100 Club: cuore ribelle della musica live a Londra

Maggio 23, 2025 - 10:00
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100 Club: cuore ribelle della musica live a Londra

Nel panorama dei locali storici di Londra, il 100 Club rappresenta qualcosa di più di una semplice venue. È un simbolo vivo di resistenza culturale, una fucina di rivoluzioni sonore, e uno spazio che ha accompagnato, senza mai snaturarsi, ogni mutamento musicale dagli anni ’40 a oggi. Situato al numero 100 di Oxford Street, nel cuore pulsante della capitale britannica, è un luogo dove la storia della musica non solo è passata, ma si è fatta.

Nato come club jazz in piena Seconda Guerra Mondiale, si è trasformato negli anni in un santuario del punk, del rock alternativo e dell’indie più autentico, mantenendo sempre una coerenza rara: essere un palco per chi vuole suonare davvero. Ancora oggi, il 100 Club continua a offrire musica dal vivo ogni settimana, con una programmazione che attrae cultori, nostalgici, giovani artisti e pubblico internazionale.

Dalle origini jazz alla leggenda swing: la nascita del 100 Club

Il pianista jazz Stan Tracey si esibisce al 100 Club di Londra negli anni ’80, con sfondo scuro e logo “100” parzialmente visibile.

Stan Tracey, uno dei pionieri del jazz britannico, durante un’esibizione live al 100 Club negli anni Ottanta.

Il 100 Club nasce nel 1942 con un altro nome: si chiamava Feldman Swing Club, fondato da Robert Feldman, impresario appassionato di jazz e swing. Durante gli anni più bui della guerra, il club rappresentava una bolla di energia, libertà e creatività musicale, dove i giovani londinesi si rifugiavano per ballare e dimenticare per qualche ora la paura dei raid aerei.

La programmazione iniziale era quasi interamente dedicata al jazz tradizionale americano, con una forte influenza della scena swing di New Orleans e Chicago. Il locale iniziò presto a ospitare musicisti afroamericani, in un periodo in cui la segregazione razziale era ancora una realtà diffusa, anche nella scena culturale britannica. Questo ne fece un luogo pionieristico, aperto e progressista, ben prima che Londra diventasse una capitale multietnica della musica.

Durante gli anni ’50 e ’60, il club fu il palcoscenico di alcuni dei più grandi nomi della storia del jazz e del blues: Louis Armstrong, Count Basie, Muddy Waters, B.B. King. Non si trattava solo di passaggi promozionali, ma spesso di concerti intimi, inseriti in tournée europee memorabili, che consolidarono la fama del 100 Club come un punto di riferimento internazionale.

Nel 1964, il locale cambia nome e diventa ufficialmente “100 Club”, adottando il numero civico del proprio indirizzo. La decisione è simbolica: il club non vuole più essere identificato solo con un genere, ma vuole rappresentare una casa per tutta la musica dal vivo di qualità.

Il 1976 e la svolta punk: il festival che cambiò tutto

Se c’è una data che definisce l’identità culturale del 100 Club, è il settembre 1976. In quell’anno, il club ospitò il “100 Club Punk Special”, un evento di due serate destinato a riscrivere le regole della musica britannica. Organizzato da Malcolm McLaren, manager dei Sex Pistols, il festival riunì in un unico spazio le band più radicali, rumorose e provocatorie della scena nascente punk.

Sul palco si alternarono nomi che, all’epoca, erano sconosciuti al grande pubblico ma che sarebbero presto diventati leggende:
The Sex Pistols, The Clash, Siouxsie and the Banshees, The Damned, Buzzcocks, Subway Sect.

Scena del palco vuoto del 100 Club di Londra, con luci soffuse rosse, strumenti musicali e logo 100 bianco e rosso sul fondo.

La celebre parete rossa con il numero “100” fa da sfondo al palco prima dell’esibizione dei Dodge Brothers, simbolo visivo di uno dei luoghi più storici della musica live londinese.

L’atmosfera fu grezza, violenta, anarchica. Il pubblico, in gran parte composto da studenti, artisti e outsider, reagì con entusiasmo. In quelle due notti si crearono le fondamenta della scena punk britannica, con uno spirito anti-establishment che influenzò moda, politica e cultura per decenni.

Il 100 Club divenne immediatamente il tempio non ufficiale del punk inglese, e molti lo considerano ancora oggi il suo vero luogo di nascita. Non si trattava solo di una nuova musica, ma di un’attitudine esistenziale che respingeva la plastificazione del rock da classifica e rivendicava il diritto di urlare, sbagliare, creare dal nulla.

