendono il tumore pancreatico così resistente. Solo così – conclude il professore – potremo finalmente trovare la chiave giusta».
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