Il locale, senza cambiare estetica né regolamento, riuscì a diventare il fulcro di una controcultura esplosiva, che da lì si irradiò nei pub, nei centri sociali e negli squat di tutta la Gran Bretagna. È impossibile capire la storia del punk senza passare dal 100 Club.

Dagli anni ’80 al nuovo millennio: evoluzioni e resistenza

Negli anni ’80 e ’90, con il punk ormai assimilato dalla cultura di massa, il 100 Club non chiuse i battenti né cambiò direzione. Al contrario, scelse di proseguire come rifugio per la musica indipendente, ospitando ogni genere di espressione autentica: dal post-punk al garage rock, dal northern soul al grime emergente.

Nel corso degli anni si sono esibiti artisti come Paul Weller, Oasis, Blur, The Libertines, Primal Scream, The Fall, molti dei quali in fasi iniziali della loro carriera. I fan londinesi sapevano che una notte al 100 Club poteva significare assistere al primo concerto di una futura leggenda, oppure scoprire una band underground già seminale.

A differenza di molte venue trasformate in brand o catene commerciali, il 100 Club è rimasto una struttura indipendente, gestita con spirito comunitario e passione per la musica vera. Ha resistito alle mode, ai tagli alla cultura e alla gentrificazione del West End.

È anche stato teatro di serate a tema, come le jam jazz vintage, i revival mod e ska, e persino alcuni set comici, tra cui esibizioni di Ricky Gervais prima del successo televisivo.

Il 100 Club oggi: indipendenza, identità e nuove sfide

Oggi, il 100 Club continua a vivere e respirare musica dal vivo, con una programmazione attenta sia alle nuove promesse che ai grandi ritorni. Il locale mantiene una capienza ridotta – circa 350 persone – che garantisce un’intimità rara tra pubblico e artisti.

Tra gli ospiti recenti troviamo Fontaines D.C., IDLES, Tom Misch, Arlo Parks, Wet Leg. La direzione artistica del club sceglie con cura ogni data, privilegiando proposte originali, autentiche e spesso politicamente impegnate.

Durante la pandemia da Covid-19, nel 2020, il club ha rischiato seriamente la chiusura. L’interruzione delle attività e l’assenza di sostegno sufficiente dallo Stato avevano reso insostenibili i costi di gestione. Una campagna pubblica di raccolta fondi, l’intervento di artisti storici e la sponsorizzazione del brand Fred Perry, hanno permesso al 100 Club di sopravvivere.

Il locale è stato dichiarato “Asset of Community Value” dal comune di Westminster, il che significa che la comunità locale ha voce in capitolo in caso di minaccia alla sua esistenza. È un riconoscimento raro, che testimonia l’importanza culturale e sociale del club.

Le informazioni aggiornate sul programma e sulla storia sono consultabili sul sito ufficiale del 100 Club e tramite le pagine dedicate della Fred Perry Subculture.

Curiosità, influenze e impatto culturale

Il 100 Club è comparso in numerosi documentari, libri e special televisivi. Il BBC Four gli ha dedicato puntate speciali, e molti critici musicali lo indicano come la venue più influente del Regno Unito, insieme al Marquee Club e al Cavern Club di Liverpool.

La sua estetica è rimasta sostanzialmente invariata: pareti rosse, pavimento in legno, luci basse e palco modesto. Un contrasto radicale con le venue moderne sponsorizzate, dove il branding è spesso più visibile del talento musicale.

È anche un simbolo di resistenza contro la gentrificazione culturale di Londra. In un’epoca in cui molti club storici sono stati chiusi per far posto a hotel, uffici o appartamenti di lusso, il 100 Club continua a difendere l’idea di una cultura accessibile, libera e costruita dal basso.

Nel 2023, il club ha annunciato una partnership con National Trust, diventando uno dei pochi spazi musicali ad avere uno status protetto simile a quello dei monumenti storici. Un riconoscimento che consolida la sua importanza non solo per la musica, ma per la memoria collettiva della città.

Il Link Quartet suona dal vivo al 100 Club nel 2011, con tastiera Hammond, basso, batteria e chitarra su palco illuminato.

Una vibrante esibizione del Link Quartet nel 2011, tra soul, funk e jazz strumentale, a dimostrazione della varietà musicale ospitata dal 100 Club anche nel nuovo millennio.

Fonti ufficiali:


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Immagine di copertina e immagini interne: By Majo76 – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=21515584, By Paul Hudson from United Kingdom – The Dodge Brothers at the 100 Club, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=76953748, By Suqpecoc at en.wikipedia, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15722109

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